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A LEZIONE DAI VALDESI

di Andrea Guenna – Non è possibile rispondere di un misfatto commesso da altri. È un principio elementare e universale. Lo sancisce il diritto penale da sempre laddove stabilisce che la responsabilità penale è personale. Ma se non ci fosse il diritto, ci soccorrerebbe la coscienza che rimorde chi ha peccato e non invece chi peccato non ha. Ma i papi continuano a chiedere scusa per i crimini della Chiesa nei secoli, peraltro crimini che loro, oggi, non hanno commesso. Ne ricordo alcuni: nel 782 4.550 sassoni furono decapitati su ordine di Carlo Magno per aver rifiutato il battesimo cattolico; nel 1096 800 ebrei furono massacrati dai cattolici a Worms in Germania ed altri 700 ebrei a Magonza; nel 1191 2.700 prigionieri di guerra musulmani decapitati dai cristiani in Palestina; nel 1208 20.000 catari uccisi dai crociati a Beziers in Francia; nel 1219 altri 5.000 catari sterminati a Marmande, sempre in Francia; nel 1391 4.000 ebrei furono trucidati dai cattolici a Siviglia in Spagna. Non bisogna dimenticare i processi della Santa Inquisizione (ancora oggi esistente col nome di Congregazione per la Dottrina della Fede) in Europa (soprattutto in Spagna) tra il XIV ed il XVII secolo per cui si calcola che centinaia di “eretici” siano stati arsi vivi (compresi i templari), condannati in base a confessioni estorte con le torture più atroci. Non parliamo poi delle stragi compiute dai cristiani spagnoli e portoghesi ai danni delle popolazioni indigene dell’America del Sud tra il  XVI ed il XVII secolo. I responsabili di questi crimini sono morti e non possono più chiedere scusa a nessuno. Tanto meno i vivi lo possono fare al loro posto in quanto il pentimento che merita il perdono è una conversione personale, sincera e intima, che può provare solo chi ha peccato e non altri. Che senso ha dunque chiedere scusa per conto terzi? Qui il perdono non vale e il crimine resta quello che è. Al massimo si può esprimere l’espressione di un profondo disagio e promettere che d’ora in poi certe cose, nell’ambito della Chiesa Cattolica, non succederanno mai più. Quando papa Francesco ha chiesto scusa ai Valdesi per le persecuzioni di quattro secoli fa nei loro confronti ad opera della Chiesa, i Valdesi hanno respinto al mittente la sua richiesta: No, caro Papa, siamo commossi ma non possiamo perdonare al posto di altri, perché non siamo noi ad avere subito le violenze, sono i nostri antenati. Al massimo possiamo iniziare con Lei e la Sua Chiesa una storia nuova.
Perfetto, è una risposta impeccabile, una lezione di stile e di coerenza venuta due mesi dopo lo storico incontro torinese tra il pontefice e i valdesi per la prima volta insieme in un loro tempio. La risposta è data alla richiesta di perdono avanzata da Francesco il 22 giugno scorso agli evangelici metodisti “per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi”. Ciò non toglie che chi ha autorizzato i massacri resti Papa nella storia della Chiesa, non cambia niente e la richiesta di perdono non vale niente e, anzi, appare come pura ipocrisia. I Valdesi, che non sono né stupidi né ipocriti, hanno dato una bella lezioncina di stile e di morale al Papa. Dal Sinodo Valdese in corso a Torre Pellice i 180 padri sinodali scrivono di avere ricevuto “con profondo rispetto, e non senza commozione, la richiesta di perdono” però “questa nuova situazione non ci autorizza a sostituirci a quanti hanno pagato col sangue o con altri patimenti la loro testimonianza alla fede evangelica e perdonare al posto loro”. Tuttavia i Valdesi scrivono anche di voler lavorare per una “testimonianza comune al nostro comune Signore”. 
Ma questa è un’altra storia. Una storia nuova che guarda avanti anche se non cancella le colpe del passato, che nessuno ormai può più cancellare e nessuno, tranne il Signore, può perdonare i colpevoli.

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