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LA FALSA SCIENZA DI “PAPERONE GORE” E DEI CLIMATOLOGI DELL’IPCC

Un lettore del Corriere della Sera la scorsa settimana commentava un articolo sul presunto colpevole silenzio dei “sudditi” della Florida sui cambiamenti climatici, dimenticando un altro fantasioso articolo del Corriere che “spiegava” l’insolito maltempo di questo inverno come bilanciamento della scarsità degli uragani stagionali di altri continenti, e concludeva sconclusionatamente che per porre rimedio (beato lui) ai cambiamenti climatici “è necessario almeno parlarne”. Nessuno che dica che il clima è sempre stato capriccioso (chi ha la mia età dovrebbe dirlo onestamente): la parola d’ordine nel “mondo civilizzato” è che “il 90% degli scienziati (e gli altri?) concorda che è in corso un cambiamento di clima di origine antropica”. L’affermazione è notoriamente senza fondamento scientifico, ma è “imposta” dalle autorità politiche ed economiche, più di tutte quelle europee; non è il caso di prendersela coi cittadini della Florida che “liberamente” non ne parlano. L’ignoranza sul clima ormai trionfa per disposizione dell’ONU e della sua creatura per la disinformazione sul clima: l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), colpevole di tutte le non involontarie cantonate prese negli ultimi 25 anni (un quarto di secolo, e ancora ci credono) dalla cosiddetta “Comunità Scientifica”, che dall’IPCC ha cercato spesso e inutilmente di dissociarsi. È noto che l’IPCC ha manipolato dei dati (riguardanti l’Everest, se non sbaglio, ma non solo) per poter diffondere un certo tipo di risultati (che però non sono stati mai ritirati dalle valutazioni successive perché avrebbero bloccato immediatamente il business e gettato discredito sull’ONU). Il fatto è emerso ufficialmente dopo il conferimento del Nobel al dilettante, ma strapotente, stregone Al Gore ed ai 2000 buontemponi dell’IPCC (che annualmente fanno un paio di congressi senza risultati concreti nelle più rinomate località turistiche mondiali). Apprezzo il pudore dei responsabili del Nobel che hanno scelto di premiarli per la pace (?) e non per le loro inesistenti prodezze scientifiche. Come si sa la scelta del buontempone da far entrare all’IPCC è fatta dall’ONU non sulla base delle benemerenze scientifiche del soggetto, ma secondo uno strano algoritmo che, in pratica, anche se la cosa è più complessa, assegna a ogni Stato una quantità di scienziati direttamente proporzionale al presunto danno ecologico subìto per colpa dei Paesi più industrializzati, in modo da garantire “democraticamente” agli Stati “danneggiati” una maggior protezione contro le soperchierie di quelli “cattivi”. Non è assurdo pensare che gli Stati più poveri abbiano anche una Ricerca Scientifica meno efficiente e che quindi contribuiscano all’IPCC con personaggi che possono arrivare al livello di “sciamano semplice”, che però è l’unico tipo di “scienziato” che hanno, con diritto di voto pari a quello degli altri. Non esiste il “metodo scientifico dell’IPCC” e tanto meno quello “di Buroni”, come credono al Corriere della Sera, ma solo quello Galileiano, che, in parole povere è: “prova e riprova e fa’ in modo di ottenere più o meno il medesimo risultato quando le condizioni al contorno sono più o meno le stesse; dopo di che trasforma tutto in formule matematiche, dalle quali puoi interpolare o estrapolare risultati collegati con la ricerca che stai eseguendo; controlla tali previsioni con il maggior numero possibile di situazioni pratiche corrispondenti, registra risultati e procedimenti e consegna il tutto alla Comunità Scientifica per ulteriori verifiche”. Tutto ciò l’IPCC non lo fa: emette proclami e fa previsioni non confutabili.
Vado chiedendo invano da anni che cosa significhi “temperatura del globo” e quali siano i metodi, oggi e un secolo e mezzo fa, per misurarla. Su Internet ho trovato una sola cartina presentata dal vecchio colonnello Giuliacci. Una sola volta mi è stato risposto dall’ENEA: “Abbiamo tutti risultati attendibili, misurati con strumenti di alta precisione, sia oggi, sia un secolo e mezzo fa”. Ma questa non è la risposta alla mia domanda perché i punti di misurazione della temperatura e degli altri parametri climatici oggi dovrebbero essere migliaia di volte più numerosi rispetto a un secolo e mezzo fa, per cui resto stupito del fatto che sia già molto se parliamo oggi di un raddoppio dei punti e luoghi di misura (e delle misure fatte dai satelliti stranamente non si sente mai parlare, ma devono certamente esistere da qualche parte, e sono certo più sofisticate di quelle delle boe e delle centraline terrestri). Il mare, che è tre volte più vasto delle terre emerse e più profondo di quanto è alto l’Everest, è monitorato, non diversamente da 150 anni fa, solo vicino alle coste. Idem per le aree desertiche e per i grandi gruppi montuosi. “Meglio così – dirà qualcuno – così i confronti sono più omogenei”. Ma non sappiamo niente, oggi quanto ieri, delle oscillazioni termiche (e comunque chimico-fisiche) che si verificano in alto mare in occasione di eruzioni vulcaniche, anche sottomarine, e di terremoti. Non s’è mai sentito parlare dall’IPCC di salinità dell’acqua che forma i ghiacci polari e i ghiacciai dei monti (perchè il popolo sa che a far scomparire il ghiaccio dove dà fastidio bastano poche manciate di sale, anche da cucina). “Eppure l’IPCC decreta la scomparsa dei ghiacci, dimenticando che quelli dell’Antartide, che pure è sovrastata dal buco nell’ozono che lascia passare i caldissimi raggi ultravioletti, continuano ad ispessirsi,” e presenta rapporti sul riscaldamento lungo i secoli (almeno 4000) che pretendono essere precisi al decimo di grado! Facendo così estrapolazioni che, senza sollevare scandalo nella popolazione succuba, inebetita e ignorante, vanno dai 2 ai 30 gradi in più nei prossimi 50 anni (e gli “scienziati” tedeschi, come dico in altro articolo sull’eclissi solare del 20 marzo prossimo, non sanno valutare gli effetti di una piccola eclissi di sole della durata di due ore sul loro sistema di celle fotovoltaiche). E potrei andare avanti a dimostrare le lacune del “metodo scientifico IPCC”, qualunque esso sia, o come chiamarlo si voglia. Agli scienziati politicamente indipendenti i risultati dell’IPCC non importano nulla, agli scienziati veri vengono i brividi sentendo le loro scempiaggini.
Gli unici scienziati peggiori di quelli politicizzati (IPCC) sono quelli superstiziosi, e ce ne sono molti, una buona parte anche all’IPCC.
E mi chiedo anche perché mi devo spremere le meningi riscrivendo tutto ciò, quando è sotto gli occhi di tutti il fallimento del Protocollo di Kyoto, unico prodotto concreto e veramente catastrofico dei 2000 sbafatori a ufo in un quarto di secolo.
Ho fatto a lungo il ricercatore e so come far risultare ciò che certe autorità hanno deciso di far risultare per incassare i soldi messi a disposizione da chi quei risultati ha commissionato per ottenere 100 volte i soldi che ha messo a disposizione.
In sostanza l’IPCC è una mandria di bufale e non di scienziati anche se in pochi hanno il coraggio di pronunciarsi contro le politiche ambientali ed energetiche dell’ONU. In due parole gli ordini dell’Europa e quindi della sua “serva Italia” sono: “Dobbiamo adottare un mix energetico che sia conveniente dal punto di vista economico e ecologico”. Sono belle parole, ma inutili: un tale mix non esiste e si deve prendere una posizione, anche se l’Italia avrebbe dovuto prenderla almeno 30 anni fa e impiegherà un secolo e migliaia di miliardi per recuperare il tempo perduto.
E tutto ciò nasce dal fatto che alcuni pensano che i 2000 dell’IPCC siano “scienziati” e capaci di dettare un “metodo scientifico”: fra non molto ci obbligheranno a fare la danza della pioggia, guidati dalla Merkel.

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