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L’INELUTTABILE FALLIMENTO DEL FABBIOPENSIERO

La Giunta alessandrina è ormai in rimozione forzata. Solo il simpatico Castaldo non se n’è ancora accorto. Tramonta miseramente il piano strategico. Il consulente che lo ha inventato lascia con lieve anticipo e si dedica ad altro. Di fronte al mastodontico debito Piercarlo Fabbio ha nascosto la testa sottoterra aspettando che passasse. Ma non è successo niente. Anzi no: ci hanno guadagnato le banche. Ecco perché.

di Max Corradi
Alessandria –
Il sindaco di Alessandria è andato oggi a Torino per spiegare agli esterrefatti auditori in che modo abbia fatto ad applicare ad Alessandria le politiche keynesiane di debit spending ovvero, per dirla con parole sue: “Come si sia lavorato in questi anni per evitare che l’economia assumesse percorsi ciclici verso la crisi e come sia stato accantonato filosoficamente il necessario restauro del bilancio per aiutare di più gli investimenti locali”. In sostanza dal flebile Fabbiopensiero si evince come in questa legislatura si siano ignorati i problemi, ed anche i conti reali, per condurre la collettività lungo sentieri di debito, inteso come investimento, per rafforzare l’economia. Ma siccome Fabbio non è Keynes e Alessandria non è l’America, tutto ciò è naufragato in un mare di fango. Ieri, poco prima che Fabbio salisse in macchina alla volta di Torino per dare la sua debole e puerile giustificazione, il suo professore, ovvero chi gli ha spiegato in questi anni le teorie di Keynes sul Bignami, aveva appena rassegnato le sue dimissioni dal prestigioso incarico di “Consulente direzionale in materia di pianificazione economico-strategica della città e di supporto agli organi di governo per le scelte strategiche”, ovvero il fumoso e inconcludente piano strategico. Peccato. Il tempo per spiegare c’è stato, 4 anni con un incarico a 5 zeri all’anno, ma, dato il destinatario delle spiegazioni, non quello per capire. Il nostro povero sindaco non ha capito infatti che, per una politica di debit spending si deve per prima cosa finanziare correttamente il debito con adeguati strumenti, e non semplicemente ignorarlo non pagando i fornitori, o costringendo enti di secondo livello (vedi CISSACA e municipalizzate varie) a dilazionare i pagamenti oltre ogni ragionevole previsione. Questo è creare  baratro economico e quindi finanziario. Ma non basta perché non si riesce a capire come sia stato possibile obbligare un’azienda di cartolarizzazione ad anticipare soldi per beni comunali che sarebbero stati sempre e puntualmente venduti a prezzo inferiore. Traduciamo. L’azienda di cartolarizzazione è un ente di secondo grado del Comune di Alessandria che si chiama Valorial, che ha il compito di vendere i “gioielli di famiglia” cioè terreni, immobili, società e tutto ciò che sta sul mercato per fare cassa. Il problema è che il Comune, a corto di liquidi diceva a Valorial “ho bisogno al più presto di 200.000 euro” e Valorial glieli dava dopo aver individuato l’immobile da vendere per la stessa cifra. Solo che Valorial quell’immobile lo avrebbe venduto dopo un anno e, nel frattempo, pagava gli interessi, per i soldi anticipati al Comune, che prendeva in banca. Quando arrivava il giorno della vendita tanto agognata, magari Valorial non riusciva a vendere per 200.000 euro ma per 150.000, per cui, pronti via, ci rimetteva gli interessi di un anno sul prestito di 200.000 euro, quelli a decorrere per i restanti 50.000, e anche il capitale per la differenza che è sempre di 50.000 euro. Così Valorial si indebitava sempre di più, ma siccome Valorial è del Comune, ad indebitarsi alla fine era il Comune stesso, quindi tutti gli alessandrini. Si creava in sostanza una leva finanziaria solo ed unicamente a favore del sistema creditizio, ovvero per le banche. Ma non è tutto perché per pagare i poveri fornitori che aspettano da anni di essere pagati Fabbio & C. hanno inventato un accordo fasullo con una banca che pagava e paga le fatture al posto del Comune. Ma, alla fine, sono i creditori a pagare gli interessi di quello che è, a tutti gli effetti, un anticipo sul saldo fatture. Per farla breve, i creditori pagano gli interessi sui loro soldi. Ma c’è dell’altro perché prima di questo “geniale” teorema del Fabbiopensiero i fornitori erano esposti finanziariamente da anni per cui c’era il rischio di una catena di fallimenti molto concreto. E qualche fallimento c’è stato davvero. Inoltre Fabbio, tra le altre cose, non ha capito che per realizzare correttamente una politica di debit spending è necessario rivolgersi ad una economia a ciclo chiuso e non ad una economia dove i soldi spesi dall’ente locale vanno ad appaltatori di un’altra provincia o comune. Cioè i soldi devono tornare da dove sono partiti e redistribuiti in loco, perché la politica di New Deal funziona solo se i soldi che girano restano nell’ambito della realtà locale dove vige il New Deal stesso. Nel nostro caso il territorio comunale. Non sono stati rari, a questo proposito, i casi in cui gli appalti si davano a ditte “forestiere”. Per ultimo una politica di debit spending richiede che a perseguirla sia uno stato sovrano che ha la possibilità, quanto meno, di battere moneta legale per fronteggiare gli inevitabili problemi di cassa. Dare a credere a un piccolo satrapo locale di poter fare una simile politica senza annientare completamente una seppur fragile economia locale, è un po’ come dare una mitragliatrice ad una scimmia. Si può fare, per soldi e tanti si può fare, ma non è bello.

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