Press "Enter" to skip to content

IL FUTURO DELLA CITTADELLA, OVVERO QUANDO SI CORRE IL RISCHIO DI METTERE DRACULA A DIRIGERE L’AVIS

Era facile prevedere che l’arrivo dei 34 milioni per il restauro ed il riutilizzo della Cittadella suscitasse desideri più o meno verecondi. Personalmente sarei già assai contento se anche in questa vicenda  non mettessero Dracula a dirigere l’AVIS. È questa un’occasione unica ed irripetibile per la città di Alessandria che sarebbe criminale sprecare, come del resto è avvenuto per i soldi dell’alluvione del ‘94 finiti, per l’economia della città,  praticamente nel nulla. Certo che, se ci rifacciamo ai recuperi ed ai restauri effettuati in questi ultimi decenni, le prospettive non sono confortanti. Anche quando si è chiamato un bravissimo architetto di gran nome, come De Carlo, incaricato di restaurare l’ex convento-scuola dei Gesuiti di piazza Santo Stefano, che in pratica era una struttura universitaria già pronta per l’uso, la sua opera, assai valida, fu invece sprecata dal sindaco Calvo che la adibì ad abitazione di senza tetto. Quello di confondere l’assistenza con la cultura e l’economia è del resto un vecchio vezzo alessandrino le cui radici si perdono nella notte del Medio Evo quando le elemosine sostituivano i moderni interventi sociali.

IL TRISTE PRECEDENTE DI FORTE ACQUI
Un esempio assai significativo lo abbiamo nelle recenti vicende di Forte Acqui, una fortificazione risorgimentale di 10 ettari nel sobborgo Cristo passata sotto il controllo comunale quando era ancora in ottimo stato di conservazione. Il Comune, prima l’abbandonò per anni al suo destino permettendo che divenisse ricettacolo di popolazioni marginali, poi, quando  decise di intervenire, lasciò che cinque ettari fossero occupati abusivamente da un signore che allevava cavalli (è lo stesso signore, evidentemente molto ben ammanigliato, che prima aveva occupato una strada degli Orti trasformandola in stalla senza che nessuno dicesse niente). Gli altri cinque ettari furono invece utilizzati per tenere il cane antidroga dei Vigili urbani con uno spreco di spazio neanche riscontrabile per il cane di Luigi XIV, il re Sole. Ma le vicende dello sfortunato Forte Acqui non finiscono qui. Sotto la spinta dei Signori dell’assistenza lo si adibì ad accampamento di zingari. I risultati, o li abbiamo visti tutti o, quantomeno, li abbiamo letti su tutti gli strumenti di informazioni locali. Gli zingari, bontà loro, hanno rubato impuniti rame, bronzo ed ottone in tutti i cimiteri della provincia e due di loro sono rimasti fulminati durante un tentativo di furto dei fili di alimentazione elettrica dei treni.

NOVE FORTIFICAZIONI
Dopo queste vicende si è deciso di assegnare i dieci ettari, con annesse nove fortificazioni ciascuna di 192 metri calpestabili, ad altri meno abbienti di recente arrivo perché li trasformassero in orti. Mi permetto di fare notare come il dare pezzi di terreno marginale ai meno abbienti possa solo garantire loro una vita da miserabili senza nessuna possibilità di futura emancipazione. Inoltre la presenza delle già citate nove fortificazioni può facilmente trasformarsi in un polo di attrazione per altre popolazioni marginali. Nella città moderna di tipo europeo, quando si decide di intervenire, ai meno abbienti viene dato un lavoro dignitoso, svolgendo servizi utili ai cittadini e permettendo loro una vita normale e l’inserimento nella società.

LAVICENDA DELL’AILANTO
Un altro caso assai significativo è la donazione di 50 000 euro da parte del FAI per togliere l’ailanto che per incuria ha proliferato sui tetti e sulle facciate della Cittadella. A questi si aggiunsero sei carcerati disposti a lavorare gratis. L’ unico risultato ottenuto fu una paralisi totale causata dal non essere riusciti a spartire questi denari in quanto il veto dell’uno, con una scusa o con un’altra, si scontrava col veto degli altri. E così l’ailanto ha continuato a proliferare e non si è nemmeno riusciti a estirpare il boschetto di questa essenza in uno dei piazzali della Cittadella.  Anche le prime proposte venute dai politici sul futuro utilizzo della Cittadella non sono per nulla confortanti.

LE CIFRE DI FABBIO E ALTRE BIZZARRÌE
A cominciare dalla proposta dell’ex sindaco Fabbio che ha stimato in 800 milioni di euro il minimo indispensabile per iniziare il restauro della Cittadella. Peccato solo un fatto: prima di stabilire il costo di un restauro è indispensabile sapere che cosa se ne vuole fare. Il costo degli interventi su una cattedrale gotica è di gran lunga superiore a quelli su un campo di calcio o una scuola. Ancora più deprecabili sarebbero vecchie proposte di utilizzo della Cittadella, come quelle venute dalla Provincia e fatte proprie dal Magispo  che volevano trasformare la maestosa Porta Reale in un deposito di mezzi da cantiere. Ugualmente delirante, ma purtroppo attuata, l’idea di rialzare la parte calpestabile del ponte Meier di due metri rispetto alle strade di accesso.  Da non prendersi poi in considerazione la moltiplicazione “spontanea” di bar e strutture commerciali avvenuta in Cittadella senza permessi di nessun tipo e di nessun genere in questi ultimissimi tempi.  Ciò che si deduce da tutta una serie di altre proposte, che non stiamo ad elencare per la loro bizzarrìa, venute da associazioni o da singole persone, è che gli autori delle stesse non conoscono assolutamente la Cittadella, nè come superficie, nè come strutture edificate.

Pare si sia dimenticato che la Cittadella è nata come una fortificazione. I suoi muri sono spessi più di tre metri ed aprirvi una porta equivale a scavare una galleria. Lo stesso vale per le finestre che sono scarse e le più piccole possibile poiché in caso di assedio venivano chiuse con cassoni pieni di terra. Lo stesso vale per la parte di casermaggio. La guarnigione veniva tenuta in cameroni giganteschi assolutamente senza finestre che, per di più, in caso di necessità erano soppalcati con travi, raddoppiandone la capienza. E avanti così con tutti gli altri servizi.

More from Dentro la notiziaMore posts in Dentro la notizia »

Be First to Comment

    Lascia un commento