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CITTADELLA: COME I LUPI SONO DIVENTATI AGNELLI

Alessandria – Dopo l’annuncio dei 25 milioni destinati alla Cittadella, che vanno ad aggiungersi ai 9 della Regione Piemonte, si respira un’atmosfera che ci ricorda da vicino quella del 26 Aprile 1945, in cui non c’era più nessun fascista, ma tutti avevano partecipato alla Resistenza salvando l’Italia da un destino iniquo. L’intera storia della Cittadella di Alessandria, che va sottobraccio a quella del ponte Meier, è purtroppo la storia del fallimento dell’intera classe di potere alessandrina che ha coinvolto in uno stesso deprecabile destino destra, sinistra e centro. E questo lo diciamo con amarezza poiché Alessandria è la nostra città e nonostante tutto le vogliamo bene. Il fatto che tutti i partiti, non solo non abbiano capito il valore urbanistico, economico e culturale della Cittadella, ma si siano fatti coinvolgere come analfabeti nel giochetto miracolistico del ponte Meier, ponte che è stato progettato e riprogettato per ben tre volte, è indice del bassissimo livello della nostra classe dirigente, qualsiasi sia la sua appartenenza politica. Ora gli stessi che, fino a quando il potere sulla Cittadella era del Comune non hanno alzato un dito, si sentono in dovere di rientrare nel gioco con le più inopinate proposte. Visto i precedenti, ci auguriamo che il “che fare” sul futuro della Cittadella, venga tolto dalle mani degli alessandrini e dato ad esempio agli ottimi architetti che hanno risistemato gli edifici di valore della città di Torino. Il futuro della Cittadella non potrà certo essere, come proposto dalla Fondazione Cral ,quello di ospitare, come si sono affrettati a far pubblicare sulla Stampa, fabbri, falegnami, ebanisti e liutai. Questa è una concezione medioevale dell’ economia di una città. Mancano solo alcune stalle per i cavalli in grado di sostituire le deprecate automobili e poi il quadro è perfetto. Ci si chiede inoltre quale tradizione abbia Alessandria in fatto di liutai. Per chi non lo sapesse il liutaio è chi costruisce violini, violoncelli, mandolini ed affini. Altri ne vorrebbero fare residenze universitarie. Il tutto ovviamente senza avere la minima idea di qual è la domanda di settore. La nostra Università, checché ne dicano i suoi gestori, non ha certo la forza attrattiva di quella di Pavia, Torino e Milano. Il vero rischio, se il gioco rimane nelle mani degli alessandrini, è che si perpetui un noto vezzo locale, proprio dei nostri musei che, una volta costruiti anziché farli “vivere” con attività culturali di vario genere, sono serenamente chiusi poco dopo l’inaugurazione, vedi il Museo di Marengo, la Pinacoteca, il Museo delle Scienze, la piccola raccolta archeologica, ecc. Se realmente fosse andato avanti il progetto iniziale sulla Cittadella, quello dovuto all’ingegnere Calorio che annunciava la necessità di rendere edificabile la sua intera area ricostruendo il sobborgo di Borgoglio, ci troveremmo oggi in una città che perde popolazione con nuove costruzioni assolutamente invendibili per una superficie pari all’incirca ad un terzo del centro storico. Quel che stupisce, se ad Alessandria ci si può ancora stupire, è che nessuno, Assessore alla cultura e Assessore all’ urbanistica in testa, prima di parlare a vanvera si sia mai preoccupato di andare a vedere all’estero come sono state utilizzate costruzioni similari, sebbene molto meno belle della nostra Cittadella (nella foto, la cittadella settecentesca francese di Neuf-Brisach, in Alsazia, perfettamente conservata). In ogni caso un dato è certo. In nessun paese del mondo grandi strutture con enormi spazi sono state utilizzate come case degli studenti o parodie di città medioevali. Dopo quanto è capitato, il non aver capito il potenziale valore della Cittadella ed all’opposto essersi consumati le mani ad applaudire un banalissimo ponte ad arco, ci ha già coperti di ridicolo in tutta l’Italia. Non ci sembra il caso di proseguire sulla stessa linea.

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