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IN RISPOSTA A PAOLA RE A PROPOSITO DEL PALIO DI ASTI

di Alessandro Franco direttore de “Il Canapo”

“Gentile signora Paola Re, prima di tutto desidero ringraziarla per i modi cortesi in cui affronta la discussione: la mia critica non era rivolta di certo a gente come lei, ma a persone che a titolo personale non considero nemmeno degne di essere chiamate come tali, persone che hanno riempito di insulti la mia casella di posta elettronica personale o con messaggi privati sui social network e che hanno scandito parole veramente indegne per l’intelligenza umana, augurando tumori, morti di congiunti e altre nefandezze che non sto a ricordare.
Seconda premessa: mi faccio portavoce, attraverso di lei ad una replica a tutti gli animalisti: per una questione meramente temporale non posso rispondere ad ognuno.
Terminate le premesse, vengo al punto: lei mi chiede “delle opinioni dei cavalli”. Lo ribadisco con forza: o si è antispecista o non lo si è. Questo purtroppo banalmente è il punto, la chiave di volta di tutto il ragionamento. Io non lo sono, e considero, come già da lei riportato “lo sfruttamento animale parte del progresso umano”. Vede, signora: considero semplicemente i cavalli al servizio dell’uomo, al pari degli animali addomesticati all’alba della nostra civiltà e utilizzati per i più svariati usi. Questo non significa accanirsi con loro in maniera barbara e cinica, ma sulla questione della sicurezza del Palio esiste una letteratura immensa, e non sto a ricordarle davvero tutto quanto fatto e prodotto negli ultimi anni. Il Palio non prevede la morte di un cavallo, prevede una competizione, il più sicura possibile, dove il rischio può tendere alla perfezione teorica dello 0% ma ovviamente non può raggiungerlo mai. Questo non toglie le fatalità, e le responsabilità, che non sta a me accertare ma agli organi preposti, se ci saranno.
Un’ultima analisi: lei dice che svio su alcuni argomenti: Non ho pubblicato le foto per una precisa scelta redazionale, non certo per censura  – saremmo due illusi, io e lei,  a pensare che nell’era degli smartphone un immagine non possa finire in rete dopo alcuni minuti e nessuno può fermarla – io parlo di Palio e la mia è stata una scelta di rispetto nei confronti di un animale che, continuo a dire, è morto nel peggiore e più straziante dei modi umanamente concepibili in un Palio.Questo che ci creda o no nella sincerità delle mie motivazioni.
Le barbarie del progresso: il Palio è una Festa fatta di socialità, di voglia di stare insieme, di una condivisione di ideali e di cose comuni, In una società iper materialista un borgo lavora un anno per vincere un “pezzo di stoffa”, questo non per sminuire il lavoro dei maestri del Palio ( a proposito, lei dice che non esiste cultura, ma quanti artisti, da Ruggeri ad Emanuele Luzzati hanno prestato la propria opera e la propria arte al Palio) ma per far capire davvero l’ideale più simbolico che reale del premio. Parlo di barbarie (una società dedita alla speculazione e dalla mercificazione, mi permetta, ben più grave di quella degli equini – di tanti giovani senza futuro).  perché davvero ho sotto gli occhi tutti i giorni l’impegno e la passione che molti astigiani mettono nelle attività del proprio borgo. Di certo non ripagati dalla già nominata stoffa, ma da una vita insieme e da un sodalizio che spesso si trasforma in una seconda famiglia. Vedere per credere. Sono solito dire che “la corsa dura una manciata di secondi, tutto il resto è Palio”. E’ così, ma è altrettanto vero che la corsa del Palio non è l’unica cosa ma è fondamentale. Perché è la chiave di volta per capire tutto il resto, il corteo, gli sbandieratori, le cene nei comitati Palio e quant’altro. E’ l’apice di una anno, è una sorta di “mezzanotte del primo gennaio” che serve per aprire e chiudere un ciclo, per ordinare le emozioni, per ritornare l’anno successivo a disputarsi il Palio in piazza. Per dare un senso e un fine ultimo di quello che lei chiama macchina malata, ma che io so non essere una rievocazione storica, un pretesto per scommesse, o un giochino fatto per i turisti. E’ una Festa vera, autentica. Non voglio cambiare le sue opinioni, come lei non cambierà le mie. Siamo su posizioni troppo distanti. Ma se lei lo riterrà opportuno, venga ad Asti fin da ora non il giorno del Palio ma in un qualsiasi altro giorno. Lo accoglierò volentieri. Sono certa che il prossimo anno sarà di nuovo al presidio ma avrà molti elementi in più per giudicare.

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