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DA LUCA ROSSI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE DI VALENZA

SANITÀ ALESSANDRINA: UNA VOCE FUORI DAL CORO – Leggendo in questi giorni quotidiani e siti di informazione locali, si ha l’impressione che la proposta di fondere ASL e ASO in un’unica Azienda Sanitaria provinciale, lanciata dal Sindaco di Novi Ligure e subito ripresa dall’Assessore Regionale alla Sanità, stia riscuotendo un unanime coro di consensi. Se così fosse, la mia sarebbe una voce fuori dal coro: ritengo infatti  che  tale scelta, proposta in nome di un risparmio tutto da verificare, sarebbe un errore per il nostro territorio, e ciò per diverse ragioni. Intanto, così facendo, si accentuerebbe l’impostazione torinocentrica che ha l’attuale esecutivo regionale (nel quale, è bene ricordarlo, la nostra provincia non è rappresentata). Venendo allo specifico, si eliminerebbe un’eccellenza già presente, anziché rilanciarla; in effetti, sarebbe più corretto parlare di tre eccellenze, poiché tutti  i presìdi che fanno capo all’ASO sono punte di diamante della sanità regionale: Il Santi Antonio e Biagio, con specialità come cardiochirurgia, ematologia, chirurgia robotica su livelli di rilevanza nazionale; il Cesare Arrigo, unico ospedale pediatrico della regione (fuori Torino); il Borsalino, centro di  III livello, unico nel panorama riabilitativo regionale. Inoltre l’attività dell’ASO di Alessandria si estende anche nel campo della ricerca biomedicale, con collaborazioni con il Dipartimento di Scienze ed Innovazione Tecnologica dell’Università Avogadro e con il consorzio Proplast (Polo Tecnologico di Rivalta Scrivia), ottenendo risultati significativi su un territorio che va ben oltre la sola città di Alessandria. A ciò si può aggiungere la Fondazione Uspidalet, esempio unico in Piemonte di un modello che in altri sistemi sanitari (generalmente presi come riferimento) è assai diffuso. Tutte queste peculiarità, che rendono l’ASO di Alessandria una realtà molto differente dalle ASL territoriali, potrebbero far pensare di intraprendere un percorso per ottenere il riconoscimento del carattere scientifico dell’attività svolta, e quindi la creazione di un secondo IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura di Carattere Scientifico) piemontese (l’unico presente attualmente è l’Istituto di Candiolo), se ci fosse la volontà di pensare non solo ai risparmi, che possono e devono essere conseguiti con scelte differenti, ma anche ad uno sviluppo concreto del nostro territorio, che deve necessariamente passare attraverso il rafforzamento delle eccellenze che abbiamo la fortuna di possedere.

 

 

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