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Un Matteotti sconosciuto nel libro di Romanato

L’Osservatore Romano interpreta Giacomo Matteotti leggendo Gianpaolo Romanato: errori oltre a coraggio. Una recensione che ripercorre la biografia del deputato ucciso da un gruppo di fascisti. Per decenni commemorazioni e rievocazioni a rischio agiografia. “Giacomo Matteotti non fu il primo morto ammazzato della sua famiglia”. E ancora: “Non è possibile – scrive Romanato citato dall’Osservatore romano – attribuire solo all’uso della violenza la vittoria dello squadrismo fascista”.

Roma – L’Osservatore romano rilegge la vita di Giacomo Matteotti, il deputato socialista ucciso ad un manipolo di fascisti con un omicidio che dette la stura alla presa del potere di Benito Mussolini. Con un articolo di Roberto Pertici, il quotidiano vaticano recensisce il recente saggio storico “Un italiano diverso. Giacomo Matteotti” (Longanesi), di Gianpaolo Romanato, e sottolinea che “lo studioso che s’impegni nella ricostruzione della vicenda umana e politica di Giacomo Matteotti corre quasi inevitabilmente un rischio: che l’ammirazione e la simpatia che – a quasi novant’anni dal suo assassinio – si continua a provare per la sua ultima battaglia, si riverberino su tutta la sua azione politica precedente. Ne può così risultare un approccio agiografico, da cui non sono rimasti esenti per decenni commemorazioni e rievocazioni, e anche una buona parte della storiografia”. L’Osservatore romano cita, invece, Romanato, che afferma: “La tragica morte che è all’origine del mito (di Matteotti) non deve impedirci di vedere i limiti del suo operato, gli errori che anch’egli commise, le responsabilità che porta in quella che è stata definita la bancarotta socialista, che si trascinò dietro il fallimento dello Stato liberale”. In particolare, il libro citato dal foglio della Santa Sede ricorda come Matteotti “ereditò dai genitori una forza di carattere, che rasentò spesso la durezza, come quando, alla vigilia delle nozze, costrinse la cattolicissima fidanzata Velia al matrimonio puramente civile, minacciando la rottura del loro rapporto. Ma anche quella capacità di sfidare gli avversari con atteggiamenti al limite della baldanza provocatoria, che percorse tutta la sua carriera politica”. Ad ogni modo, scrive l’Osservatore, “Giacomo Matteotti non fu il primo morto ammazzato della sua famiglia” e “nemmeno i Matteotti della generazione successiva (Girolamo e la moglie Isabella, i genitori di Giacomo) furono amati nella loro regione”. Essi “misero le mani su vaste proprietà ecclesiastiche espropriate con le leggi del 1866 e del 1867 e acquistarono i terreni che i piccoli coltivatori cedevano al momento della loro partenza sulle vie dell’emigrazione”. Inoltre, “i Matteotti – si ripeteva – dovevano la loro consistente ricchezza (nel 1919 si parlava di due milioni in beni immobili, equivalenti a cinque miliardi e duecento milioni di vecchie lire) al prestito a usura, esercitato su larga scala e per molti decenni”. Il deputato socialista, poi, “diede una copertura politica (volente o nolente) al ‘clima di violenza e di guerra civile che, a opera dei socialisti e soprattutto delle leghe, imbarbarì la provincia (polesana) durante il biennio rosso’ ”. Più in generale, “non è possibile – scrive Romanato citato dall’Osservatore romano – attribuire solo all’uso della violenza la vittoria dello squadrismo fascista (nel primo semestre del 1921). Essa è la risultante di una serie di errori politici la cui responsabilità va fatta ricadere soprattutto sul socialismo polesano, il partito che aveva il controllo totale della provincia – politico, amministrativo, sociale, parlamentare – e che lo perdette nel giro di un solo inverno, quello del 1920-21”.
 

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