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ONORE AI MARTIRI DEL COMUNISMO SPAGNOLO (prima puntata)

DIEGO VENTAJA MILÁN E AMICI
Si tratta di nove spagnoli morti ammazzati nel 1936 durante la guerra civile. Due erano vescovi; gli altri, religiosi Fratelli delle Scuole Cristiane. Diego Ventaja Milán era vescovo di Almería ed era stato consacrato dal papa Pio XI solo l’anno precedente. Manuel Medina Olmos, suo amico, della diocesi di Almería era stato Aministratore Apostolico prima di diventare, nel 1926, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Granada e poi, due anni dopo, vescovo di Guadix-Barca. Erano stati entrambi professori universitari, il Medina Olmos anche rettore e autore di molte pubblicazioni. Furono presi insieme e fucilati nottetempo. Gli altri uccisi (poi cosparsi di benzina e bruciati): Bienvenido Villalón Acebrón (fratel Aurelio María), quarantasei anni; Bonifacio Rodríguez González (fratel José Cecilio), cinquantun anni; Isidoro Primo Rodríguez (fratel Edmigio), cinquantacinque anni; Justo Zariquiegui Mendoza (fratel Amalio), cinquant’anni; Marciano Herrero Martínez (fratel Valerio Bernardo), ventisette anni; Adrián Sáiz Sáiz (fratel Teodomiro Joaquín), ventinove anni; Eusebio Alonso Uyarra (fratel Evencio Ricardo), ventinove anni. Il 29 luglio 1936, alle sette di sera, i miliziani fecero irruzione nel collegio tenuto dai Fratelli delle Scuole Cristiane in Almería, una delle zone più povere della Spagna. Rastrellarono tutti i religiosi e li portarono nella “prigione del popolo”. Di notte, a scaglioni, li fucilarono tutti ma in date diverse, tanto per accrescere l’angoscia di quelli che aspettavano il loro turno. A guerra finita, i loro corpi arsi furono sepolti in cattedrale.

FERNANDO GONZÁLEZ AÑON
Questo sacerdote spagnolo era nato nel 1886 a Turís, in diocesi di Valencia. Dopo gli studi in seminario, aveva ricevuto gli ordini sacri nel 1913. Ricoprì vari incarichi, cominciando da viceparroco ad Alcácer. Due anni dopo, fu trasferito ad Alcira, nella parrocchia di Santa Catalina. L’anno successivo passò, come economo, in quella di Macastre, dove rimase qualche anno. Nel 1925 fu ancora coadiutore, ma a Valencia, nella parrocchia di San Juan de la Ribera. Era personalmente devotissimo al Sacro Cuore e non faceva altro che diffondere tale devozione ovunque andasse. Singolare devozione, questa, particolarmente gradita a tutti quelli che combatterono le rivoluzioni ideologiche fin dai Vandeani, che avevano messo il Sacro Cuore sulle loro bandiere e cucito sulle giubbe. Per giunta, nel nostro caso, don Añon era particolarmente attivo nella cura pastorale degli operai, e figurarsi se i «rojos» (i rossi) permettevano a chicchessia di insidiare il loro orticello d’elezione. Proprio in quel fatale 1936 il Nostro aveva ottenuto la nomina a parroco titolare, e giusto nel suo paese natale, Turís. Allo scoppio della guerra civile si ritrovò, ovviamente, in cima alla lista dei nemici della classe operaia. Non faticarono a trovarlo, visto che tutti sapevano dove stava. Com’è noto, i cultori del «collettivo» vanno sempre in tanti, e armati, contro uno, e inerme.

FÉLIX YUSTE CAVA
Questo sacerdote spagnolo nacque nel 1887 a Chulilla, cittadina dell’arcidiocesi di Valencia. La sua era una vocazione al sacerdozio come ce n’erano molte, un tempo: fin da subito. Oggi è estremamente raro che un ragazzino voglia entrare in seminario: ormai lo si fa da adulti. Alcuni pensano che sia meglio, perché la scelta è più «consapevole». Sarà. Ma la storia della santità è piena di consapevolissimi personaggi orientatisi al sacerdozio o alla vita religiosa fin da bambini. E la storia delle tonache alle ortiche è altrettanto affollata di ex «scelte consapevoli». Torniamo a don Félix Yuste Cava, che entrò nel collegio delle vocazioni ecclesiastiche di Valencia e nel 1902 fu mandato a Roma nel pontificio collegio spagnolo. Qui si addottorò alla Gregoriana in filosofia, teologia e diritto canonico. Nel 1910, sempre a Roma, ricevette l’ordinazione sacerdotale. Rientrato in patria, fu incaricato dell’insegnamento nel seminario di Valencia e di coadiuvare successivi parroci. Nel 1930 gli venne assegnata la parrocchia più importante di tutta l’arcidiocesi, quella dei SS. Juan e Vicente. Naturalmente, alla scoppio della guerra civile del 1936, la sua posizione gli assicurò il primo posto nella lista. I miliziani andarono a prenderlo, lo portarono sulla spiaggia del Saler e lo fucilarono lì.

ANGELA GINARD MARTÍ
Spagnola, nacque nel 1894 nelle isole Baleari, per l’esattezza nella cittadina di Lluchmayor, in diocesi di Maiorca. La sua famiglia era numerosa e di condizioni modeste, tanto che Angela dovette contribuire al sostentamento casalingo facendo lavori di cucito a Palma di Maiorca. Di carattere timido e riservato, era decisissima a intraprendere la via religiosa, ma il padre la voleva maritata e la cosa andò avanti così per anni. Finalmente, nel 1921 ottenne il sospirato permesso e poté entrare tra le Suore Zelatrici del Culto Eucaristico a Palma di Maiorca. Prese il nome religioso di María de los Angeles e nel 1926 venne destinata alla casa di Madrid con l’incarico di economa. Nel 1929, dopo aver pronunciato i voti perpetui, fu assegnata alla casa di Barcellona come consigliera. Nel 1932 la comunità avrebbe voluto eleggerla a una carica superiore, ma lei preferì tornarsene a fare l’economa a Madrid. Tutto filò abbastanza liscio fino alle prime avvisaglie di persecuzione anticattolica. Le suore inizialmente decisero di continuare come prima, ma poi scoppiò la guerra civile e fu necessario abbandonare il convento. Le suore si sparpagliarono, cercando di mettersi al sicuro ciascuna come poteva. Ma i miliziani non avevano alcuna intenzione di lasciar correre con quelle pericolosissime nemiche del popolo. Le spie, in quella Spagna divisa, non mancavano di certo e fu proprio grazie a una spiata che i «rojos» misero le mani sulla quarantenne suor María. Il suo cadavere fu ritrovato solo nel 1940, in un sobborgo di Madrid, sepolto alla meno peggio e crivellato di proiettili.

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