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BREVE VIAGGIO NELLA FOLLIA E NEL MALGOVERNO ALESSANDRINO

PARTE TERZA: LE PANZANE MANDROGNE E LA CITTÀ MALEDETTA –

Quando i nostri antenati decisero di mettere per iscritto la storia di Alessandria, per avarizia o per necessità, diedero l’incarico, secondo l’uso dei tempi, ad un chierico di passaggio di cui si è perso il nome. Poichè la mercede era poca non presero sicuramente un “letterato” di gran fama, come Pietro l’Aretino che scriveva bene ed aveva fantasia, ma costava caro, a cui dobbiamo le vite ed i miracoli di moltissimi santi italiani. Il furbo scriba alessandrino, sicuramente fidando sull’ignoranza dei committenti, copiò alla lettera la storia della lontana Berlino avendo solo l’accuratezza di sostituire il nome del fiume Tanaro a quello della Sprea. E così il santo protettore di Alessandria è san Giorgio, ovviamente intento ad uccidere un povero  drago che non c’entrava nulla, l’animale totemico, simbolo cittadino fu l’orso e, come giunta, tanto per dare una spolverata di gloria, vi aggiunse anche la storia dell’assedio della città con Gagliaudo, la sua mucca, gli alessandrini che soffrivano la fame e l’annessa furbizia contadina che permette di sopperire all’insufficienza delle armi. Anche in questo caso non fece molta fatica. In Italia le città che hanno una storia identica alla nostra sono 36 con una sola differenza: lo sventurato animale destinato ad essere sventrato per fare vedere che era alimentato con grano era di volta in volta una mucca, un asino, un cavallo e persino delle oche o delle anitre, a seconda della fantasia del momento. Federico Barbarossa, che era un grandissimo imperatore, viaggiava con due storici al seguito i quali, sicuramente propendevano per il partito imperiale, ma favolette per sudditi citrulli non ne scrivevano e dicevano come stavano le cose. Poichè dalle nebbie del Medio Evo siamo emersi da tempo, sarebbe opportuno si cominciasse a scrivere la Storia autentica della città. Il farlo potrebbe aiutare la nostra classe di potere a capire che la furbizia è l’arte dei miserabili (Grecia insegna) ed alla distanza il gestire il potere con l’inganno e la menzogna rende poco. Gli errori commessi nella gestione di Alessandria in questi ultimi decenni sono talmente grossolani ed evidenti che non possiamo credere che nessuno se ne sia accorto e siano stati commessi in buona fede. Poichè conosciamo bene l’orrida progenie dei giornalisti, facendone parte, neanche sotto tortura qualcuno potrebbe convincerci che essi credevano davvero ciò che scrivevano e le tesi diffuse a piene mani non erano state stimolate da rapporti con la proprietà. Ad esempio, è impossibile che nessuno si sia accorto che Alessandria ha una struttura a “città satellite” con un nucleo centrale e ben 17 sobborghi. Non per niente abbiamo il più alto consumo pro-capite di benzina d’Italia. E non potrebbe essere diversamente a meno di finire nella paralisi sociale ed economica. Il fatto che i nostri parcheggi sono più cari di quelli di Montecarlo diviene una vera e propria estorsione. Non è poi possibile che nessuno degli occhiuti giornalisti si sia accorto che i nostri asfalti durano sei mesi mentre oltre le Alpi, ove oltretutto nevica moltissimo, durano 15-20 anni e le piastrelle “che assorbivano le polveri” intorno alla chiesa di via Alessandro III erano una menzogna idiota, assolutamente non credibile. Ugualmente è impossibile non rendersi conto che gli ultimi piani regolatori, che prevedevano una città di ben 360.000 abitanti, erano in realtà dei “non” piani regolatori, ottenuti, all’uso del profondo sud mafioso, assemblando insieme brutalmente i desiderata di “questo e di quello” senza minimamente preoccuparsi delle follie urbanistiche che ne sarebbero derivate. Anche una scimmia si sarebbe poi accorta dei giochetti avvenuti ogni qualvolta cambiavano i partiti al potere con un turnover dei cassonetti dell’immondizia e di pullman comprati usati, in realtà da demolire. Per il Piano regolatore il gioco è invece questo: si prende un’area periferica a basso costo e dopo che gli amici, e gli amici degli amici, hanno comperato a basso prezzo tutto l’acquistabile si indirizza in quel luogo l’intero sviluppo della città. Prima l’hanno fatto verso porta Genova e l’area di Alessandria 2000, poi al Cristo, infine attorno alla Cittadella e al costruendo ponte Meier. Sono giochetti che costano miliardi all’ente pubblico e dietro ad ogni trasferimento si lasciano i capannoni vuoti dell’invenduto e dell’inutilizzato come avvenuto in fondo al Cristo. Ugualmente vale la storia dei supermarket che si sono moltiplicati all’infinito, ognuno localizzato nelle novelle aree di sviluppo cittadino. Il risultato è uno solo: ce n’è un numero sproporzionato alle esigenze locali e se continua così cominceranno a licenziare e a ridurre. Per gonfiare una domanda, che in realtà era assai scarsa, si sono lasciati in totale abbandono edifici storico-militari che se ben utilizzati, con raziocinio e capacità, come sempre avvenuto all’estero, avrebbero potuto essere delle autentiche miniere d’oro. In compenso si è fatto di peggio. L’unica struttura militare utilizzata è stata Forte Acqui, trasformato in un accampamento di zingari lasciati impunemente rubare il rame ed il bronzo dei cimiteri dell’intera provincia e persino i fili della corrente delle ferrovie. Contro gli zingari si sarebbe intervenuto in gran silenzio dopo che un paio di essi rimasero fulminati all’interno di cabine di trasmissione elettrica che stavano derubando. E avanti così, senza contare le piazze rovinate con ornamenti demenziali di pessimo gusto, i viali ed i giardini abbandonati al loro destino o stupidamente recintati per dare qualche lavoro ai soliti architetti ben raccomandati. Per non parlare poi dei bellissimi ponti ottocenteschi sostituiti con orrendi e fragili prefabbricati. È una città che fa stringere il cuore e di cui non si vede un futuro accettabile. FINE.

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