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BRUNO BINASCO, IL GRUPPO GAVIO E LA “CAPARRA DIMENTICATA”

Bruno Binasco, il factotum del Gruppo Gavio, il colosso imprenditoriale tortonese che tra autostrade e costruzioni fattura oltre sei miliardi di euro ed è primo azionista di Impregilo, è indagato dalla Procura di Monza per aver finanziato illecitamente con 2 milioni di euro Penati nel 2010
Milano (a.g.) (03.09.2011) – Di nuovo alla ribalta il Gruppo Gavio questa volta tirato in ballo nella vicenda che vede protagonista Filippo Penati, l’ex presidente della Provincia di Milano, capo della segreteria politica di Bersani dal 2009, ora indagato dalla Procura della Repubblica di Monza per concussione e corruzione in merito a presunte tangenti intascate sulla riqualificazione dell’ex Area Falck di Sesto San Giovanni, ma anche per l’acquisto di quote dell’autostrada Milano-Serravalle dal Gruppo Gavio di Tortona. Nel 2005 Penati, appena eletto presidente della Provincia, acquista da Gavio e Binasco il 15% delle azioni dell’autostrada Milano-Serravalle, arrivando a controllarne il 53%. Penati fa spendere alla Provincia 238 milioni di euro, pagando 8,93 euro le azioni che un anno e mezzo prima Gavio aveva pagato 2,9. Così il costruttore realizza una plusvalenza di 176 milioni. E subito dopo ne investe 50 per sostenere la scalata dell’Unipol di Consorte a Bnl, acquistando lo 0,5% della banca. A quel punto interviene Bersani: il 30 giugno 2004 – annota la polizia giudiziaria – “Bersani dice a Gavio che ha parlato con Penati… Dice a Gavio di cercarlo per incontrarsi in modo riservato: ora fermiamo tutto e vedrà che tra una decina di giorni, quando vi vedrete, troverete un modo…”. Il 5 luglio Penati chiama Gavio: “Buongiorno, mi ha dato il suo numero l’on. Bersani”. Gavio: “Sì, volevo fare due chiacchiere con lei quando possibile”. Penati: “Guardi, non so… Beviamo un caffè”. I due s’incontrano in segreto, come suggeriva Bersani: non nella sede della Provincia, ma in un hotel romano. Affare fatto. Per Gavio e Binasco, naturalmente, che poi si sdebitano con Unipol. E nel 2008, secondo l’accusa della Procura di Monza, Binasco concorda una stecca di 2 milioni di euro per Penati, camuffata da caparra per un finto acquisto immobiliare (come ai tempi di Greganti) e giunta a destinazione nel 2010 (quando Penati è capo della segretaria di Bersani). Bruno Binasco non è nuovo a questo tipo di vicende giudiziarie perché già nel 1993 l’allora PM Di Pietro raccolse una sua confessione nella veste di amministratore delegato dell’Itinera con la quale, a sentire lui, conferì un finanziamento di 400 milioni al Pci-Pds, passato per le mani di Primo Greganti. Marcellino Gavio, pure lui colpito da un ordine di carcerazione, quattro giorni dopo la confessione del suo braccio destro Binasco, rientrava in Italia consegnandosi a Di Pietro. Ammise le tangenti per la metropolitana milanese, confermò le dichiarazioni di Binasco e ottenne la scarcerazione. I giudici di Tortona, che processeranno per competenza i protagonisti dello scandalo, avranno modo di mettere a verbale: “A proposito della richiesta di ricevere un contributo dall’Itinera – si legge nella sentenza del Tribunale tortonese – Greganti disse al Binasco che quella era la volontà non del Greganti, ma del Pds, e che tale richiesta egli la faceva espressamente in nome e per conto del tesoriere Stefanini”. Risultato: Greganti e Binasco saranno condannati definitivamente a Tortona per finanziamento illecito al Pci-Pds. Il primo a 5 mesi, il secondo a 1 anno e 2 mesi. Ora la storia si ripete, sempre con la sinistra. Stavolta c’è di mezzo Penati ed il PD. La tecnica è sempre la stessa: si versa la caparra e si dimentica di scontarla per cui diventa una stecca. E così Bruno Binasco versò nel 2008 due milioni di caparra a Di Caterina, imprenditore dei trasporti e grande accusatore di Filippo Penati. Per il pm, “l’unica alternativa razionale e coerente per spiegare il pagamento di Binasco a Di Caterina nell’interesse di Penati e Vimercati è che la somma sia parte della tangente a loro destinata” proprio per l’operazione Milano Serravalle.

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