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LA TRAPPOLA DEL PONTE MEIER

In questa Italia abituata a tempi biblici, non possiamo che congratularci con il direttore generale del Ministero dei beni e delle attività culturali, architetto Francesco Scoppola, per la sollecitudine con cui ha risposto alla denuncia riguardante la Cittadella di Alessandria presentata da Andrea Guenna, direttore di Alessandria Oggi. Nella sua lettera, assai civile e corretta, l’architetto Scoppola riconosce alla Cittadella di Alessandria il suo ruolo storico e per questo “invita la Sovrintendenza (…) a valutare l’impatto dei lavori per la realizzazione del ponte Meier sulla Cittadella e se gli interventi risultino pienamente compatibili con la tutela del bene”. Corretta ed indispensabile iniziativa che sarebbe solo da applaudire se non ci fosse un problema temporale. Il ponte Meier è già stato costruito ed è oggi in fase di montaggio. 
(Clicca e leggi l’esposto di Guenna: http://www.alessandriaoggi.info/index.php?option=com_k2&view=item&id=2739:la-cittadella-e-salva&Itemid=102).
Per legge le valutazioni di impatto ambientale in tutti i paesi del mondo, dall’Uganda alla Svezia passando per Tokio, di qualsiasi orientamento politico, devono essere fatte prima e non dopo la costruzione di un manufatto, a meno che si dia per scontato che il parere sarà in ogni caso positivo. Ma in questo modo la valutazione diventa solo un esercizio di italica retorica e di dispendiosa burocrazia. Siamo infatti curiosi di sapere come ci si dovrebbe comportare nel caso in cui la valutazione di impatto ambientale avesse parere negativo. Cosa assai probabile per un manufatto come il ponte Meier, un banale ponte ad arco come ce ne sono migliaia al mondo, che contrasta in modo stridente con la celebre Cittadella alessandrina di scuola settecentesca, che riprende un progetto Vauban, sommo architetto del re Sole, rivisitato dal Bertola ed in pratica aggiornato all’inizio del 1800 da Chasseloup, massimo architetto napoleonico. Per il restante sistema di forti alessandrini (Ferrovia, Acqui e Bormida) sarà ugualmente assai difficile sostenerne la compatibilità con una città civile, visto che uno è stato per anni occupato abusivamente dagli zingari e l’altro è tuttora utilizzato, sempre abusivamente, da drogati. Ambedue, a nostro giudizio, non costituiscono il meglio per la conservazione dei beni storici della città. A completare l’autolesionistica opera di abbandono, Forte Acqui è passato recentemente alla Caritas che, non dimentichiamolo, è un’associazione privata di assistenza alle frange marginali della società che ne ha ricavato orti da dare in concessione ai meno abbienti. E così finalmente anche Alessandria avrà la sua favela come le più invivibili città sudamericane. Sino ad oggi l’unico ad avere dimostrato un reale interesse per la Cittadella, come risulta dalla lettura dei principali quotidiani della città, è Michele Caridi, l’assai conosciuto fratello di Giuseppe, ex consigliere comunale arrestato nell’ambito dell’operazione Maglio contro la ‘Ndrangheta nel Basso Piemonte. Ora il Comune ha deciso di spendere quasi un milione di euro per illuminare il perimetro esterno della Cittadella, l’80% del quale dà su spopolati campi di granoturco o è coperto dalle mura di capannoni commerciali. E chi ha vinto l’appalto? Ma guarda un po’ che combinazione! L’ha vinto il solito Caridi facendo indignare l’intera cittadinanza, compresi gli schieramenti più moderati ed accomodanti. Recentemente SEL ha ripreso la proposta avanzata da questo quotidiano, chiedendo di utilizzare quei soldi, chiaramente sprecati, per riparare i tetti della Cittadella, in gran parte crollati. Ci sono poi altri 50.000 euro, donati dal FAI dopo che la Cittadella ha vinto il concorso “Il luogo del cuore”, al preciso scopo di estirpare le piante di ailanto che ne stanno lesionando i tetti e le mura. Soldi assolutamente inutilizzati con motivazioni del tutto incredibili e prive di alcuna scientificità, ma aventi lo scopo inconfessabile di lesionare ulteriormente le strutture della Cittadella favorendone la futura demolizione.
E ciò che abbiamo descritto nonostante tutto è ancora la parte migliore di ciò che sta avvenendo in conseguenza della costruzione del ponte Meier. E qui, un’altra volta, si sconfina nell’irrazionale e nell’agire senza una spiegazione logica. Ad esempio non si capisce il perché, ma probabilmente si tratta di errori di un progetto già rifatto per ben tre volte, la parte calpestabile del Meier risulti più alta di quasi tre metri rispetto all’attuale livello stradale. Per questo non si sa come raccordarlo con le sue strade di accesso. Non sapendo più dove sbattere la testa hanno persino costruito un muro a fianco del corso del Tanaro in attesa di miracolose soluzioni. Se l’Italia fosse un paese serio la cosa più ragionevole sarebbe abbattere il Meier e ricostruire il vecchio ponte illecitamente abbattuto. Il tutto chiaramente a spese di chi fin dall’inizio ha gestito l’intera operazione trascinando nell’avventura partiti e strumenti di informazione, attirati come le api dal miele, con il risultato di fare fallire il Comune, dopo avere speso 30 milioni di euro.
Arrivati a questo punto anche noi siamo curiosi di sapere come andrà a finire questa demenziale vicenda, frutto di ignoranza, voracità, incompetenza e sottogoverno politico, che da un ventennio condiziona in modo negativo i destini e l’economia di Alessandria. Speriamo che questa turpe avventura serva almeno da lezione.

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