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ECCO LE LAUREE PIÙ INUTILI DI UN’ITALIA DELLA CULTURA CHE SEGNA IL PASSO

Dopo che hanno distrutto la scuola italiana, considerata da tutti, prima della riforma, tra le più formative del mondo (lasciamo perdere chi la considerava poco scientifica perché da quella scuola sono usciti geni mondiali, fra cui Enrico Fermi e Federico Faggin) ora si contano i danni. I primi riguardano la schiera di docenti usciti dall’università del dopo sessantotto (quando valeva il 18 politico) che sono degli emeriti ignoranti: non hanno studiato il latino che invece è studiato in tutte le nazioni civili del mondo, non sanno l’italiano ignorando le regole di grammatica, parlano a vanvera come il “professor” Broccoli che confonde Quasimodo con Ungaretti e che in Tv ha detto che la seconda guerra mondiale è scoppiata il 10 giugno 1945. In questo quadro desolante dobbiamo fare i conti con le università italiane che sono crollate nelle classifiche mondiali come risulta dall’annuale classifica dell’Università di Jao Tong di Shangai che relega la nostra prima università, quella di Bologna, al 173° posto mentre l’ateneo di Trieste è al 492° posto (sotto c’è la classifica completa in dieci pagine delle prime 500 università). Insomma un disastro insopportabile tenuto conto che le altre nazioni europee piazzano i loro atenei ben più in alto: la britannica Cambridge è al 5° posto con Oxford al 10°, la piccola Svizzera piazza l’Università di Zurigo al 19° posto, la Francia annovera l’Universita Curie al 35° posto, la Germania ha Heidelberg al 49° e Monaco al 50° posto, ben 120 posizioni più in alto della nostra prima classificata (Bologna). I nostri atenei, nonostante la prosopopea dei nostri docenti, bazzicano il fondo classifica e, tra il 301° e il 400° posto, troviamo addirittura la Normale di Pisa, Milano Bicocca, la Federico II di Napoli, Roma Tor Vergata. Non parliamo delle altre perché c’è veramente  da vergognarsi. In questo contesto non possiamo ignorare le lauree inutili come Scienze politiche, facoltà voluta dal Duce per dare la laurea ai suoi gerarchi che erano in gran parte degli asini. La classifica delle lauree più inutili, nel senso che producono disoccupati più delle altre, rilasciate dalle disastrate università del Bel Paese, secondo un dettagliato rapporto dell’istituto Almalaurea di Bologna, sono Giurisprudenza (24% di disoccupati) e Psicologia (18%); seguono, un po’ più a distanza, Lettere (15%) e Scienze Sociali (14,3%). Le facoltà di Lingue, Scienze della Comunicazione, Scienze Politiche e Arte e Design sono accomunate da un tasso di disoccupazione tra il 12,4% e il 13,1%; chiudono la classifica Filosofia, Agraria e Sociologia, con una percentuale di poco superiore al 10%. In generale, il Rapporto 2013 rileva come la percentuale di laureati che a un anno dal conseguimento del titolo si dichiarano occupati è pari al 55% (-3% rispetto al 2012); la quota di laureati che è alla ricerca attiva di lavoro è salita invece al 31%, mentre il restante 13% di laureati non lavora e non cerca lavoro. È bene ricordare che quasi tutti i funzionari dei nostri enti pubblici sono laureati in sciense politiche o in giurisprudenza.

 

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