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GIORNATA DELL’AMBIENTE 26 – PICCOLI PROVVEDIMENTI PER MIGLIORARE IL TRAFFICO

Le proposte seguenti per migliorare a basso costo la mobilità cittadina sono banali, ma dovremo insistere nel promuoverle, anche ripetendoci, finché una Giunta intelligente ne apprezzi l’utilità e la fattibilità e le metta in pratica. Faremo riferimento a una grande metropoli vecchia e a pianta centrale, quale è Milano, che presenta ogni genere di difficoltà viabilistiche, con la remota speranza di poter contare in un futuro prossimo sui più costosi provvedimenti generali, proposti nell’articolo precedente, senza aver riguardo per partiti, lobby e classi sociali influenti (mafie comprese). Sta ai governi centrali neutralizzare questi ostacoli al vivere civile e sta ai cittadini sostituire, col voto, i governi centrali inetti con quelli che non si fanno intimorire dalla potenza della corruzione o della prepotenza (è ridicolo doverlo precisare dopo quasi 70 anni di pretesa democrazia in Italia, ma i fatti, in tutti i campi, dimostrano che è necessario).

MEGLIO L’UOMO DELLE TELECAMERE
Si diceva dunque che requisito imprescindibile per la disciplina del traffico è la presenza dell’elemento umano (e non delle sole inaffidabili telecamere) in ogni ora della giornata, con rinforzi nei momenti “di punta”, e senza azzeramenti nelle ore che si presumono “tranquille”: sindaci e assessori provino a fare un giretto dalle 23 alle 2, guidando da sé la propria vettura: noteranno per esempio che ci sono più parcheggi in doppia fila a quelle ore che alle nove del mattino, con l’aggravante del frastuono e delle risse. La presenza del vigile “vivente” ha la doppia funzione di segnalare agli automobilisti le direzioni di marcia agibili in un dato momento e di punire senza pietà i trasgressori; tutti i giorni, e non solo in giorni particolari come si fa attualmente (il comandante assegna alla pattuglia “montante” compiti specifici, che variano giornalmente a sua discrezione; e i vigili si attengono rigorosamente alle disposizioni, chiudendo entrambi gli occhi su infrazioni a volte ben più gravi). Inoltre si imponga il limite di velocità di 30 km/h nella più vasta area possibile attorno al centro, quello dei 70 km/h nei (pochi) grandi viali di scorrimento (ossia con attraversamenti ad ogni km o più) e quello di 50 km/h in tutte le altre vie.

PARCHEGGI PER I SUV COME QUELLI PER DISABILI
Si vieti l’uso di SUV e grossi motocicli in tutte le carreggiate che non siano dotate di due larghe corsie; di conseguenza, si proibisca anche la sosta di SUV su piazzole di dimensioni insufficienti: si destineranno loro piazzole speciali, segnalate come quelle per handicappati e grandi come quelle dei camper (e a Milano esistono pochissimi spazi del genere). Ma allora quanti SUV rimarranno nei propri box? Si spera il maggior numero possibile: si esiga, a scopo soprattutto pedagogico, che i SUV non vengano mai usati per recuperare i bambini all’ingresso o uscita di scuole e asili e per recarsi nei centri commerciali e nei luoghi pubblici, quali ospedali, chiese, cimiteri, uffici anagrafici, tribunali, prigioni, cinema, teatri, ecc.; ma tutti ricordino che Beppe Grillo, l’eminente statista-scienziato italiano, dichiarò che lui col suo SUV-a-idrogeno può andare dove gli pare, dimostrando così che il suo genio non gli fa distinguere fra traffico e inquinamento; e non è l’unica cosa che il “leader” non sa distinguere… È evidente che se si usa tale giusta severità verso i SUV si deve anche provvedere a ridimensionare sia i mezzi di trasporto merci che circolano in città (quelli grandi usino le apposite tangenziali e le relative aree di interscambio annesse alle tangenziali, quando le allestiranno, ovviamente), sia i mezzi pubblici (sostituire i tram con filobus, eliminare le versioni “jumbo”), sia gli autobus turistici, sia i mezzi per la raccolta delle immondizie; visto che prende sempre più piede la raccolta differenziata, dovrebbe essere anche obbligatorio sostituire gli enormi camion per la raccolta con una flottiglia di camioncini a ciascuno dei quali sia assegnato un tipo diverso di immondizia. Da ormai decine di anni dalle 8,30 alle 10,30 si formano code lunghissime (di automobili e di tram) in attesa che robusti “operatori ecologici” carichino con velocità davvero ammirevole enormi camion (roba da “trasporto eccezionale”) con le centinaia di sacchi di spazzatura che già ingombrano metà della carreggiata che passa vicino agli immensi condomini di certe periferie: tutto ciò deve essere debitamente frazionato ed eseguito in orari più appropriati, per esempio dalle 4 alle 7 del mattino, disturbando così i soli buontemponi che escono da discoteche e night-club. Insomma: Milano è città antica e ha incorporato vecchi borghi fatti di vicoli piuttosto stretti; le grandi città europee colpite dai bombardamenti hanno approfittato dell’”occasione” per fare scomparire, con le macerie, anche le strade più anguste. A Milano non solo si sono ricostruiti fedelmente i vecchi quartieri, ma, quando, circa un quarto di secolo fa, ci si è accorti che avanzava qualche comodo viale radiale o tangenziale, lo si è trovato “troppo largo” e si è provveduto a ingombrarlo con “corsie preferenziali” centrali e con ampi marciapiedi laterali alberati, adibiti anche a pista ciclabile (disertata dai ciclisti). I marciapiedi (alberati), certo , sono sempre i benvenuti, ma non ai lati di quelle strade che nessuno si sognerebbe di percorrere a piedi perché non portano in nessun luogo frequentato. Mentre scrivo (27 luglio) do una sbirciatina ai viali di Parigi dove si svolge il circuito conclusivo del Tour de France e li confronto con quelli che si usavano a Milano ancora una decina di anni fa (ora non più) per l’arrivo del Giro d’Italia in corso Sempione o in piazza Duomo: i viali di Milano sono una miniatura rispetto a quelli di Parigi, e si tenga conto che Parigi aveva provveduto a crearli quasi un secolo prima della Guerra Mondiale (grazie a MM. Rambuteau e Haussmann), distruggendo senza complimenti quartieri caotici come la celeberrima medioevale “Corte dei Miracoli” (vedi ancora Hugo: “Notre Dame”), e segregando opportunamente (cioè chiudendo al traffico) altri quartieri le cui “ruelle” sono più strette delle “calli” veneziane. Ma se Parigi o Mosca possono apparire “eccezionali” da questo punto di vista, ci si potrebbe accontentare di dare un’occhiata a Torino, dove i grandi viali, interamente sfruttabili per la circolazione automobilistica, abbondano. Aggiungiamo fra parentesi che un grande viale in cui i veicoli scorrano, anche solo a 70 km/h crea una piccola corrente d’aria che riduce la permanenza di polveri sottili a “altezza d’uomo”; a Parigi, dove peraltro il fluire della Senna provoca una certa brezza, come il Tevere a Roma, si pratica anche il lavaggio quotidiano, ovviamente notturno, delle strade, semplicemente svuotando autobotti o collegandosi alle manichette antincendio; a Milano, il cui sottosuolo trabocca così frequentemente, nessuno dei Sindaci di turno ha mai scoperto questo intelligente uso di “Sorella Acqua”, mentre l’ultimo, forse per un attacco di agorafobia, si è lasciato convincere addirittura a riprodurre i patetici “orticelli di guerra” in piazza Duomo, estinguendo anche l‘ultima grande piazza della nostra Città.

TRE SVOLTE A DESTRA INVECE DI UNA SVOLTA A SINISTRA
In attesa dunque di grandi viali (e piazze) anche a Milano, vediamo che cosa si può fare con quello che esiste. Ricordiamo che l’obbiettivo è di facilitare il movimento degli autoveicoli e quindi lo sbroglio degli ingorghi. Attualmente la velocità media di un’automobile a Milano (o Sesto San Giovanni o Cinisello), in ora di punta, con condizioni atmosferiche normali, è inferiore ai 20 km/h, ma con ingorghi che durano oltre dieci minuti, il che è certo molto grave: sarebbe dunque un enorme progresso eliminare gli ingorghi e raggiungere una velocità media di 30 km/h. Eliminare gli ingorghi significa ridurre al minimo gli incroci, azzerando quelli con svolta a sinistra (si è già fatto notare che la svolta a sinistra è rimpiazzabile da tre comode svolte a destra). Un enorme progresso si è ottenuto con l’invenzione delle mai troppo lodate “rotonde”, purché siano abbastanza grandi : non si devono installare ovunque, come a Sesto San Giovanni, perché il diametro interno dovrebbe essere di almeno 12-15 metri, con sede stradale equivalente ad almeno due corsie di traffico normale, in modo che gli sprovveduti che non capiscano subito dove uscire possano percorrere un intero giro interno senza bloccare la rotazione. Non saprei dire in quale Paese apparve la prima rotonda (Wikipedia afferma: Inghilterra, 1966, ma inventata dal francese E. Hénard): all’inizio degli anni ’70 ne vidi sia in Inghilterra (alcune con la scritta “experimental”), sia in Francia e mi apparvero subito efficientissime ed economiche, anche se in Italia si dovette attenderle 25 anni (Lecco, 1989), durante i quali si portarono a termine i costosi e ingombranti “quadrifogli”, naturalmente importati dall’America.
Sono promosse a pieni voti quindi le “rotonde”, purché di dimensioni adeguate e con ingressi preceduti di almeno 50 metri da semafori, coincidenti con eventuali attraversamenti pedonali o ciclabili, che non devono trovarsi sulla circonferenza esterna, come avviene invece ora quasi dovunque, impedendo di uscire a chi si trova nella rotonda e di entrare a chi vi arriva, provocando ben presto l’immobilità assoluta oppure un rischio mortale per pedoni e ciclisti.

LE ASSURDE STRISCE SULL’INCROCIO
E, visto che ci siamo, proseguiamo sul tema degli attraversamenti pedonali (che ormai non si riescono più a distinguere da quelli dei ciclisti). Si devono anzitutto vietare le strisce pedonali subito dopo una svolta a destra, con o senza semaforo: l’automobilista che svolta a destra guardando che a sinistra non sopravvenga qualcuno non può rischiare di trovarsi subito davanti un ignaro pedone o ciclista, magari impegnato con un cellulare: l’investimento è assicurato oppure la svolta a destra è interrotta e si forma un’inutile coda e ingorgo dietro al primo automezzo: basta spostare di una cinquantina di metri l’attraversamento e le prime cinque o sei macchine che devono svoltare lo faranno tranquillamente. Una situazione del genere è stata creata (sperimentalmente?), all’uscita più affollata da p.le Loreto (Milano) e funzionerebbe se non fosse per l’indisciplina di pedoni e ciclisti che ignorano i robusti sbarramenti intesi a bloccarli. In molte zone di Torino invece il sistema, forse perché meglio segnalato, sembra essere accettato da cittadini e visitatori, e nei viali più larghi, si è fatto in modo che i pedoni completino l’attraversamento in due tempi per non indurli nella tentazione di passare correndo: visto che nella Milano deindustrializzata non c’è più motivo di correre, i suoi cittadini, pedoni o ciclisti che siano, per la loro stessa incolumità faranno il favore di percorrere qualche decina di metri in più e di pazientare ai semafori, distinguendo anche fra semafori per automezzi e per pedoni (sempre che il giovane assessore acconsenta a farli installare).

BICI IMPAZZITE
Sulle piste ciclabili, utili, per carità, ma solo se utilizzabili razionalmente, si può dire che il criterio usato a Milano per posizionarle è idiota, basato sul tentativo di spendere i fondi statali e di battere chissà quale record europeo di lunghezza totale. La prova? In via Verdi a Milano, strada a senso unico a lato della Scala, NON C’E’ pista ciclabile (e ce ne sarebbe il posto), ma un giovedì feriale dalle 19 alle 19,30, in assenza di qualunque vigile, ho contato almeno 25 bici, di cui 15 pericolosamente contromano, e cinque sui marciapiedi affollati di pedoni diretti al teatro; cinque o sei indisciplinati usavano “BikeMI”, il Bike Sharing, che a Milano è usato in piena anarchia, ma, dicono, con incassi che soddisfano l’assessore alla mobilità.

PIAZZOLE PER INVALIDI USATE SOLO DA FALSI INVALIDI
E veniamo alla SOSTA: ho già citato il paradosso “facilitare la sosta per favorire la mobilità”. Lo capisce subito chi si trova spesso a vagare per decine di minuti, compiendo cerchi sempre più ampi attorno alla sua méta, prima di trovare una piazzola libera o anche un pezzetto di marciapiede dove si spera che i vigili chiudano un occhio. In queste decine di minuti centinaia di auto potrebbero essere tolte dalla circolazione, come capirebbe anche un cavernicolo. Inoltre si insiste a lasciar parcheggiare parallelamente o perpendicolarmente ai marciapiedi, costringendo a manovre lunghe e difficili (oltre che dannose per le carrozzerie) che costringono a lunghe attese i veicoli in transito: il parcheggio ideale è obliquo (a “spina di pesce”, ma, dato che occupa un po’ più di spazio in larghezza (anche se fa acquistare qualche posto in lunghezza), non è incoraggiato dagli “esperti” che già si erano spremuti il cervellino per fare allargare inutilmente i marciapiedi. E così, almeno a Milano, si è fatto di tutto per peggiorare la situazione: trovando pretesti per tassare la sosta o multare la fermata, creando piazzole gialle e blu, le prime pagate da residenti locali, le seconde dai visitatori dei residenti, alzando il livello dei marciapiedi affinché i “furbi” non vadano ad occupare un suolo usato solo dalle formiche, riducendo al minimo, e tassandoli, i parcheggi di interscambio, eliminando i silos, che in centro erano benedetti mezzo secolo fa, pur essendo costosi, ostacolando con ogni cavillo burocratico i grandi parcheggi sotterranei (arrivando ad affermare che “attirano” più traffico nella zona); insomma, di tutto ciò sembrano legittime solo le piazzole per invalidi, che però sono usate da falsi invalidi e perfino da medici che sanno clonarne il contrassegno (il permesso per “visita domiciliare” è ritenuto insufficiente). Tutto il resto è la solita ruberia, a partire dai distributori di “ticket” che si pretende siano ecologici perché alimentati da pannelli solari, i quali però sono rivolti a nord o piazzati sotto alberi frondosi o di fronte a muraglie di calcestruzzo (se ne vedono tanti anche nella virtuosa Germania e nella sbarazzina Francia). Un minimo di buon senso si è notato negli anni recenti, in cui, nelle remote periferie, si è deciso di far pagare la sosta solo ai forestieri e solo di mattina fino alle 13. Nella esemplare Strasburgo (Francia), dove si formano i governanti dell’Europa, il forestiero può scegliere se lasciare la macchina in vasti parcheggi alle porte della città, dove il ticket, a prezzo modico, dà diritto all’uso dei mezzi pubblici, oppure se addentrarsi fino a raggiungere larghi viali alberati, dove il parcheggio (gratuito) è consentito su tutti gli spaziosi marciapiedi e proprio sotto gli alberi (a Milano in questi giorni si è scoperto che tale pratica è gravemente dannosa per le radici e sarà severamente stroncata). Si potrebbe proseguire con suggerimenti (di questo tenore, cioè a costo zero) per pagine e pagine, ma probabilmente se gli “addetti ai lavori” e, naturalmente, gli utenti leggessero questi pochi esempi e impiegassero il necessario buon senso per metterli in pratica, i problemi del traffico si ridurrebbero di oltre le metà.

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