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IL PENSIERO DI LOCKE, IL PADRE DEL LIBERALISMO

Contro la globalizzazione selvaggia che serve solo ad arricchire pochi spudorati criminali finanziari a danno di tutti gli altri, per la massima dignità dell’uomo e libertà dei popoli, per il benessere di tutti. Viva la Libertà.

Prima Parte
John Locke vive in Inghilterra, nell’ ultima fase del 1600 e le sue opere vanno collocate intorno agli anni 90 del secolo. Si tratta grosso modo degli anni in cui scoppia la seconda rivoluzione che travaglia l’Inghilterra del Seicento, la rivoluzione che sarà definita “gloriosa “. Insieme a Thomas Hobbes, Locke è il più grande politico inglese del secolo e le notevoli differenze tra le teorie politiche lockiane e quelle hobbesiane sono dovute al fatto che Hobbes vive la prima rivoluzione (quella degli anni 40), la più sanguinosa, ed é quindi interessato a garantire la sicurezza dell’individuo, Locke invece vive nella seconda rivoluzione caratterizzata da vicende non particolarmente drammatiche anzi, potremmo quasi dire, pacifiche, dove si assiste alla nascita delle teorie liberali: si tratta dell’atto con cui l’intera società inglese si sarebbe sbarazzata d’una monarchia oppressiva dando vita ad una monarchia costituzionale. Ecco allora che Locke intende garantire al singolo la libertà più di ogni altra cosa; non a caso Locke è considerato il grande teorico del liberalismo. La sua opera principale, la più cospicua e la più famosa, è il Saggio sull’Intelletto Umano. Un’opera corposa ma comunque a carattere discorsivo, non a caso si può considerare Locke il precursore dell’illuminismo proprio per il suo atteggiamento di fondo. Il Saggio sull’Intelletto Umano é un’opera scritta in inglese, la lingua nazionale dell’Inghilterra, e non in latino, proprio per consentire a tutti la sua lettura. Il problema della divulgazione, ossia del rendere leggibile ciò che si scrive al maggior numero possibile di persone, é una prerogativa tipicamente illuministica che Locke ha già messo in atto sul finire del ‘600. È tipicamente illuminista, poi, la rinuncia alla metafisica per porsi invece problemi concretamente utili all’uomo, ed é esattamente quel che fa Locke. I problemi che si pongono Locke, il primo pensatore proto-illuminista, e Kant, l’ultimo e al tempo stesso più grande filosofo illuminista, entrambi liberali, sono analoghi: l’illuminismo è senz’altro caratterizzato dal dominio incontrastato della ragione, tuttavia si tratta, non d’una fiducia cieca in essa (come era per Cartesio), ma d’un ponderato e critico approccio. D’altronde nutrire una fiducia sconfinata nella ragione, senza un minimo approccio critico, rischia di diventare irrazionale. Ecco allora che Kant intitolerà la sua opera più famosa Critica della Ragion Pura, dove darà un giudizio della pura ragione istituendo un vero e proprio tribunale in cui la ragione è, al tempo stesso, giudice e imputato, dove giudicano i limiti della ragione ma, neanche a dirlo, è la ragione stessa a giudicare. Fin dove può arrivare la mia ragione? Questo è l’interrogativo kantiano. Anche Locke sente la necessità di stabilire preliminarmente i limiti entro i quali l’intelletto umano può operare. Egli definirà la ragione umana come una candela che ci illumina il cammino, senza quindi nutrire in essa quell’eccessivo entusiasmo che aveva caratterizzato la filosofia di Cartesio. La nostra ragione non è onnipotente e non può illuminarci su tutto, così come una candela non può far luce su ogni cosa, tuttavia è l’unico mezzo di cui l’uomo dispone nella sua indagine e deve quindi servirsene. Locke è anche vicino all’illuminismo sul piano dei contenuti quando arriva a dire che il risultato dell’ indagine sui limiti della ragione è la critica di alcuni concetti tipicamente metafisici come  la conoscibilità della sostanza da sempre cardine della metafisica. Quel che interessa a Locke non è conoscere realtà supreme ma quelle che hanno più a che fare con la vita umana di tutti i giorni, per questo il padre del liberalismo è in tutti i sensi figlio della tradizione empirica inglese e allo stesso tempo del pragmatismo baconiano. A suo avviso la filosofia deve concretamente servire a risolvere i problemi umani di tutti i giorni e non deve costruire impianti metafisici che facciano poca presa sulla realtà. Al sapere sono utili due cose per Locke: in primo luogo la conoscenza scientifica in quanto Locke aveva stretti rapporti personali con lo scienziato Boyle ed era lui stesso medico; in secondo luogo ci deve essere la conoscenza politica e di tutte le questioni etiche e religiose. Da notare che la religione, intesa da Locke, non si riduce a teologia perché non fa un discorso su Dio ma sull’uomo e sui suoi rapporti con la religione. Si tratta quindi d’una religione intesa più come cosa umana che divina. Locke si chiede a questo punto fino a dove si può estendere, senza prendere cantonate, la conoscenza razionale e cosa si arriva a comprendere con essa. Di qui, forse, la nascita dell’illuminismo inglese che il grande pensatore liberale condivide con Newton, David Hume, tutti nutriti alla filosofia di Francesco Bacone che, a sua volta, fu studioso e grande estimatore del pensiero leonardesco.

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