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Ma davvero stiamo per essere invasi dalle auto cinesi?

La Cina entrerà nel mercato dell’auto europeo al volante di un’auto elettrica, dopo che per decenni i suoi modelli con motore a scoppio sono stati tenuti alla porta. La vera novità del salone dell’auto che si apre a Pechino non sono i 174 modelli elettrici che saranno presentati, ma i 124 che sono Made in China. E se il numero uno di Toyota, Kazuhiro Kobayashi, ammette che “la Cina è in una posizione di leadership nel mondo per le nuove tecnologie dell’auto elettrica” vuol dire che davvero l’Europa sta per essere invasa da auto cinesi.
In realtà, secondo la rivista “l’Automobile”, quello tra l’industria automobilistica cinese e gli europei è un amore mai nato. Eppure in altri settori – come quello della telefonia cellulare – la diffidenza iniziale è stata superata e ora un marchio come Huawei? incalza i big come Samsung e Apple e uno come Honor si fa spazio con prepotenza. Forza di milioni di euro spesi in promozione, ma anche di balzi in avanti sul fronte della tecnologia e della capacità di intercettare un bisogno dell’Occidente: avere accesso a prodotti di qualità che non costino quanto quelli di lusso.

Il lusso per tutti
Per questo sul fronte dell’offensiva suv e crossover a trazione integrale Great Wall ha creato uno spin-off: il marchio premium Wey che sembra disegnato e pensato per gli europei. Wei Jianjiun, a capo del gruppo Great Wall, spiega la strategia, come riporta l’Automobile: “Dare l’accessibilità a prodotti premium o di lusso a un maggior numero di persone e limitare i profitti sempre più alti delle joint venture con le case non cinesi”.
Great Wall però non è la sola. A puntare l’Europa con un carico di suv e crossover è anche Chery che sempre attraverso un brand premium costruito appositamente per i mercati europei e nordamericani, Exeed, ha pronto un crossover compatto chiamato TX. Ci sono poi Lynk&Co. marchio nato da Geely, proprietaria di Volvo, che ha annunciato il lancio di un crossover in Europa nel 2019 e il ritorno dell’inglese MG (ora di proprietà della Saic di Shanghai) con un suv compatto e appuntamento fissato, anche in questo caso, nel 2019.

La svolta elettrica
Hongqi –  “Bandiera Rossa” in cinese – è l’auto presidenziale, costruita nel 1958 dalla First Automobile Works. A distanza di 60 anni, grazie a una partnership tra il costruttore Faw  – di proprietà dello Stato – e il colosso Byton, cinese e guidato da ex dirigenti Bmw, la berlina tornerà in strada in versione moderna, naturalmente “indossando” un motore a batteria, racconta l’Automobile.
La differenza rispetto ai prodotti europei si vede sempre ma l’auto cinese è ora più matura. Il fatto di aver lavorato negli ultimi anni accanto ai migliori fornitori europei, come Bosch, ha fatto elevare il livello di componentistica, sistemi, accessori e finiture. Il management tedesco (il ceo di Wey ad esempio è un ex Audi) ha instaurato un processo di lavoro e decisionale, mai visto finora in un’industria automobilistica cinese. Dal punto di vista del powertrain poi, l’arrivo della normativa anti-inquinamento China VI attesa per il 2020 ha spinto i costruttori locali a migliorare il livello di efficienza dei motori a benzina (in Cina il diesel è prerogativa dei soli veicoli industriali). Gli incentivi erogati a pioggia in questi anni a Pechino e Shanghai a modelli elettrici e ibridi plug-in ha invece incrementato il know-how cinese in campo di elettrificazione. Al resto ci pensa una leadership sulle celle al litio mai messa in discussione, neppure dai coreani di LG Chem.

La scommessa elettrica
Tesla, ricorda il Sole 24 Ore, vende 800-1.000 auto al mese in Cina con un dazio all’import del 25%. Da gennaio 2017 ha esportato 18 mila auto in Cina. Da oltre un anno Elon Musk sta negoziando con le autorità cinesi per aprire uno stabilimento nel Paese. Herbert Diess, nuovo ceo del gruppo Vw ha annunciato che svilupperà la joint venture con i partner cinesi con investimenti nei prossimi cinque anni per 15 miliardi di euro (+44% di spesa). Vw è molto apprezzato in Cina con i marchi premium Audi e Porsche e anche Vw: il 43% dei profitti lordi del gruppo tedesco arrivano dalla Cina, secondo Evercore Isi. Rafforzeranno le partnership anche Daimler e Bmw che potrebbe decidere di realizzare da sola il nuovo stabilimento cinese per le Mini elettriche.

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