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IL SEMBIANTE: CRISTO E LA STORIA

di Fabio Tirelli – Mi piace iniziare questo arduo confronto con il Volto e le Sembianze di Cristo con le parole di Isaia nell’Antico Testamento, relative all’Uomo Dio: “Sarà un aspetto senza gloria… non ha bellezza alcuna né splendore che attirasse i nostri sguardi. Abietto, l’Uomo dei dolori, che conosce la sofferenza…”. È probabile che da una “errata” interpretazione delle parole di Isaia (53 2-14, che si immagina si riferisca alla sofferenza di Cristo nella Passione e non alla sua figura umana) si sviluppasse una corrente di pensiero fra i primi Santi Cristiani, che presentavano il Cristo come brutto d’aspetto, deforme e ripugnante (San Giustino Martire, San Clemente Alessandrino, Origene) come se alle origini questi Uomini, Santi e Martiri, non accettassero in qualche misura anche la piena intersecazione nel Sembiante di Cristo dell’uomo e di Dio. Teniamo presente che la non accettazione del Mistero di Cristo è la natura fondativa stessa della sua immagine nella Storia. E diciamo questo non tanto per riaprire nei confronti dei grandi Testimoni dei primi tempi una qualche velata forma di accusa di Monofisitismo ante litteram o peggio di Nestorianesimo quanto piuttosto per ricordare che in questi anni difficili e catacombali i grandi Padri della Chiesa sentivano forse la necessità di tener lontani i fedeli (per lo più ex pagani o convertiti) da qualunque forma di contaminazione “estetica” della figura del Cristo che potesse inficiarne i tratti novativi e trascendenti. E per tutto ciò gioca con forza (a favore delle prime interpretazioni del Sembiante di Cristo come uomo brutto, totalmente sguarnito delle notorie bellezze trascendenti del Dio) il divieto ebraico (e poi musulmano e non solo) di raffigurare persone viventi, che noi sappiamo, storicamente, essere state ancora molto presente nel Cristianesimo delle origini di cui stiamo trattando qui.

L’IMMAGINE E IL SIMBOLO
Ma in ogni caso l’immagine del Cristo, non ancora del Suo Volto, erompe già in quei primordi iconografici: nel simbolismo del Pesce, di Orfeo del Buon Pastore che ritroviamo tracciato nelle catacombe, insomma un Simbolo che serve a evocare l’Altro, senza dargli una forma (pur distinguendolo dal reale). E queste prime immagini ci accompagnano nel viaggio che abbiamo intrapreso e sempre sorprendentemente riappariranno, Significanti di identico significato, sotto mutate forme. Già, perché descrivere è profondamente diverso dal rappresentare (rappresentarsi) soprattutto se si tratta delle sembianze di Cristo. Innanzitutto, la biotipizzazione di Gesù si modifica profondamente grazie a Luca (versetto 52) che afferma da buon medico attento, che Egli crescesse “in piena armonia di sviluppo e di bellezza, dandone pieno atto agli uomini”. E con Luca e con il diffondersi dei Vangeli, l’immagine del Cristo supera il simbolismo degli Ebrei convertiti e ci si avvicina. In seguito tutta la storia delle sembianze di Rabbi Jehosua sarà una continua battaglia non sull’immagine (che si consolida nel canone costantiniano della statua bronzea) ma sulla sua rappresentabilità o meno (oscillando fra iconolatria e iconoclastia, dove la seconda prevarrà in tutte le Riforme, talvolta in quella ortodossa, spessissimo in quella Luterana e pur Anglicana). Insomma, una storia travagliata e polisemica che ne fa, sotto molti punti di vista, il centro della cultura Giudaico Cristiana in tutte le sue declinazioni: ne potremo abbozzare solo alcuni aspetti e solo molto parzialmente.

CRISTO E LO STATO
A noi però sembra certo che già con Costantino (la sua statua bronzea del Cristo Imperatore di fronte al palazzo imperiale che subì poi gli attacchi degli Iconoclasti di allora, che la distrussero) un certo modello, un canone potremmo dire, lo instaura, così come ci ricorda l’uso di piegare l’Immagine a rappresentazione di una umanità vittoriosa, in qualche modo, sulla morte, anche quando la stessa morte è rappresentata (e proprio qui dall’Immagine del Cristo). Talvolta, come per Costantino tale rappresentazione sconfina nella ragion di Stato o di Impero, ma tant’è, di questo uso sarà esuberante la storia. Per questa questione del canone, di quello che oramai era divenuta la Bellezza di Gesù vogliamo comunque ricordare i tre Patriarchi orientali Cristoforo di Antiochia, Giobbe di Alessandria e Basilio di Gerusalemme (inizio del IX Secolo) che in una Lettera Sinodale stabilirono (una volta per tutte vorremmo dire) che “fu bello di statura, con le sopracciglia accigliate sopra i begli occhi, col naso forte, capelli ricciuti … rassomigliante fisicamente alla Madre…” ripresa in epoca più tarda del Bizantino Niceforo Callisto (1330) che conferma “Gesù Cristo era molto bello in statura e di volto…il suo volto era oblungo come quello della Madre”. Simiglianza di Sembianze o addirittura di Sembiante fra il Figlio e la Madre, a definitivo superamento del dilemma fra la sua umanità o come diciamo oggi della sua filogenesi indubitabilmente umana (per parte femminile), indubitabilmente divina (per via del Padre). Verrebbe da dire che molta strada ha percorso l’immagine del Salvatore da Elia a Callisto: c’è stata di mezzo sicuramente la Resurrezione che, possiamo dire, in qualche modo ha illuminato anche la storia del Sembiante di Cristo, ma c’è stata di mezzo anche l’immanenza della storicità del Cristo nella Storia, la visione della Sua immanenza che ha declinato in modo irrevocabile gli stessi archetipi su cui si fonda il pensiero e lo stesso essere umano.

IL SEMBIANTE
Avendo con fatica in qualche modo superato il primo ostacolo delle nostre riflessioni, quello dell’innegabile rapporto fra l’enormità dell’umanizzazione del Divino nella storia dell’uomo e la apparente mondanità delle dispute sulla sua rappresentazione terrena (che, abbiamo visto, tanto mondane non sono) possiamo affrontare, con una certa leggerezza una serie non obbligatoriamente coerente e omogenea di raffigurazioni del Cristo solo per confermare quanto affermato in precedenza e che qui esplicitiamo con maggior chiarezza: che le differenze delle immagini del Redentore anche nell’assoluta differenza simbolica fra di loro, ci riportano verso il vero della sua Essenza apparente tramite il suo Sembiante che per dirla con Lacan è ciò che noi incontriamo nella strada dal simbolico al reale (ma non è né l’uno né l’altro). E per sembiante intendiamo il Volto del Cristo ma non solo, come vedremo. Presentiamo, a titolo di esempio, otto rappresentazioni simboliche, che nel corso della Storia possono evocare il Sembiante di Cristo, attribuendo a ciascuna il suo principale significato evocativo, ovviamente al di là (o al di qua) della loro veridicità (che non possiamo dividere dalla loro realtà, anche se in un certo senso i due concetti non sono del tutto congruenti). Una per tutte, di quelle indirette, avremmo detto simboliche prima della nostra discussione – ora sappiamo che il termine “simbolo” non la esaurisce: è quella del Buon Pastore (Cripta di Lacina e San Callisto a Roma, III Secolo). È un’immagine naturalistica, narrativa ed evocativa solidamente realistica (anche se non è la sembianza di Cristo), è il Cristo naturalistico. Di epoca ambrosiana è invece il Cristo Docente del Sarcofago di Stilicone (fine IV Secolo), giovane e imberbe si situa in Paradiso, è un Cristo iconografico, a Sant’Ambrogio a Milano.

IL MANDILION E LA SINDONE
Poi, e solo di sfuggita questa volta, vogliamo ricordare la figura del Cristo del Mandilion, comparsa a Edessa dal IV Secolo in poi, è il Cristo acheropitico della Sindone (la Sua rappresentazione diretta). E poi ancora, il Cristo Pantocratore (prima metà del VI Secolo) del Monastero di Santa Caterina del Sinai, dal volto ovale con la barba, il Cristo Iconico (vogliamo ricordare che nelle icone orientali sarà sempre molto forte il richiamo del volto del Signore a quello della Sindone o del Mandilion). Poi, con un enorme salto cronologico, ci riferiamo al Cristo del Tributo (Cappella Brancacci, Firenze, 1425), ormai un Cristo connotato a Occidente: il Cristo del Realismo trascendente. E poi , giungiamo in epoca rinascimentale – prerinascimentale con il Cristo Morto del Mantegna (1480), con le note sproporzioni, il Cristo anamorfico. E qui cominciamo con le interpretazioni del Sembiante del Redentore, che lo riflettono e tornano per un attimo al simbolismo delle origini. Vogliamo introdurre l’Urlo di Munch (1893)per delineare un nuovo Cristo che ci lascia interdetti: la larva lo evoca per negatività: è il Cristo Assente. E per ultimo la foto della deposizione di Che Guevara (notissima a tutti) dove al di là dei richiami simbolici e delle suggestioni possiamo vedere il Cristo umano riportato in maniera desolata come in un ritorno alle origini prima della Buona Novella. Otto immagini disambigue fra loro (naturalistiche, iconografiche e iconiche, simboliche, stranianti ed evocative) che compongono un caleidoscopio di significati e di sensi (nella percezione): da queste immagini possiamo delineare, forse, una ipotesi del Sembiante del Signore nella storia della Salvezza, che è storia di profondità e di religiosità ma che prevalentemente è storia della Nuova Alleanza di cui sempre ci parla il Nuovo Testamento.

NE REALE NE SIMBOLICO
Avviandoci verso la conclusione delle nostre riflessioni, posso credere che i più attenti fra Voi avranno sicuramente notato il presupposto delle stesse: la fortissima connessione che io credo ci sia fra le immagini di Cristo nella Storia e la Storia stessa, come se le Sue Sembianze abbiano costituito un mondo, lo abbiano in qualche modo fondato. E qui dobbiamo inevitabilmente tornare al concetto stesso del Sembiante, che per Lacan e i suoi esegeti, non può essere confuso né con il reale né con il simbolico, attenendo però a tutti e due i concetti. Lacan sostiene che il Sembiante si incontri nel percorso fra i due estremi e sia appunto fondativo della venuta dell’analisi, ma che va al di là della pura rappresentazione. Sembiante non è semiante (ciò che si atteggia a segno, diremmo) né tanto meno sembrante (ciò che appare come vero e passateci il brutto neologismo). Sembiante è la potenza costituita dall’immagine, in questo caso dal volto di Cristo: è il volto di Cristo nella Storia e la Storia stessa forse. Il mutare della Sua immagine o addirittura la Sua essenza, o ancora la Sua presenza estenuata e dolente nella fase imminente della morte non è l’inizio della Storia ma ne costituisce la base e il fondamento. Cristo Buon Pastore (elemento di narrazione evocativa per traslato) è un Cristo Naturalistico che si differenzia da un Cristo Docente giovane e in Paradiso e ancora di più si differenzia da un Cristo Iconico o Trascendente o Anamorfico; come un Cristo Assente nell’Urlo della larva umana non è la stessa larva ricondotta a epicità nella morte. Questo è chiaro ed evidente: ma nella assoluta differenza fra queste immagini (o addirittura non immagini) di Cristo, permane un tessuto comune, una storicità che non possiamo né vogliamo negare: e questa storicità null’altro è che il mistero del Volto di Cristo che, svelandosi a noi, ci costringe, uomini e donne atei e credenti a divenire capaci di superare i limiti che il Vecchio Testamento ci aveva assegnato e anche questo è un modo di diffondere e interpretare la Buona Novella.

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