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Il dissesto di Alessandria? Si poteva evitare e non bisognava chiederlo. Ovvero: quando il ragioniere prevale sull’economista

di Piercarlo Fabbio – Pare che il dissesto del Comune di Alessandria possa essere tranquillamente utilizzato come alibi per chi non si rassegna a individuare la verità. Del resto, la ricerca della verità è sempre un percorso difficile e scomodo, mentre ragionare per stereotipi è più semplice ed energeticamente più economico.
L’ultimo documento che ne parla a sproposito è addirittura un elaborato dell’IRES Piemonte dal titolo “2018 Progetto Antenne Rapporto di Quadrante Sud Est”, che detto così avrà certamente il suo fascino, ma poco si comprende. Ora, indipendentemente dal titolo che utilizza il linguaggio di un telegramma – ma se vuoi essere giovane, devi apparire essenziale – attira il fatto che questo studio riguardi anche Alessandria. Vediamo come starebbe la città secondo gli studiosi dell’Istituto di Ricerche Economiche Sociali del Piemonte. I dati non sono aggiornatissimi ma danno un’idea: la popolazione tra il 2010 e il 2016 cede molto di più che in Piemonte. Quasi il doppio: -2,9% contro il -1,5% regionale. Il PIL si difende, ma in dieci anni (2007-2017) ha perso quasi 13 punti, anche se non siamo noi quelli che stanno peggio in Piemonte. Sulla disoccupazione siamo i peggiori (10,8% – si pensi che Pavia ne presenta uno del 6,9%) mentre le famiglie in difficoltà rasentano il 30% della popolazione.
Un quadro poco rassicurante. E sulla salute? Il tasso di mortalità 2016 è alto (14%), ma i dati sulla sanità sono antichi. Risalgono infatti al 2011, come ad esempio l’occupazione degli over 65 dei posti letto fissata al 40%, mentre per trovare qualcosa di più recente bisogna accontentarsi delle sensazioni e non di dati oggettivi. E pure se si utilizzano le opinioni, il panorama è negativo: solo il 47,4% si ritiene soddisfatto per la sanità.
Sarebbe inutile continuare, ma le questioni della sicurezza ci attraggono. Nel decennio che va dal 2004 al 2014 i furti sono diminuiti del 7,1%, ma quasi il 40% delle persone hanno paura di frequentare alcuni luoghi. Qui da noi è più alta la fiducia negli altri (78,5%), ma più bassa quella nella giustizia (56,2% sul 54,6% piemontese: un discreto decalage), cioè mi fido più del vicino che del giudice. E anche quando si interrogano gli alessandrini sulla loro visione di futuro, l’ottimismo lascia il posto ad una modesta dose di pessimismo: il saldo ottimisti/pessimisti (sop) è in negativo (-15%) quando pensa al futuro della propria famiglia.
Ma quali gli asset che ci dovrebbero portare fuori dalla crisi? La logistica, ma è rimasta indietro; il turismo, ma arranca; l’orafo è in attesa di integrazione completa con la moda; l’economia della conoscenza non decolla. Quali i drivers invece che funzionano? Tutti quelli che di norma vengono osteggiati: il terzo valico, la grande distribuzione organizzata (si pensa ormai arrivata al top), il coordinamento tra le istituzioni guidato dalla Provincia, che fino a qualche ora fa si voleva abolire.
E il dissesto del Comune che c’entra? C’entra. È una delle ragioni per cui siamo messi così male. Era meglio non farlo? Beh, la risposta sta in chi si vuol far vincere: la ragioneria o l’economia? Io faccio il tifo per la seconda, ma non conto, visto che sarebbe l’unica a generare una dinamica attiva di creazione del reddito. Altri hanno fatto il tifo acriticamente per la prima e non pare essere stato un grande affare.
Ma perché dico che il dissesto del Comune è anche in grande alibi? Perché quando si parla di Ospedali il Comune non c’entra; perché quando si discute di sicurezza mi viene da pensare che né Prefettura, né Questura abbiano dichiarato fallimento, pur non stando per niente bene lo Stato; perché quando la demografia è in tensione negativa, può darsi che lo stress fiscale colpisca il Comune, ma ciò sarebbe più una causa che un effetto di una difficoltà; perché il rallentamento nella costruzione del terzo valico (termine previsto 2022) non è da addebitare al Comune capoluogo, salvo ritardi nell’accettare i materiali di scavo che regolarmente giungono da noi dopo gli alti lai dei primi tempi; perché la logistica non ha solo necessità di aree, ma soprattutto di investitori; perché la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) non è competenza del Comune di Alessandria, anche se il prossimo retail park (ex Alessandria 2000 ormai passata da un ventennio) potrebbe dare soddisfazioni, ma attirando clienti o spostandoli dalla stessa area comunale? E poi stiamo considerando un periodo diverso dal futuro pur prossimo venturo.+
C’è qualcosa che funziona in questo confuso paesaggio tendente al temporalesco? E qui c’è il colpo d’ala dello studio: ad Alessandria sono le strade, le comunicazioni non ICT a essere il vero patrimonio dell’area. Tu pensa… questa mi pare la stessa ragione che ha dato la spinta alla Fondazione di Alessandria. Sono solo passati 850 anni!

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