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Nel 1930 per il tremendo terremoto del Vùlture, molto peggiore di quello di Amatrice, il governo in 3 mesi costruì 3.746 case e ne riparò 5.190

di Andrea Guenna – Per amor di verità, in un momento in cui bisogna fare i conti con le proprie responsabilità e con la propria coscienza, mentre si vivono ore drammatiche per il terremoto in Centro Italia, dobbiamo dire le cose come stanno perché abbiamo pazientato abbastanza e siamo stufi di essere presi in giro.
Volenti o nolenti è giunta l’ora dei confronti con la storia e di quanto, ben 86 anni orsono, in condizioni addirittura peggiori, ha saputo fare il regime fascista, alla faccia di quel che diceva quel trombone in malafede di Pertini e dei suoi fan che sono, o dei bugiardi o solamente degli ignoranti, e allora studino prima di parlare o scrivere sciocchezze. Quel Sandro Pertini che dopo aver fatto il partigiano è sempre stato al potere fino alla morte e, tuttavia, non si è mai accorto quale schifo fosse e sia lo Stato Italiano, di cui si lamentava sempre. Uno Stato repubblicano nato da una resistenza che ha preso il via con lo sbarco in Sicilia organizzato dalla mafia e da Lucky Luciano. La stessa mafia che è ben salda al potere in Italia dal dopoguerra.
E lui, Pertini, al potere da sempre, nella stanza dei bottoni cosa ci stava a fare?
Ma chi voleva prendere per i fondelli?
No, non è più tempo di scherzare e di prendere in giro gli italiani. Forse è finita la  ricreazione.
E Matteo Renzi, invece di polemizzare con chi è intervenuto per la ricostruzione dell’Aquila sarebbe meglio  che si dia da fare. Lo stiamo aspettando al varco.
Ed è opportuno, in questo momento, ricordare altri terremoti dove i soccorsi hanno funzionato alla perfezione, come quello del Vùlture del luglio 1930, avvenuto sempre sulla dorsale appenninica a rischio, poco a sud di quello del 24 agosto e di magnitudo superiore, 6,7 (quella di Amatrice è di 6 – 6,2), che causò un numero maggiore di vittime: 1404.
Il terremoto prende il nome dal Monte Vùlture alle cui pendici si verificarono ingenti danni, e colpì la Basilicata, la Campania e la Puglia, in particolare le province di Potenza, Matera, Benevento, Avellino e Foggia. Interessò oltre 50 comuni.
Benito Mussolini, non appena ebbe notizia del disastro convocò il ministro dei Lavori Pubblici Araldo Di Crollalanza e gli affidò in toto l’opera di soccorso e ricostruzione. Di Crollalanza dispose in poche ore il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile nella zona terremotata, come previsto dal piano di intervento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente aggiornate.
A Roma Termini su un binario dedicato era sempre a disposizione un treno speciale, completo di materiale di pronto intervento, munito di apparecchiature per demolizioni e quant’altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di assistenza alle popolazioni terremotate.
I lavori iniziarono immediatamente. Dopo aver assicurato gli attendamenti e la prima assistenza, furono incaricate numerose imprese edili che giunsero sul posto con tutta l’attrezzatura. Lavorando su schemi di progetti standard si poté dare inizio alla costruzione di casette antisismiche a un piano di due o tre stanze più servizi e, nello stesso tempo, fu dato il via alla riparazione di migliaia di abitazioni ristrutturabili per riconsegnarle ai sinistrati prima dell’arrivo dell’inverno.
In tre mesi le prime case furono consegnate alle popolazioni della Campania, della Lucania e della Puglia. Ne furono costruite 3.746 e riparate 5.190. Quelle stesse case furono le uniche a resistere cinquant’anni dopo al terremoto dell’Irpinia.
Questa è storia non propaganda.
E chi scrive non è mai stato, non è, e non sarà mai un fascista. Anzi, scrive quello che scrive in quanto profondamente liberale ed amante della libertà, per cui non vuole che torni il fascismo verso il quale questi nostri governanti, incapaci, prepotenti, ignoranti, corrotti e corruttori, in malafede e con la faccia che si ritrovano ci stanno spingendo. Un fascismo che se torna, stavolta, non lo manda più via nessuno. Sia chiaro.

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