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ECCO PERCHÉ IL DIO DEGLI EBREI NON È QUELLO DEI CRISTIANI

di Andrea Guenna (seconda puntata – tratto dal mio nuovo libro sui Templari che uscirà entro il 2016; per leggere la prima puntata cliccare qui http://www.alessandriaoggi.info/index.php?option=com_k2&view=item&id=4114:ecco-perche-il-dio-degli-ebrei-non-e-quello-dei-cristiani&Itemid=108) – Nel Vecchio Testamento Yahweh è descritto come un essere in carne ed ossa che dimorava insieme agli adam (sumeri-ebrei), prima nell’Eden, poi nel deserto durante la fuga dall’Egitto e poi nel Tempio costruito da Salomone. Addirittura, nel Vecchio Testamento si legge che  “il dio degli ebrei” era vivo e mangiava tutti i giorni, pretendendo che fossero i sacerdoti, cioè i suoi camerieri, a toccare il cibo che gli portavano.
Testo Masoretico: “Yahweh disse a Mosè: devi dire ad Aronne che nessuno della tua discendenza che sia portatore di un difetto dovrà mai portare il nutrimento a me… né un cieco, né uno zoppo, né uno che abbia una qualche mutilazione o malformazione, né uno che abbia difetti ai piedi o alle mani, né un gobbo, né un nano, né uno che abbia una malattia agli occhi o sia affetto da scabbia o da piaghe purulente o uno che abbia i testicoli ammaccati… chi ha un difetto non si avvicini all’altare” (Lev.: 21; 17).
Testo Della Cei: “Il Signore disse a Mosè: Parla ad Aronne e digli: nelle generazioni future nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio… né il cieco, né lo zoppo, né chi abbia il viso deforme per difetto o per eccesso, né chi abbia una frattura al piede o alla mano, né un gobbo, né un nano, né chi abbia una macchia nell’occhio o la scabbia o piaghe purulente o sia eunuco. Ha un difetto:… non potrà … accostarsi all’altare” (Levitico: 21; 17).
Ecco che il vero Dio, l’Onnipotente, il Principio, il Logos, ha sentito la necessità di farsi uomo e venire sulla Terra per curare l’umanità malata a causa di quel grande difetto di fabbricazione dovuto all’inettitudine degli Elohim, un difetto di fabbricazione che noi chiamiamo peccato originale di cui non siamo responsabili. Per i cristiani Dio, l’Onnipotente, il Principio, il Logos, è venuto sulla Terra nella persona di Gesù, consapevole che avrebbe avuto contro gli stessi Elohim che, come si legge nel Vecchio Testamento, sono dominati dalle passioni, e che prima o poi lo avrebbero eliminato. Quegli Elohim che non volevano Gesù fra i piedi li conosciamo bene perché sono gli dei citati sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento (Deut. 10, 17; Salmo 82, 1; Salmo 95, 3; Salmo 50, 1; Ester 4, 17 r; Esodo 15, 11; Deut. 10, 17; Dan. 2, 47;  Cron. 2/ 2, 4; Salmo 86, 8; Deut. 32, 12; Deut. 32, 16), dei che la stessa religione cristiana riconosce e ammette, come afferma San Paolo: “E in realtà, anche se vi sono cosiddetti dei sia nel cielo che sulla terra, e difatti ci sono molti dei e molti signori, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” (Lettera ai Corinzi 1; 8: 5,6).
Si tratta di dei fallibili al punto che lo stesso Yahweh riconosce il suo sbaglio, naturalmente a danno nostro, laddove si legge nel Vecchio Testamento: “E il Signore (Yahweh, n.d.a.) si pentì di aver fatto l’uomo sulla Terra e se ne addolorò in cuor suo. Il Signore disse: Sterminerò dalla Terra l’uomo che ho creato (fatto, n.d.a.): con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito d’averli fatti” (Genesi: 6; 6). Sì è comportato come lo scrittore che, non contento del suo lavoro, butta via il manoscritto, o il pittore che brucia la tela dipinta male, o lo scienziato che getta gli appunti e le formule per riscriverli. Quindi non poteva essere l’Onnipotente e l’Onnisciente perché ha sbagliato a fabbricarci, come ammette lui stesso nel passo appena letto e, per questo ci ha distrutto. Ha salvato solo Noè col quale parlava, così come avrebbe parlato in tempi diversi con Mosè, con Abramo e altri ai quali non si presentava mai come l’Onnipotente per il semplice fatto che era solo un demiurgo che non si manifestava con prodigi finalizzati a stupire ma soprattutto ad uccidere, o far uccidere, chiunque osasse contravvenire ai suoi comandi.
Ecco allora spiegato quanto scrive San Giovanni (Bibbia CEI): “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (San Giovanni: 1).
Proviamo ad analizzare questo splendido brano.
1. “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Giovanni fa cenno al Principio che è Dio, l’Onnipotente, il Principio, il Logos, l’Altissimo che sovrasta, che crea. Mentre Yahweh potrebbe essere solo il suo esecutore.
2. “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe”. Si legge che il mondo “fu fatto per mezzo di lui” e non che il mondo fu fatto da lui, per cui deve intendersi che Yahweh ha fatto il mondo per mezzo di Lui, Dio, l’Onnipotente, il Principio, il Logos, l’Altissimo che si era limitato a creare la materia vitale con cui farlo. Per questo motivo, forse, il mondo (ebraico) non l’ha riconosciuto, in quanto conosceva solo Yahweh, che temeva e continua a temere.
3. “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Ecco finalmente il riscatto, la Redenzione, qui intesa come riparazione agli errori di fabbricazione da parte di Yahweh, la rinascita in Cristo che, per i cristiani, è Dio Vero fatto uomo, che si è fatto finalmente conoscere e ricrea, rigenera chi crede in Lui.
Il messaggio giovanneo da un lato svela ai cristiani il vero Dio e dall’altro rivela un mondo nascosto, iniziatico, se vogliamo anche templare: “A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” riprendendo un concetto espresso anche da Matteo e Luca: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi” (Mt. 7,6); “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché vedendo non vedano e udendo non intendano” (Lc. 8,9). Cioè: i profani non dovevano sapere, innanzi tutto perché non avrebbero capito, quindi per motivi di sicurezza.
Infatti le prime comunità cristiane poterono realizzare la perfetta serenità, lontane dal mondo profano, in luoghi nascosti come quelle modeste case private note come chiese domestiche, o nelle catacombe, dove si riunivano per condividere un segreto, in riferimento non più alla parola del sommo sacerdote (religione, dogma) che tuonava tremenda ed incomprensibile nel tempio, ma a quella dell’uomo, anzi, del Figlio dell’uomo che parlava alla gente con semplicità pur svelando verità folgoranti. Non era la sapienza del filosofo che apriva la via del Regno, ma la semplicità e la purezza del fanciullo. Non era la potenza del Re o la felicità effimera del ricco, ma il dolore fecondo dell’umile, la pazienza del povero che attuavano una sorta di mediazione tra il trascendente e l’immanente culminata nella Resurrezione di Cristo e quindi anche dell’uomo. Non erano gli scritti spesso contraddittori a svelare la Luce, ma i simboli.
Dopo l’avvento di Gesù Cristo l’uomo, come abbiamo visto all’inizio con l’allegoria del pendolo, si fece confusamente attratto dal Bene, dalla Luce, iniziando ad oscillare fra il bene e il male da cui è trattenuto, per cui la sua vita era diventata un continuo pentimento, una continua conversione, una continua rinascita. Ebbe la consapevolezza di essere imperfetto e trovò il suo conforto nella fede in Gesù Cristo che parla di amore. Un amore che risana. Così se, per esempio, la madre povera che non ha di che comprare da mangiare per i propri figli ruba il cibo per dargliene, infrange il settimo comandamento ma è giustificata dall’amore per i figli; così chi uccide per difendere chi non si può difendere e sta per essere ucciso a sua volta, infrange il quinto comandamento ma è giustificato perché compie un gesto d’amore salvando la vita al prossimo mettendo a repentaglio la propria in uno stato di necessità; così chi mente per evitare di offendere indebitamente, infrange l’ottavo comandamento ma è assolto perché il peccato è inferiore al beneficio dovuto alla menzogna, e l’amore trionfa.
Al tempo dei primi cristiani quell’equilibrio di forze contrapposte, raggiunto grazie all’amore della predicazione evangelica, fu scosso dal capovolgimento dei valori correnti nella mentalità del popolo ebraico. Un capovolgimento, una rivoluzione fatta propria dal mondo greco-latino che impresse un nuovo ritmo alle oscillazioni del pendolo. Tutto cambiò: la concezione stessa del mondo che, secondo la mentalità greca, era eterno ma dominato da eventi cosmici ripetitivi separati tra loro in modo tale da segnare la fine di una fase e l’inizio di un’altra, il che consentiva in qualche modo la predestinazione del futuro, ricevette un colpo mortale dal Cristianesimo con l’avvento del Regno e la Resurrezione. Infatti il mondo non poté più essere considerato finito, ma infinito. Il futuro non più come predestinato ma come frutto di scelte, perché il Signore ci ha ridato la libertà col libero arbitrio, ci ha fatti padroni del nostro destino, pur restando la dicotomia fra Figli della Luce e Figli delle Tenebre: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me” (Giovanni: 10; 14). A tutti i figli della Luce è data la possibilità di pentirsi, di redimersi e di convertirsi rimediando a quel difetto di fabbricazione che ha generato in noi tutti i peccati (continua).

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