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Chi ha fabbricato l’uomo?

Cristiano Pratuzzi – (Nel filmato, Mauro Biglino in conferenza). La Torah ebraica, corrispondente al nostro Pentateuco, evidenzia una storia completamente diversa da quella alla quale siamo stati abituati. Molto probabilmente gli autori, in realtà, ci hanno raccontato reali cronache storiche e non artificiose metafore. La sua lettura letterale acquisisce, a questo punto, una logica lucidissima e una coerenza scientifica strabiliante; dissolve ogni dogma e va a colmare ogni buco e ogni lacuna sia evolutiva che mistica.

I nomi di Dio
Dalle traduzioni letterali effettuate sui testi originali in ebraico si capisce che i termini Elyon, Elohim e Yahweh, che gli esegeti ebrei, prima, e le traduzioni teologiche cattoliche dopo, hanno unificato con la figura unica di Dio, in realtà descrivono tre differenti parole per tre differenti significati.
Elohim innanzitutto è un termine ebraico plurale (del singolare El o Eloah) tradotto in molti modi quali “gli splendenti”, “Coloro che discendono”, “Governatori”, “legislatori” e, per quanto la teologia miri a convincere che sia stato usato il plurale come accrescitivo della potenza di Dio, in molti diversi passi dell’antico testamento tale giustificazione cade in palesi contraddizioni. Nei testi originali appare ogni volta che nella traduzione italiana troviamo la parola “Dio”. Calato nel contesto delle scritture nella loro completezza, emerge in modo evidente che gli Elohim erano un nutrito gruppo di individui assolutamente in carne ed ossa, corrispondenti agli Anunnaki descritti nelle tavolette cuneiformi sumero-accadiche.
Elyon corrisponde alla traduzione italiana “l’Altissimo”. In Deuteronomio (cap. 32,  ver. 8) è descritta la suddivisione della Terra in Nazioni e la spartizione dei popoli tra gli Elohim (nella traduzione masoretica, così come nella versione cattolica, il termine plurale Elohim come destinatari delle assegnazioni da parte di Elyon, è sostituito con israeliti: “Quando l’Altissimo divideva i popoli, quando disperdeva i figli dell’uomo, egli stabilì i confini delle genti secondo il numero degli Israeliti”). Naturalmente il testo originale non menziona affatto il termine “israeliti” in quanto a quel tempo né il popolo né la lingua ebraica esistevano. Tuttavia le esigenze teologiche non potevano permettersi di lasciare il termine Elohim, sarebbe stato assolutamente troppo esplicita la pluralità degli “Dei”. In sostanza dai testi originali si evince che Elyon era con molte probabilità il comandante supremo degli Elohim e discese sulla Terra solamente in pochissime occasioni. Al tempo della spartizione delle Nazioni e in occasione di un concilio (riunione) di Elohim narrata in Salmi 82:  “Dio si alza nell’assemblea divina, giudica in mezzo agli Dei”, “Io ho detto: Voi siete Dèi, siete tutti figli dell’Altissimo“, “Eppure morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti”. In questa narrazione l’originale traduzione ci racconta come durante un’assemblea degli Elohim, Elyon si alzò e parlò loro riprendendoli. Disse loro, voi siete tutti Elohim, ma ricordate che anche voi morrete, proprio come gli Adàm. Gli Elohim erano presumibilmente una razza (probabilmente non umana) ma certamente in carne ed ossa, il loro aspetto (tratto da pochissimi indizi veterotestamentari e scritti extrabiblici) li descrive come alti, dalla pelle coriacea bianca come il latte, capelli bianchi argentei e occhi grandi e iridescenti. Sono considerati eterni o immortali (come dei) ma solo per una loro spropositata longevità rispetto agli Adàm (abitanti dell’Adamà, letteralmente i terrestri). Pare possano vivere dai 20 ai 30.000 anni ma possono essere uccisi come chiunque altro.
Yahweh il nome di Dio secondo l’ebraismo e la Chiesa Cattolica. Nei testi biblici tradotti compare come “Signore”, “l’Eterno”, “Dio di Israele”. Secondo la tradizione Il suo nome fu pronunciato a Mosè nel famoso incontro sulla montagna (Libro dell’Esodo). In realtà ai tempi (presunti) di Mosè la lingua ebraica non esisteva ancora, sorge quindi spontanea la domanda: in quale lingua fu pronunciato originariamente?
Le genti uscite dall’Egitto vissero per almeno quattro secoli in quelle terre, pertanto è presumibile che parlassero l’egiziano o al limite l’amorreo (una forma proto-semitica). Alcuni studiosi e pensatori ebrei asseriscono che il popolo uscito dall’Egitto con Mosè fosse composto da soli egiziani.
Originariamente del termine si conosce solo il famoso tetragramma trascritto la prima volta 400 anni dopo essere stato pronunciato, corrispondente al consonantico YHWH e vocalizzato in YaHWeH solo dopo altri 1.600 anni. Si può presumere che l’Eloah pronunciò il proprio nome nella sua lingua e fu successivamente riprodotto secondo la fonetica semitica.
Nonostante nella Bibbia il nome di “Dio” compaia con Mosè, in alcuni scritti ancora più antichi ritrovati in Libano (ai tempi terra dei Fenici), è menzionato il nome di Yhwh come figlio giovane di uno dei capi Elohim di quel territorio. Anche nella stele di Mesha (Giordania) del IX secolo a.c. si trova il nome Yhwh in contesa con l’Eloah Kemosh (divinità moabita). Di Kemosh si parla anche in relazione alla guerra durante la quale la valle di Sodoma e Gomorra fu distrutta dalle “armi del terrore” utilizzate da un altro Eloah, Ninurta (sumero-accadico, figlio di Enlil fratello di Enki) regnante in Assiria (odierno Iraq). Altri testi extrabiblici riportano che Yhwh era conosciuto già secoli prima, in altri territori, con il nome di Shaddai; inoltre nei libri della Bibbia copta si parla anche della sua compagna Asherah.
Sul fianco della giara di Kuntillet Ajrud, sono presenti motivi iconografici che mostrano tre figure antropomorfiche e un’iscrizione che nomina appaiati «Yahweh […] e la sua Asherah». Conosciuta anche con il nome di Anat o Ashratum.

Creazione dell’uomo moderno (Homo sapiens)
Secondo le scritture bibliche (originali), così come nei testi sumero-accadici (peraltro ancora più precisi e dettagliati), gli Elohim decisero di fare l’Adàm incrociando il loro DNA con quello dell’ominide presente sulla Terra (L’Adamà). Nella Genesi sono due gli episodi relativi alla creazione; nel primo, secondo la tradizione, troviamo scritto: “Dio disse facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza”. La traduzione corretta e letterale dall’ebraico recita: “Gli Elohim (ricordiamo che è plurale e infatti anche i verbi che seguono lo sono) dissero facciamo l’Adàm con la nostra immagine (DNA), l’Adàm sarà a nostra somiglianza”.
In ebraico viene utilizzato il termine “Zelem” che significa “quel qualcosa che contiene l’immagine” ed essendo un vocabolo derivante dal verbo “Zalem” che indica “tagliare fuori” (estrarre – togliere), descrive in modo chiaro che l’immagine degli Elohim è contenuta in un qualcosa che è stato “tagliato fuori” dagli Elohim.
Nelle cronache sumero-accadiche è esplicitamente descritto che quel “qualcosa” fu estratto dal sangue di giovani Anunnaki maschi. Si parla pertanto della metà “donatrice” cioè il primo racconto parla del DNA Elohim.
Nel secondo racconto si narra che Dio modellò l’uomo dalla terra e vi soffiò dentro la vita: “Allora il Signore Dio modellò l’uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’ uomo divenne un essere vivente”.  Nella versione originale il termine tradotto con polvere (argilla, fango) in realtà descrive “la forma” cioè la matrice nella quale inserire il “soffio di vita”.
Si parla pertanto della metà “ricevente” cioè il secondo racconto parla del DNA dell’Adàm. Un palese riferimento ad un’operazione di ingegneria genetica con la quale gli Elohim hanno contribuito allo spropositato e ancora oggi inesplicato salto evolutivo dell’uomo rispetto a tutti gli altri primati terrestri.
L’anello mancante dell’evoluzione non è stato ancora trovato in quanto non esiste; ciò che ha fatto la differenza è stata “l’immagine” degli Elohim.
Recentemente i genetisti si sono accorti della presenza nel genoma umano di parti consistenti di DNA inizialmente denominato “spazzatura” poiché non codificante, parte che non dovrebbe esistere nei nostri geni.

Adamo  ed  Eva
Innanzitutto va precisato che nelle scritture bibliche originali la parola Adàm (come già intuibile dai passi precedenti) non determina un individuo ma una specie, l’articolo determinativo presente nei testi ebraici (l’Adàm) ne è la prova. Come descritto ampiamente e con dovizia di particolari dalle tavolette sumero-accadiche, gli Anunnaki eseguirono diversi esperimenti prima di raggiungere il successo, generando l’Uomo.
Sono descritti almeno sette tentativi andati male (aborti, mostruosità, menomazioni e mutazioni), addirittura scrissero che fu prelevato il sangue direttamente dal capo supremo (Elyon?), nella speranza di una migliore qualità genetica; tuttavia anche in questo caso il risultato fu un fallimento totale. Questi racconti ci confermano che la “creazione” dell’Uomo avvenne a fronte di una lunga catena di tentativi ed esperimenti assolutamente di natura genetica, non creazionista.
Tornando alla Bibbia, fatto l’Adàm (inteso come specie), gli Helohim (o Anunnaki) lo posero in Eden e gli affidarono ogni sorta di animale e la cura del “giardino”. Presumibilmente affidarono agli “umani” la cura dei campi, degli alberi da frutto e del bestiame, all’interno del loro centro di comando (l’Eden). A un certo punto gli Elohim si accorsero che l’uomo non trovava negli animali una compagnia che gli fosse simile.
(ndr: se mantenessimo l’interpretazione teologica, secondo la quale Elohim è Dio, in questo passo viene da pensare che “Dio” inizialmente abbia sbagliato, creando gli animali come compagnia all’uomo e non creando direttamente la donna) E’ evidente che l’assenza femminile abbia portato negli Adàm una certa promiscuità e che i naturali fisiologici istinti sessuali venissero sfogati sia in modo omosessuale che verso altre specie.
Gli Elohim decisero quindi di creare la femmina e nel relativo passo biblico (Genesi 2,21) è evidente si parli di una operazione chirurgica con la quale venne estratto del materiale da “parte laterale ricurva” (tradotta con “costola” ma presumibilmente relativa alla cresta iliaca).

Chi generò l’Adàm?
Gli studiosi ebraici sostengono, tramite il Talmud, che a creare l’uomo non furono gli Elohim bensì i Refahim o Rofim (secondo la vocalizzazione), che identificherebbe i loro medici. Infatti il termine Refahim descrive la funzione, non la razza o specie (come Malachim, che indica la funzione di portatore di ordini “messaggero”, in greco anghelos, in latino angelus e infine in italiano angelo). Da ciò si può ritenere che sia Elohim che Refahim possano essere corretti in quanto gli Elohim dediti alla funzione medica acquistavano l’appellativo di Refahim.
È il plurale di Refael o Rafael dal quale deriva il nome Raffaele. È curioso che oggi l’Arcangelo Raffaele sia ricordato come il protettore della medicina e dei dottori (il San Raffaele di Milano è sormontato da una enorme statua di San Raffaele).
Oggi le cellule staminali vengono prelevate tramite aspirazione di sangue midollare dalla cresta iliaca (parte laterale ricurva) e nel Vecchio Testamento si legge: “Allora l’Eterno Dio fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; e prese una delle sue costole, e rinchiuse la carne al suo posto”. Incrociando ancora una volta i testi biblici coi resoconti sumero-accadici si può leggere in queste righe che gli Elohim indussero nei soggetti un sonno profondo (anestesia totale) e prelevarono dall’Adàm le cellule staminali dalla cresta iliaca.
Fatto ciò richiusero le carni al loro posto e con ciò prelevato procedettero, tramite clonazione e interventi genetici, alla produzione di soggetti femminili, le Eva.

Il peccato originale ed il serpente
All’interno del giardino (dell’Eden) ci dicono essere stati posti due alberi: l’albero della vita e quello della conoscenza del bene e del male. In realtà su questo argomento la Bibbia fa un po’ di confusione mischiando più volte l’uno con l’altro.
Tutti conoscono la storia della mela e del serpente; tuttavia la teologia fa apparire il racconto come una fiaba o quanto meno una metafora finalizzata all’inserimento del peccato originale (la disobbedienza a Dio).
Evidentemente una lettura letterale e corroborata da una corretta traduzione e ricerche trasversali (testi extrabiblici e parallelismi con tutte le altre culture) riescono a colmare gli innumerevoli buchi logici oggi resi dogmatici dalla filologia ebraica e dalla teologia cattolica.
Quanto scritto originariamente nella Genesi è molto più concreto di quel che traspare dalle visioni spiritualistiche.
Bisogna innanzitutto sapere che i Refahim o Rofim biblici possono essere ricondotti ai corrispettivi sumero-accadici “Kashdeian” ovvero il gruppo di Anunnaki (Elohim) dediti alle scienze biomediche (secondo gli studi di un sumerologo del Christ College di Cambridge).
Il serpente che ha la tana sotto terra indicherebbe simbolicamente gli studi che vanno in profondità e la sua raffigurazione intrecciata riproduce con tutta evidenza la doppia elica del DNA (ancora utilizzata oggi come simbolo della farmacologia). Si riscontra che i Kashdeian venissero chiamati “serpenti” divisi in due categorie: i serpenti a un occhio (scienziati dediti agli studi astronomici) e quelli a due occhi (ingegneri genetici e biologi), occhi rispettivamente descrittivi degli strumenti tecnologici utilizzati, il telescopio (uno) e il microscopio (due). Ciò che biblicamente è descritto come il frutto del peccato non è mai indicato come mela ma solo “frutto”, mela presumibilmente deriva, nelle più recenti traduzioni teologiche, dall’analogia con il termine latino malus. L’albero della conoscenza altro non era che la consapevolezza della propria sessualità e della sua funzionalità di procreare in modo naturale (fino a quel momento a produrre gli Adàm pensavano gli Elohim). A questo fa riferimento il passo in cui si legge che mangiando del frutto della conoscenza l’uomo sarebbe diventato come “Dio”, perché allude alla capacità di procreare autonomamente (ovvero creare la vita), proprio come gli Elohim.
Alcuni sostengono che il serpente dell’Eden, cioè un Kashdeian (Refahim), fosse addirittura il genetista stesso che programmò e seguì l’incrocio genetico con gli Elohim (pertanto il nostro “creatore”).
Molti lo identificano con Enki (Dio sumero-accadico), fratello di Enlil, entrambi figli dell’altissimo (Elyon?) e che si dividevano il comando sulla Terra. Mentre Enlil esigeva che gli Adàm fossero tenuti sotto loro diretto controllo e che la loro (ri)produzione fosse subordinata e programmata, Enki desiderava per le “sue” creature la possibilità di riprodursi ed evolversi naturalmente. Concesse agli Adàm la fertilità, rendendoli quindi uguali a loro.
I capi della fazione di Enlil disapprovarono tale azione e come conseguenza “cacciarono” gli Adàm dal Gad-Eden. Questa non fu in realtà una condanna (come espresso dalla teologia) bensì una sentenza post evento. Il passoi che descrive la “punizione” di Dio: “Tu uomo lavorerai il suolo con il sudore” altro non è che una logica ovvietà. Infatti, finché vivevano nell’Eden, al cibo pensavano gli Elohim, ma ora l’uomo per mangiare dovrà cavarsela da solo, lavorare la terra e andare a caccia. Nessuna condanna, ma semplice conseguenza.
“Tu donna partorirai con gran dolore”: altra ovvietà. Finché vivevano nell’Eden, alla riproduzione pensavano gli Elohim, fino all’intervento di Enki (il serpente) gli Adàm non erano fertili e venivano “prodotti” presumibilmente in vitro. Col raggiungimento della fecondità e la possibilità di riprodursi autonomamente, le femmine (le Eva) avrebbero sperimentato che partorire è doloroso (esperienza naturale vissuta anche dagli Elohim). Ancora una volta nessuna condanna, ma semplice conseguenza della loro scelta.
Anche il concetto della conoscenza del bene e del male (nella filologia ebraica mai espressi come aspetti spirituali o morali ma assolutamente pratici e concreti) è semplicemente la sperimentazione diretta di ogni aspetto della vita, positivo o negativo. In sostanza gli Elohim concessero agli Adàm la libertà di sperimentare la loro nuova condizione: bene, ora che siete come noi, andate e vivete ogni esperienza positiva o negativa della vostra nuova condizione.

L’albero della vita
Genesi 3,22: “Il Signore Dio disse allora: ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!”. In questo passo biblico torna il plurale “noi” relativo a “Dio”.
La preoccupazione di Enlil fu che l’Adàm, ormai in grado di procreare liberamente, potesse accedere all’altra caratteristica tipica degli Elohim, la loro spropositata longevità. I genetisti odierni hanno appena cominciato a capire i meccanismi responsabili della degenerazione cellulare, gli errori di “copia” del codice genetico ad ogni sua replica. Gli Elohim è probabile avessero una tal conoscenza genetica da aver sconfitto tali perdite di informazioni del DNA ed essere pertanto in grado di vivere fino a oltre 35.000 anni. È pensabile quindi temessero che l’uomo potesse ottenere accesso a tali conoscenze (non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre).

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