Press "Enter" to skip to content

FRAMMENTI DI STORIA II- di Guido Manzone

SEGUE – Una delle amanti ufficiali del re Vittorio il cui marito se la faceva con la bella Rosina, ma di nascosto, poiché le donne del re non andavano toccate per rispetto gerarchico. Una volta essendo arrivato il re all’improvviso a casa della Rosina, il Prati dovette fuggire dalla finestra. La cosa fu immediatamente riferita alle occhiute spie che sorvegliavano la casa e riportata a Cavour che non amava la Rosina fino al punto di chiamarla pubblicamente in francese “la putain”. Il francese, come del resto il dialetto piemontese, erano le lingue ufficiali della corte e non certo l’italiano. L’odio di Cavour era tale che ebbe il coraggio di usare tale epiteto anche durante un confronto tra lui, il re e la fanciulla in questione. Come era prevedibile ciò scavò un abisso insanabile tra il re ed il suo ministro che finì con l’avere un certo peso sugli stessi destini dell’Italia. Ed in merito gli storici stanno ancora oggi dibattendo. Il motivo per cui Cavour cercò di opporsi in ogni modo al rapporto tra il re e la sua giovane amante non fu certo moralistico. Il Cavour era tutt’altro che bacchettone ed anche lui grande frequentatore di donne. Da bravo piemontese temeva più di ogni altra cosa il ridicolo che tale rapporto avrebbe suscitato nelle corti europee se si fosse saputo che il re per lungo tempo aveva avuto anche l’intenzione di sposare la bella Rosina con cui continuava a generare figli. Formulare accuse contro di lei non fu in verità molto difficile. L’alloggio della bella Rosina, a cui piacevano gli uomini giovani e belli, era piuttosto frequentato da chi non doveva esserci. Un’altra volta il re, che aveva conservato l’inaccettabile scorrettezza di arrivare all’improvviso senza essere annunciato, si accorse che la Bella Rosina era molto nervosa e un tantino agitata nel gestire. Da uomo di mondo e con grande esperienza e mostrando di ben conoscere con chi aveva a che fare, cominciò a guardare negli armadi e sotto i letti. Sotto uno di questi trovò un baldo capitano del suo esercito. In questa imbarazzante occasione bisogna riconoscere che il comportamento del re fu veramente ad altissimo livello, una delle poche volte da potersi definire veramente regale. Mise sull’attenti il capitano, poteva farlo perché il re era anche capo supremo dell’esercito, dopodiché l’uomo ebbe il sopravvento e dimenticando il suo nobile lignaggio diede un tremendo pugno in un occhio alla Rosina. Poi fece rivestire il capitano e lo rimandò al reggimento senza per il momento fare altro. Agì in questo modo in base ad un’avanzata e libertina scuola di pensiero, peraltro molto nordica, secondo la quale l’unica responsabilità del tutto era della Rosina che  aveva accolto nel suo letto il novello amante. Il capitano altro non aveva fatto che approfittare dell’invito e quindi non era responsabile di nulla, anzi sarebbe stato da deprecare se non l’avesse fatto. Contemporaneamente Vittorio Emanuele pur mostrandosi di mente aperta non era uno sprovveduto e si pose giustamente il problema di impedire che i due colombi, finito lo spavento, riprendessero gli incontri. E lo risolse in modo regale. Fece trasferire il capitano nella Cittadella di Alessandria con l’ordine tassativo ed assoluto di non dargli mai più di quattro ore per volta di libera uscita. Allora non c’erano automobili ed a cavallo o con il treno ci voleva più di un pomeriggio per andare e tornare da Alessandria a Torino. E così la questione fu risolta senza alcuno spargimento di sangue e l’occhio della Rosina guarì presto.

Be First to Comment

    Lascia un commento