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I flussi elettorali e i mille modi per esprimere un voto simile, ovvero quando gli infedeli di centrodestra e i diligenti grillini vincono la battaglia del NO in Alessandria

Una delle domande più ricorrenti all’indomani della sostanziosa e clamorosa sconfitta di Renzi al Referendum confermativo del 4 dicembre è stata proposta – a mo’ di difesa e non altro – proprio dai sostenitori del Presidente del Consiglio dimissionario. Secondo taluni di questi inarrestabili partigiani del putto di Firenze, in realtà nulla sarebbe cambiato rispetto alle Europee del 2013, momento più alto del consenso a favore del PD nella sua storia e addirittura livello mai raggiunto neppure dal poderoso PCI sgonfiatosi poi e rigeneratosi in continui mutamenti di nome dalla caduta del muro di Berlino in poi.
I numeri più di una volta tradiscono. Ne sa qualcosa la renziana Rossa (chissà ancora per quanto) che è partita con il dissesto del suo Comune, Alessandria, ed è arrivata a dover restituire allo Stato circa 40 milioni di euro per averne chiesti e avuti troppi per fronteggiare una situazione che evidentemente così grave non era.
Anche in questo caso c’entrerebbe il 40%, cioè la percentuale dei Sì e quella del consenso alle europee del PD.
Provo allora ad entrarci dentro grazie agli studi velocemente e scientificamente compiuti dall’Istituto Cattaneo, per verificare se tale domanda-affermazione possa essere considerata vera oppure mera artefazione per giustificare una sonora sconfitta.
Sonora e clamorosa anche grazie allo spazio che i media mainstream hanno concesso al Renzi che appariva debordante su ogni testata di servizio un po’ in veste di Presidente del Consiglio, un po’ in veste di capo del PD, comunque sempre aiutato da incessanti endorsement di giornalisti di parte alla ricerca di un’aura di neutralità che in realtà non hanno avuto e neppure potevano credibilmente dimostrare.
La triade “bugia, promessa, cambiale” non ha funzionato come gli 80 euro e l’”accozzaglia” degli avversari del giovin signore ha vinto, anche se non costituisce un’alternativa politica reale.
Ma torno alla domanda che mi appassiona e che addirittura può trovare risposte anche per la nostra area locale. In effetti Alessandria è una delle 11 città italiane ove l’Istituto Cattaneo ha svolto la ricerca statistica sui cosiddetti flussi elettorali, comparando appunto il voto alle europee con quello referendario. E ancora: Alessandria si discosta oppure rimane in media nazionale?
In Italia l’estrema sintesi è data dal fatto che mentre “gli elettorati dei partiti ‘storici’ si frammentano, quello del (non)partito nuovo rivela una compattezza granitica.”
In città, intanto, l’elettorato che nel 2013 aveva votato per il PD ha partecipato in massa al voto. È un fenomeno conosciuto che ha trovato ulteriore conferma: solo il 5,6% si è astenuto dal recarsi alle urne. I votanti PD si sono poi divisi per il 71,5 a favore del “sì” e per il rimanente 22,9% a favore del “no”. Ne sorgono due considerazioni: la prima è che Renzi avrebbe visto ridurre non poco il tesoretto del 40% tra il 25 e il 28% e che i bersaniani o i d’alemiani sono ben più sostanziosi in città di ciò che si creda.
In realtà vi è anche da dire che non cambiando il dato di comparazione, cioè il voto alle europee, difficilmente si può pensare che il risultato possa mutare. La domanda iniziale tende dunque a non avere una risposta certa con questi dati. Infatti non è detto che chi ha votato PD alle europee oggi lo continui a fare. Non aver votato “sì” è solo un indicatore di dissenso che può essere interno, ma anche segnalatore di un distacco ormai avvenuto e che nei prossimi giorni potrebbe essere ancora più pronunciato.
E dire che Alessandria è, dopo Parma e Novara, la città dove gli elettori PD hanno fatto raggiungere il miglior risultato al “sì”. Vi sono connessioni con le amministrazioni locali? Sembrerebbe di no, visto che ad Alessandria governa il centrosinistra, a Novara il centrodestra e a Parma il Movimento 5 stelle. Ogni Amministrazione ha dunque aiutato il proprio partito – in Alessandria nel solito modo sguaiato che contraddistingue la sindaca – senza però incidere più di tanto sulle opinioni degli elettori. A Parma, ad esempio, solo il 67,7% dei grillini ha votato “no”. Sembra quasi che laddove siano stati messi alla prova, i pentastellati abbiano contratto l’adesione alle tesi del movimento.
Sul versante del PDL, oggi riconducibile a FI e FdI, visto che gli alfaniani sono storia a parte, ma anche costituiscono una percentuale poco incidente, le cose non sono andate nella stessa maniera: intanto si registra un forte astensionismo pari al 28,3%. Era già successo sia nelle competizioni referendarie, sia in quelle amministrative e politiche. Regolarmente ricapita: un terzo dell’elettorato del centrodestra, (la Lega è esclusa), diserta le urne. Che poi vi sia estrema libertà di scelta o poca convinzione in questo comparto di mercato elettorale composto da moderati è dovuto al fatto che solo il 50,9% sceglie il “no”, mentre addirittura il 20,9% si attesta sul “sì”, pur se non si registrano smagliature pari a quelle della minoranza PD anche in casa di Forza Italia. Una consolazione? Tra le città considerate, Alessandria sta almeno meglio di Torino e di Firenze. Segno che una ricostruzione del rapporto tra partito ed elettorato si impone con una certa urgenza in ottica “amministrative” e soprattutto “politiche”. Il fatto poi che il fenomeno sia stato strisciante e non palese, da una parte aiuta la rigenerazione, dall’altra la complica per effetto della non riconoscibilità dell’indisciplinata platea elettorale PDL. Insomma cercasi leader, avendo perso i tradizionali punti di riferimento.
Granitici invece i grillini in città: pochissimi gli astenuti (2,4%); mentre il 92,7% sceglie il “no” e solo il rimanente 4,9% disubbidisce alla leadership telematica. Sembrerebbe dunque, anche per la potenziale consistenza, che il M5S, sia stato il vero vincitore in termini di coerenza tra indicazione di voto fornita e voto espresso, anche se vi è da aggiungere che il risultato complessivo non è del tutto accreditabile ai seguaci del comico, che, peraltro, in Alessandria, almeno off-line, si sono caratterizzati per una scarna presenza. È questo un dato che dà sollievo alle forze politiche avversarie e che si basa in sostanza sull’incapacità di trattenere relazioni e alleanze, oltre che di sfondare la soglia del web. A ciò aggiungo le considerazioni prima condotte per Parma.
Tanto per chiudere questo percorso di benchmarking, mi occupo anche dei centristi che a Roma hanno sostenuto Renzi: da una parte Monti ha propagandato il NO, dall’altra Casini il SI’. Com’è andata in città? Si tratta di un’élite poco pronunciata che si è recata totalmente al voto, ma l’88,5% ha scelto il “sì”, mentre solo l’11,5% il “no”.
Quale credibilità hanno questi dati? Secondo l’Istituto che ha realizzato la ricerca, più è basso l’indice “VR” (valore redistribuito) e meno vi è incertezza nel risultato. Alessandria è la città con il VR più basso in Italia: 1,5. Segno di una verità statistica che si avvicina non poco alla verità elettorale.

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