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È LA CULTURA DI UN POPOLO LA CAUSA DEGLI OMICIDI E NON IL POSSESSO DELLE ARMI

Dopo che in Sicilia, in Sardegna e nel Meridione sono crollati ponti nella cui costruzione si era rubato più del dovuto, la televisione italiana è venuta gentilmente a spiegare che la colpa è dell’acqua che, evidentemente, cattiva e disonesta per natura e nemica degli onesti politici italiani, ne aveva eroso artatamente le fondamenta. Dopo gli omicidi al Tribunale di Milano, alcune senatrici si sono affrettate a chiedere più controlli sulle armi e sui proiettili. E questo è un rito che in Italia si ripete ogni qualvolta qualcuno commette un delitto con un’arma denunciata. Nella realtà i fatti di sangue commessi con armi denunciate sono una minoranza. Con tutte le guerre e le guerriglie ai nostri confini il contrabbando delle armi in Italia è  un fatto “normale”, come quello delle sigarette o degli stupefacenti. Anzi, l’Italia è l’unico paese al mondo in cui l’arma clandestina illegale costa molto meno di quelle vendute con il permesso. Nella settimana seguente ai fatti di Milano, ad Alessandria un ex poliziotto ha ammazzato due donne, un altro signore a Pordenone ha fatto a pezzi con la scure la moglie e accoltellata la figlia, mentre un terzo ha sterminato la famiglia strozzandola e poi si è dato fuoco. Arrivati a questo punto cosa facciamo? Regolamentiamo, oltre quello delle armi,  anche l’uso delle scuri, dei coltelli e quello anomalo delle mani e della benzina? Limitare in modo drastico il proliferare delle armi non è mai servito a ridurre il numero dei fatti di sangue. A dirlo con la massima autorevolezza possibile è nientemeno che Cesare Beccaria, il quale nella sua opera immortale “Dei delitti e delle pene”, scrisse: “Le leggi che proibiscono di portare le armi peggiorano la condizione degli assaliti maggiorando quella degli assalitori, non riducono gli omicidi ma li accrescono perchè è maggiore la confidenza nell’assalire i disarmati che gli armati”. Con questo non vogliamo assolutamente sminuire il problema del ripetersi degli omicidi nè sottovalutiamo gli sforzi che andrebbero fatti a riguardo. Per giungere a questo scopo  è indispensabile elevare la civiltà, il livello culturale di una nazione. E ad Alessandria, città un tempo con una solida tradizione di civiltà, ne abbiamo la prova. Tra il 25 ed il 28 aprile 1945 tra Alessandria e Valenza fu disarmata l’armata Liguria che si stava ritirando comprendente la divisione San Marco, la Monte Rosa più i presidi portuali tedeschi da Savona al confine francese. Ad Alessandria esistevano poi grandissimi depositi di armi civili nella Cittadella (erano state sequestrate o riconsegnate se ne era vietato il possesso). Come se non bastasse a Tortona si arrese la divisione Italia più tutte le truppe tedesche di presidio del porto di Genova nonchè del fronte fermo subito dopo Massa Carrara. In altre parole, Alessandria fu letteralmente coperta di armi. Si vedevano ragazzini giocare coi mitra, mentre il Tanaro era tutta un’esplosione provocata da chi andava a pescare con le bombe a tempo. Finiti i regolamenti dei conti di tipo politico, avvenuti nei primi giorni dopo la Liberazione, nessuno per motivi personali sparò addosso al vicino nè vi fu una crescita abnorme di rapine a mano armata. E benchè tutti possedessero armi e ci fosse ancora una gran miseria con tutte le conseguenze lasciate dalla  guerra, come la situazione si stabilizzò, Alessandria fu sempre una città in cui si poteva circolare di giorno e di notte senza rischi di alcun genere. Un discorso analogo si potrebbe anche fare per la Svizzera in cui i cittadini, dopo un brevissimo servizio militare, si portano a casa il fucile con annesse munizioni e anche lì nessuno lo usa per sparare al vicino o rapinare le banche. Facciamo questo discorso poichè non vorremmo che dopo la solita legge restrittiva sull’uso delle armi, qualche citrullo si illudesse di avere risolto il problema. Purtroppo la strada a riguardo è ancora lunga, molto lunga e probabilmente non basterà  una sola generazione a risolvere l’attuale situazione di degrado in cui è stata ridotta l’Italia dopo anni  di primordiali culture mafiose lasciate crescere e proliferare fino a condizionare l’intera penisola.

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