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LA STORIA SI RIPETE: ATTENTI COMPAGNI, LA DESTRA VINCE DAVVERO

L'enorme consenso per Mussolini nel 1936di Gino Borgo
Il primo maggio francese è stato quest’anno una festa di Le Pen e dei post- fascisti francesi. È inutile negarlo: la destra sta marciando su Parigi. C’è molta preoccupazione in Francia ma anche in Italia dove la condanna di Berlusconi suona come l’ultimo atto di una persecuzione forsennata da parte di una sinistra che, immemore dei suo crimini, bacchetta gli altri ergendosi a censore, e distrugge gli avversari con ogni mezzo a disposizione anche discutibile come certa magistratura politicizzata. Ma Le Pen in Francia e Berlusconi in Italia (visto ormai dalla maggioranza degli italiani come una vittima perseguitata) vincono, la destra vince dappertutto. Anche in Inghilterra dove Farage vola oltre il 20% (Ukip, il partito indipendentista britannico, guidato da Nigel Farage, ha ottenuto, su scala nazionale, il 23% dei voti, divenendo così il terzo partito e insidiando da vicino i due maggiori: i Laburisti col 29% e i Conservatori col 25%. Soltanto quarti i Liberal-Democratici, che racimolano appena il 14%), ed in Grecia dove Alba Dorata raccoglie sempre più consensi tra la gente, soprattutto tra la povera gente. Dopo il 7% delle ultime elezioni è data oggi sopra al 10%. Per tornare Oltralpe negli ultimi sondaggi la maggioranza dei francesi si era detta ostile a un intervento militare in Siria e, se il 52 per cento appoggerebbe l’entrata in scena della Nato, molti di meno (39 per cento) sosterrebbero una decisione unilaterale di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti di intervenire senza mandato (dati del 12 agosto). Dev’essere per questo che il presidente François Hollande non ha ancora chiarito fino in fondo la sua posizione. La destra francese si è definitivamente appropriata del sentimento di patria, essenziale per i francesi, tutti nazionalisti e per la grandeur della Francia. Come ogni anno anche nel 2013, il Front National, il partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen, si è dato appuntamento per celebrare l’eroina della patria Giovanna D’Arco e la festa dei lavoratori: proprio gli operai, d’altronde, sono diventati gli elettori privilegiati dei post fascisti transalpini. Ma la condottiera Le Pen ha anche un terzo ottimo motivo per festeggiare: a oltre un anno dall’elezione di François Hollande, avvenuta il 6 maggio 2012, il presidente socialista è in caduta libera nel gradimento popolare. E grazie alla crisi economica, ai guai giudiziari in casa socialista e alla (temporanea) uscita di scena del conservatore Nicolas Sarkozy, la leader del Fn vola nei sondaggi. Ora supera il 23% nell’ultima indagine mensile sulla preferenza dei francesi per la presidenza della Repubblica, realizzata da Opinionway e pubblicata dal quotidiano Le Figaro, in crescita di cinque punti sul 2012, ma soprattutto a sole due tacche di distanza da Hollande. La ricerca del centro Bsa è stata ancora più ottimista: ha piazzato la figlia del fondatore del Fn dietro Sarkò, ipotizzando, se si tornasse a votare oggi, un suo passaggio al secondo turno al posto dell’attuale inquilino dell’Eliseo. Le Pen parla chiaro e con semplicità: “Prima il popolo, poi l’austerità, i politici e i gay”, una frase che manda in visibilio i francesi sempre più fautori della bella famiglia unita con tanti figli, del lavoro, della casa e della buona tradizione. Ormai il partito di Le Pen ha richiamato attivisti e lavoratori, al grido di “prima il popolo”! Il segretario del partito, Steeve Briois, ha invitato a partecipare tutti gli “invisibili” e tutti i “dimenticati”: le vittime della crisi cui Le Pen si rivolge sempre più spesso. L’ultima manifestazione di Place de l’Opéra è stata l’occasione per il popolo francese di opporsi all’austerità che aggrava la crisi, di denunciare una Repubblica affarista che poggia come mai prima d’ora i suoi piedi negli scandali e sull’indecenza dei suoi eletti. E poi in Francia sono stufi dei sofisticati ragionamenti da salotto degli esponenti della sinistra che ormai non sono più capiti dalla gente. “È ora di gridare di averne piene le tasche di una politica che evita i veri problemi, per occuparsi dell’accessorio” si legge nel sito del front National. E in Italia? Se si andasse a votare domani, secondo gli ultimi sondaggi di Euromedia e di Alessandra Ghisleri il Pdl, ora Forza Italia, oscilla tra il 29 ed il 32 % surclassando il Pd fermo al 25% ed il Movimento 5 Stelle sceso sotto il 20%. L’abolizone dell’Imu e la condanna di Berlusconi – sempre più visto come un martire del comunismo – hanno fatto schizzare verso l’alto le preferenze al partito del Cavaliere. Secondo i sondaggi il recupero della destra italiana è dovuto al fatto che, se la sinistra è al massimo fisiologico del consenso, la destra recupererebbe quella vasta fascia di elettori che nelle ultime tornate non sono andati a votare. Quindi il netto sorpasso non sarebbe dovuto ad un travaso di voti da sinistra a destra ma ad un recupero di voti in letargo. Per cui, se in termini numerici il Pd e i Grillini non perdono molto, per l’aumento dei votanti perdono in percentuale a favore della destra. Un ruolo importante in questa rivoluzione elettorale lo giocano i sindacati confederali sempre più visti come corresponsabili del disastro nazionale e ormai completamente incapaci a difendere ii lavoratori che sono mandati al massacro. Del resto il clima sociale è talmente esacerbato che in molti possono sposare le priorità della destra radicale. Riassumibili in slogan facili. Prima il popolo, poi i bilanci. Prima il popolo e poi la Casta. Prima il popolo e poi gli omosessuali. Per non parlare dei rom e dei loro accampamenti. Così, a sinistra i timori crescono. Anche Oltralpe le organizzazioni sindacali sono in declino: solo l’8% dei lavoratori ha una tessera sindacale. E soprattutto i due sindacati principali, la Cgt e la Confédération française démocratique du travail (Cfdt) – equivalenti alla Cgil e alla Cisl – si sono divise proprio sull’Accord sur la compétitivité et la sécurisation de l’emploi, il pacchetto di misure proposto dal governo socialista per arginare la crisi. Proprio come è successo in Italia due anni fa alla Fiat che ha visto da una parte Cisl e Uil firmare l’accordo e dall’altra Cgil e Fiom rifiutarlo. Quindici giorni fa, all’indomani della riammissione forzata dei delegati Fiom in fabbrica, la Fiat ha rafforzato l’asse con Cisl e Uil e grazie a quel patto torna a promettere investimenti a Mirafiori. È quanto emerge da una nota congiunta del Lingotto e delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto – contestato dalle tute blu di Maurizio Landini – che, nel corso di un incontro a Roma “hanno confermato il loro impegno nella difesa e nel rafforzamento dello strumento contrattuale, riconoscendo che esso rappresenta una condizione imprescindibile per l’impegno industriale della Fiat in Italia”. La Fiom stavolta è nettamente isolata e i lavoratori iniziano a contestarla apertamente. A tale proposito, Cisl, Uil, Fim, Uilm, Fismic, Ugl, Uglm e Associazione Quadri e Capi “esortano ancora una volta la Fiom-Cgil ad accettare le regole basilari della democrazia industriale, aderendo ad un contratto firmato dalle Organizzazioni Sindacali largamente maggioritarie in Fiat”. Italia come Francia quindi, dove Le Pen afferma che per la destra il voto operaio non è una novità. Gli addetti alle pulizie o alle consegne, gli operai non qualificati impiegati nel terziario e lontani dal sistema-fabbrica, in Francia, ma talvolta anche in Italia, votano a destra da due decenni. Nel 1995 il primo ad accorgersene fu il politologo Pascal Perrineau inventore del termine gaucho-lepénisme “Lepenismo di sinistra”, e oggi l’esercito dei potenziali frontisti s’ingrossa di giorno in giorno. In Italia come in Francia la destra gode del favore di buona parte di 3, 4 milioni di disoccupati. Ma anche di gran parte di quei lavoratori specializzati licenziati dopo una vita passata alla catena di montaggio o negli uffici di un colosso multinazionale. Tutti lavoratori cui i sindacati confederali e la sinistra non hanno più saputo dare risposte. Cosa ne risulta? Una collera legittima, unita a un sentimento di abbandono e di tradimento che alimenta la radicalizzazione e un sentimento di fatalità e disperazione.

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