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Il superstite

Siamo nella primavera del 1944, in piena guerra, e i tedeschi presidiano la Val Borbera.
Come al solito il colonnello Franz Fischer, comandante della guarnigione della Wehrmacht a Cabella Ligure, a bordo della Kübelwagen Typ 82 di servizio, scende di buon mattino a valle per fare la spesa e recarsi nel solito bar dove, nonostante il periodo, si può ancora bere un buon caffè. La giornata è bella, c’è il sole, ed il colonnello guida allegramente lungo il tratto delle Strette di Pertuso mentre da Vignole Borbera, sul suo carretto, sale faticosamente Oreste Callegari, un pastore di Cosola che sta tornando a casa dopo aver venduto ai negozi ancora rimasti aperti latte e formaggio freschi di sua produzione.
Ad un certo punto, in piena curva, il colonnello Franz Fischer invade la corsia opposta proprio mentre sta arrivando Oreste Callegari col suo carretto e l’impatto è inevitabile. Callegari rovina  nel fosso col suo cavallo che è gravemente ferito ed il cane che era legato dietro.
Il colonnello si rialza, si guarda intorno e vede il cavallo a terra paralizzato soffrire molto per le ferite.
“Ich kann nicht sehen, die Tiere Leiden!” dice stentoreo il colonnello, che significa: “Non posso vedere gli animali soffrire!”, estrae la pistola e con un colpo alla tempia, fredda il cavallo.
Facendo il giro intorno al carretto nota il cane molto malandato, sanguinante, con tutte le zampe spezzate, che si lamenta.
“Ich kann nicht sehen, die Tiere Leiden!” dice stentoreo il colonnello, che significa: “Non posso vedere gli animali soffrire!”, estrae la pistola e con un colpo alla tempia, fredda anche il povero cane.
Intanto Callegari, che aveva capito cosa aveva detto l’ufficiale tedesco e aveva visto la scena dei due animali morti ammazzati decide di uscire e, spuntando da sotto il carretto con una gamba rotta, senza denti perché li aveva persi nell’incidente, senza un orecchio tranciato da una ruota del carretto, senza un occhio perché gli si era conficcato nell’orbita un raggio di legno della ruota anteriore destra del carretto, mascherando il più possibile il dolore, si rivolge al colonnello ridendo: “Ahahahahah, che culo, non mi son fatto niente!” (“Ahahahahah, ich bin glücklich, dass ich nicht alles tun!”).

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