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La realtà di Tesla mostra crepe evidenti e questo dovrebbe preoccupare gli investitori

Matthew De Bord – Gene Munster, ex analista specializzato in tecnologia e attuale venture capitalist, pensa che Tesla arriverà a dominare il mondo.
Ma dopo il ritiro di decine di migliaia di vetture dell’azienda la settimana scorsa, accompagnato da diverse altre notizie negative, Munster ammette che la situazione sta mettendo a dura prova la sua pazienza.
“Crediamo ancora in questa storia?” chiede in un post di analisi e ricerca sul sito Loup Ventures. “La risposta è sì. Il nostro sostegno è basato sulla visione che l’azienda si trovi in una posizione davvero unica per poter capitalizzare il cambiamento radicale dell’automobile (che sta diventando un computer con le ruote), per innovare sui due fronti delle vetture elettriche e della guida autonoma e per introdurre un nuovo paradigma basato sulle efficienze produttive.”
Si tratta di una visione sbagliata, naturalmente. Tesla non si trova affatto in una posizione privilegiata rispetto ad aziende come Waymo e Jaguar, che hanno annunciato settimana scorsa una partnership volta allo sviluppo di veicoli a guida autonoma, o General Motors (GM), che sta vendendo migliaia di vetture totalmente elettriche Chevy Bolts, un modello di prezzo inferiore a 40.000 dollari che la casa automobilistica ha messo in vendita nel 2016, in anticipo di oltre un anno rispetto al Modello 3 di Tesla.
Tesla appartiene a un ecosistema dei trasporti nel quale la sperimentazione e gli investimenti hanno raggiunto proporzioni davvero notevoli. E tenendo conto del quadro complessivo, Tesla è un player minore. In effetti ha attirato un’attenzione spropositata grazie al richiamo di cui gode il suo CEO Elon Musk. Si tratta però di una casa automobilistica che ci ha messo quindici anni a rompere la barriera produttiva delle 100.000 vetture all’anno.
Tesla è anche un’azienda automobilistica che i suoi appassionati considerano (1) rivoluzionaria e (2) sotto assedio – e questi sono altri due falsi miti. Prima di tutto un’azienda che vende 100.000 vetture all’anno, a un prezzo medio di 100.000 dollari, non sta rivoluzionando un bel niente. Semmai, sta arricchendo l’assortimento di veicoli di lusso in commercio.
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Inoltre Tesla non è affatto assediata dai suoi concorrenti. Di fatto gli altri player del settore automobilistico – contrariamente a quanto Musk racconta spesso quando dice che i produttori tradizionali vogliono far fuori la sua azienda – sono ben felici di lasciare che Tesla prenda tutti i rischi associati ai veicoli elettrici, e vedono con ammirazione l’ascesa di un marchio nuovo e audace.
Una storia creata a tavolino che non corrisponde alla realtà
Gli entusiasti di Tesla come Munster si trovano invece in una posizione anomala. I profitti generati da un’azienda sono da tempo un indicatore di successo nel settore automobilistico, che prevede un enorme impiego di capitali. Ma in realtà Tesla non ha generato alcun profitto. La crescita nel settore è determinata dalle vendite, ma a eccezione della Cina Tesla sta registrando un incremento limitato nella maggioranza dei mercati. Tuttavia Munster pensa che Tesla potrebbe vendere 11 milioni di vetture all’anno nei soli Stati Uniti – una quota di mercato del 65% in un paese in cui l’azienda più grande, GM, detiene oggi una quota di mercato inferiore al 20%.
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Di conseguenza i grandi sostenitori di Tesla hanno creato a tavolino la storia di un’azienda destinata a effettuare un ripensamento radicale della mobilità e del nostro rapporto con le automobili. Questo va molto al di là del fatto che Tesla commercializzi una tecnologia a propulsione che è in circolazione da più di un secolo. Io mi spingerei a dire che chiamarla una “storia” sia curiosamente improprio. Nella sua versione estrema, è pura fantasia.
Una fantasia redditizia, a quanto pare. Malgrado il crollo del titolo di Tesla il mese scorso, con una flessione di quasi il 30%, se aveste acquistato le sue azioni subito dopo la IPO del 2010 adesso sareste seduti su un cumulo di soldi, con un rendimento vicino al 900%. Per otto anni Tesla è stata un cavallo vincente per il trading orientato al futuro.
È importante rendersi conto del momento in cui una fantasia, o una storia, entrano in collisione con la realtà e diventano qualcos’altro. Dal punto di vista di Tesla la storia non è limitata alle automobili: dalla fine del 2016, quando ha acquisito SolarCity, la società è una holding con una visione integrata basata sull’energia sostenibile. Le vetture elettriche non sono che una componente di questa strategia.
Per il momento però Tesla è ancora in larghissima misura una casa automobilistica, perché è in quest’area che i soldi vengono convogliati e spesi. E questo è l’aspetto della storia incentrata sull’azienda che sta vacillando enormemente.
Gli investitori sono immersi in un vuoto informativo
Per quale motivo? È semplice: gli investitori non hanno nient’altro su cui basarsi. È facile capire come stiano andando Toyota e GM. Basta verificare quanti soldi stanno incassando, qual è il loro rendimento del capitale investito, quanti asset hanno e quanta liquidità tengono da parte per ovviare a un eventuale calo delle vendite.
Tesla non comunica neppure agli investitori quanti veicoli vende mensilmente – dobbiamo attendere la fine del trimestre per ottenere quei dati – e le sue trimestrali sono semplici opportunità per sapere quanti soldi sta perdendo ed essere aggiornati sugli ambiziosi obiettivi di produzione che non riesce a raggiungere.
Le vetture di Tesla sono “cool”. Musk ha una personalità trascinante e Tesla ha intessuto una storia che ha molto a che vedere con la Silicon Valley e i suoi valori, invece che con la narrazione più pesante e operativa che Detroit propina da decenni. In ultima analisi però la storia venduta agli investitori in Tesla ha un disperato bisogno di elementi nuovi e convincenti che le imprimano una nuova direzione. È per questo che Munster può cadere in preda a una piccola crisi di fiducia in seguito a un evento di poco conto come il ritiro di un certo numero di vetture per un problema di servosterzo, un difetto che una grande casa automobilistica risolverebbe nel giro di un mese per poi lasciarselo alle spalle.
Di fatto questo è il solo aspetto davvero unico di Tesla. Se supera le aspettative di vendita di qualche migliaio di unità i mercati impazziscono. Eventuali incidenti possono innescare una spirale discendente per il suo titolo azionario. I fondamentali obiettivamente non sono molto soddisfacenti. Negli ultimi tempi l’unica cosa di cui tutti sono interessati a parlare è la situazione finanziaria dell’azienda che, tecnicamente parlando, non è lontana dalla bancarotta (anche se una bancarotta è improbabile, per ora).
Nel frattempo arrivano da Tesla un sacco di notizie meravigliose che non hanno nulla a che vedere con computer con le ruote o con l’ammaliante unicità di quest’azienda. Il Modello 3 sta creando molte difficoltà, ma in effetti il Modello S e il Modello X ottengono risultati di vendita molto solidi nel segmento del lusso. Tesla non si avvicina neanche lontanamente a quello che Waymo sta facendo nell’area della tecnologia a guida autonoma, ma la sua tecnologia Autopilot è, insieme al sistema Super Cruise di Cadillac, il miglior sistema di cruise control sul mercato.
Mi addolora vedere che la bella storia di Tesla sta cedendo alla necessità di spingere a ogni costo perché investitori sempre più scettici si bevano questa insensata fantasia dell’azienda destinata a cambiare il mondo. Tesla è protagonista di un caso meraviglioso da una quindicina d’anni. Può continuare a esserlo anche senza arrivare a dominare il pianeta.

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