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IL PENSIERO DI LOCKE, PADRE DEL LIBERALISMO

LE IDEE SEMPLICI E LE IDEE COMPLESSE
quarta parte
Occorre esaminare come si acquisisce la conoscenza tramite l’esperienza. Locke accetta la definizione cartesiana di idea come oggetto della mente, anzi, se ne serve per confutare l’innatismo: gli oggetti della mente comunemente detti “idee” secondo il padre del pensiero liberale arrivano da due diverse fonti quali il senso esterno (o sensazione) e il senso interno (o riflessione). Nonostante Locke sia a tutti gli effetti un empirico, non accetta che tutto derivi dalla sensazione. Certo, la sensazione esiste, e sono sensazioni tutti i dati che riceviamo dall’esterno (suoni, odori, immagini) tuttavia, accanto alle sensazioni, vi sono le riflessioni, ossia le informazioni che ricevo, non già dall’esterno, ma dal mio mondo interiore. Saranno riflessioni la gioia, la tristezza e, più in generale, quel che sentiamo avvenire nella nostra coscienza. Anche le riflessioni sono esperienze, ma sono esperienze interne al soggetto e, quindi, non possono essere dette sensazioni  perché non derivano dal mondo esterno. Certo, vi é un collegamento con esso perché, vedendo che c’é il sole (sensazione) sono contento (riflessione) ma, tuttavia, il processo che mi porta alla contentezza è tutto in me stesso. Quindi l’esperienza ha per Locke una duplice fonte, il mondo esterno che dà le sensazioni e il mondo interno che dà le riflessioni, ossia che riflette lo stato d’animo del soggetto . Questi due tipi di idee, chiamate appunto idee di sensazione e idee di riflessione, sono in prima battuta quelle che Locke definisce “idee semplici”, contrapposte alle “idee complesse”.
1. Si dicono idee semplici quegli oggetti del pensiero il cui contenuto elementare non é ulteriormente scomponibile;
2. si dicono idee complesse quegli oggetti del pensiero composti il cui contenuto risulta scomponibile: l’idea di libro , ad esempio, é un’idea complessa, nel senso che é costituita da più idee congiunte, combinazione dell’idea di forma data dall’ambito tattile e da quello visivo, mescolata all’idea di colore (di più colori magari) e all’idea di peso.
Le idee semplici sono i mattoni con cui si dà vita al tempio delle idee complesse. Locke distingue a ragion veduta tra funzione passiva del senso (tanto quello esterno quanto quello interno) e funzione attiva dell’intelletto. Le idee semplici le riceviamo e basta, in modo del tutto passivo, tramite il senso. Le idee complesse, invece, non le riceviamo passivamente tramite il senso ma sono frutto di riorganizzazione e aggregazione da parte dell’intelletto attivo di idee semplici ricevute passivamente e singolarmente dal senso: ricevo l’idea di blu, di parallelepipedo, di peso tramite il senso e con l’intelletto le riorganizzo congiungendole per dar vita all’idea di libro. Per acquisire idee complesse occorre la cooperazione tra intelletto che rielabora e senso che acquisisce, per le idee semplici basta il senso.
Di idee complesse ve ne sono tre tipi, tutti e tre dati dall’unione di idee semplici.
1. Idee di sostanza.
2. Idee di modo.
3. Idee di relazione.
1) Le idee di sostanza sono quelle relative a realtà che concepiamo come esistenti di per sé: il libro è un’idea complessa di sostanza, somma di tante idee semplici. Dall’unione di più idee semplici attribuisco esistenza autonoma alla sostanza libro che, come ogni sostanza – secondo la definizione aristotelica – esiste come ente che per esistere non ha bisogno di null’altro all’infuori di sé. Le idee di sostanza sono quelle che Aristotele chiamava semplicemente “sostanze”.
2 ) Le idee di modo sono quelle che si riferiscono a cose di per sé non esistenti, ma che sono caratteristiche di sostanza. Si tratta di quelle che Aristotele chiamava “accidenti” i quali, per esistere, necessitano di una sostanza cui appoggiarsi. Locke fa due esempi di idee di modo: l’idea di furto e di ubriachezza, idee che implicano tanti elementi. Ora, é evidente che l’idea di furto e di ubriachezza, per esistere, hanno bisogno di sostanze cui riferirsi. ci sarann un uomo ubriaco o un uomo ladro, ma non si può indicare come furto o come ubriachezza una cosa materiale, una sostanza.
3 ) Infine ci sono le idee di relazione che nascono, non dall’unione, ma dall’accostamento di più idee. Esempio tipico é l’idea di uguaglianza, che non nasce dall’unione di due cose uguali, bensì dalla messa in relazione di due entità aventi le stesse caratteristiche: due libri sono uguali, li metto in relazione e ottengo l’idea di uguaglianza . Esempio tipico di idee di relazione è quello riguardante il padre e il figlio. Ma la più importante idea di relazione ravvisata da Locke è la causalità: causa ed effetto, spiega il pensatore inglese, sono tra loro in relazione poiché dove vi é una causa vi é anche un effetto e viceversa. Tuttavia se accetta l’idea di causalità, egli rifiuta radicalmente quella di sostanza. La critica all’idea di sostanza é uno dei passaggi più celebri del pensiero di Locke che fa così traballare il classico edificio della metafisica. È tipica della filosofia inglese del 1600-1700 la critica ai contenuti della metafisica, la sostanza e la causa. Aristotele, a suo tempo, aveva definito come argomento principale della filosofia l’indagine sull’essere, indagine che si riduceva all’investigazione sulla sostanza: che cosa é la sostanza? Per rispondere a questo interrogativo era ricorso alla dottrina delle quattro cause, fondando in questo modo il binomio sostanza-causa, argomento principale della metafisica. Ora Locke nel 1600 fa traballare l’impianto metafisico criticando duramente l’idea di sostanza e, nel 1700, il filosofo scozzese David Hume criticherà insieme all’idea di sostanza anche quella di causa, da Locke mantenuta valida. Locke, infatti, ammette i rapporti causali tra le cose sostenendo che laddove vi é una causa vi é anche un effetto e viceversa. La palla da biliardo si muove (effetto) perché urtata da un’altra palla da biliardo (causa). Locke però conduce una serrata critica all’idea di sostanza, non mettendo in discussione l’esistenza di sostanze, quanto piuttosto la conoscibilità delle medesime. Egli racconta di un indiano cui era stato domandato su che cosa poggiasse il mondo e l’indiano aveva risposto senza esitare che il mondo poggia sul dorso di un elefante. Allora il suo interlocutore gli domandò su che cosa a sua volta poggiasse l’elefante e, dopo che l’indiano ebbe risposto senza tentennamenti che esso poggia sul guscio di una testuggine, gli fu nuovamente posto il problema su chi, a sua volta, poggiasse la testuggine e l’indiano rispose che essa poggiava su qualcosa che lui non conosceva.

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