Press "Enter" to skip to content

Il Vecchio Testamento non parla di Dio

di Mauro Biglino – Tentiamo di capire se il presunto Dio della teologia giudaico-cristiana abbia veramente stretto un patto di alleanza con l’umanità facendolo, per così dire, registrare in atti formali costituiti da due raccolte di testi definite rispettivamente Antico e Nuovo Testamento.

Tra Yahweh e la famiglia di Giacobbe un’alleanza commerciale
Nel primo, da cui tutto ha origine, abbiamo la narrazione del rapporto tra un popolo e un individuo di nome Yahweh, appartenente a un gruppo di colonizzatori – gli Elohim – che hanno “fabbricato” l’Homo sapiens grazie all’ingegneria genetica e si sono spartiti il pianeta in sfere di influenza.
Elyon, comandante degli Elohim, ha assegnato a Yahweh una famiglia, quella di Giacobbe, il nipote di Abramo che si vuole discendere direttamente dalla stirpe dei discendenti di Adamo; questi erano un gruppo etnico a cui gli Elohim avevano dato vita con interventi di clonazione per impiegarli come lavoratori nei loro gan-eden: al contempo centro di comando e laboratorio sperimentale per la produzione di vegetali e animali utili per nutrire grandi masse di esseri umani, cioè il Sapiens che si stava diffondendo sulla Terra.
Il cosiddetto patto stipulato da Yahweh con i “suoi” era basato su quello che i Latini chiamavano commercium: cioè uno scambio vicendevolmente profittevole; un rapporto da cui i contraenti contavano di trarre il massimo dei vantaggi reciproci, anche a scapito di tutti coloro che erano esclusi da tale patto, e che anzi, all’occorrenza, dovevano essere sterminati senza alcuna pietà.

Ma di quale alleanza si tratta?
Avrebbe trovato la sua prima concretizzazione nell’intervento di Yahweh, fattosi presente nella storia dell’uomo prima con Abramo e poi con Mosè.
Ma, per dichiarazione esplicita contenuta nella Bibbia stessa, è soprattutto con quest’ultimo che il rapporto tra il presunto Dio e l’uomo si formalizza in regole e norme, divenendo definitivo e concretamente operativo.
Leggiamo il passo in cui Mosè afferma con chiarezza che l’alleanza è stabilita in quel momento e che ha avuto il suo primo atto nella liberazione degli Israeliti dalla schiavitù a opera di Yahweh, al quale il popolo deve quindi fedeltà incondizionata.
Mosè convoca tutto Israele e – prima di passare alla proclamazione dei comandamenti, il cui rispetto assoluto costituiva la condizione fondamentale per la completa realizzazione delle promesse – afferma in tono perentorio l’unicità di quanto sta avvenendo (Dt 5,1-6): “Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: imparatele e custoditele per metterle in pratica. Il Signore, nostro Dio ha stabilito con noi un’alleanza sull’Oreb. Il Signore non ha stabilito quest’alleanza con i nostri padri, ma con noi che siamo qui oggi tutti vivi. Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia, mentre io stavo tra il Signore e voi, per riferirvi la parola del Signore, perché voi avevate paura di quel fuoco e non eravate saliti sul monte. Egli disse: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto, dalla condizione servile”.
Dunque, quella stipulata sull’Oreb (il monte Sinai) è la vera, unica alleanza: un contratto che non era stato stabilito in precedenza con altri, neppure con i padri (ci domandiamo: l’accordo stipulato con Abramo aveva quindi contenuti diversi o era stato definito da un Elohim che non era Yahweh?).

Quella degli ebrei in Egitto era vera schiavitù?
Per Mosè, la liberazione dalla schiavitù in Egitto, già avvenuta nel momento in cui sta parlando ai suoi, è stata il primo atto, la prova della volontà e capacità di Dio di agire con potenza in favore del suo popolo.
Tralascio i passi biblici in cui il popolo lamentava continuamente il periodo in cui viveva in Egitto, dove, per inciso, aveva cibo a volontà e stava quindi meglio rispetto alla condizione miserevole in cui Mose e Yahweh li avevano costretti a vivere durante l’esodo attraverso il deserto: la situazione della presunta schiavitù è molto controversa e richiederebbe un’analisi storica e documentale. È però molto interessante cogliere quanto dicono in merito i testi della religione giudaico-cristiana, per cui leggiamo quanto scritto in proposito nel Nuovo Testamento: l’insieme di libri in cui il patto, iniziato con la liberazione dalla presunta schiavitù d’Egitto, troverebbe il suo completamento definitivo.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù sta discutendo con i Farisei, fornisce in prima persona testimonianza su se stesso, sulla sua natura e sulla sua provenienza, e afferma che la sua parola è verità e che la verità rende liberi: all’udire questo i suoi interlocutori gli rispondono (Gv 8,33): “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: Diventerete liberi?”.
Non hanno dubbi: loro non sono mai stati schiavi di nessuno. Siamo quindi in presenza di un’alleanza il cui fondamento viene identificato in una situazione di schiavitù che è affermata nei primi libri, ritenuti sacri, ma apertamente sconfessata negli ultimi libri, altrettanto sacri.
Come si vede, è un patto dalle origini decisamente controverse: basandosi unicamente su quanto scritto nei cosiddetti testi sacri, i fedeli devono credere a un’alleanza avviata da un intervento divino di liberazione dalla schiavitù oppure devono rassegnarsi a pensare che quell’atto non è mai stato compiuto perché la situazione di schiavitù è frutto di una pura invenzione letteraria?

Dove sta la verità che rende liberi?
L’alleanza prevedeva che “lui” avrebbe posto i suoi protetti sopra le altre nazioni, a condizione che loro eseguissero, senza mai metterli in discussione, i suoi ordini (comandamenti). Come tutti i dittatori, prometteva conquiste territoriali pressoché illimitate in cambio della fedeltà cieca e assoluta.
Il patto, però, non era equilibrato: come sempre accade, il potente di turno – in questo caso il presunto Dio della teologia giudaico-cristiana – metteva in campo tutta la sua superiorità e non si limitava a promettere vantaggi, aiuti e compensi ma, per garantirsi l’obbedienza totale, minacciava di morte (minaccia che ha concretizzato più volte) chi non si adeguava. Se questo può essere definito un patto, lo deciderà il lettore, che invito a leggere l’Antico Testamento per verificare la veridicità di quanto sin qui affermato.
Di certo, comunque si voglia considerare questa strana alleanza basata sul ricatto e sulla minaccia, Yahweh non l’ha proposta all’umanità intera, e neppure a tutti gli Ebrei formalmente intesi; per la verità, non l’ha offerta nemmeno all’intera famiglia cui apparteneva Abramo, bensì esclusivamente a un uomo e ai suoi discendenti: Giacobbe e gli Israeliti.
Da questa alleanza erano quindi esclusi anche i parenti stretti di quel popolo che viene tradizionalmente definito “eletto”: cugini, zii e nipoti sono stati vittime sacrificali di reiterati e feroci tentativi di sterminio; i loro territori (assegnati da altri Elohim, come chiaramente documenta la Bibbia) sono finiti nelle mire espansionistiche di un esercito violento e famelico dominato da un comandante militare, il presunto Dio, privo di scrupoli.

Una brutta storia fatta di massacri e crimini di guerra
Abbiamo una storia che si può quindi riassumere così: dei Semiti sterminavano altri Semiti eseguendo gli ordini di un non semita (Yahweh) con cui avevano stretto un patto nella speranza di affermarsi sopra ogni altro popolo, utilizzando ogni mezzo possibile.
Questa è la base che scegliamo di considerare storica nelle forme in cui ci è stata tramandata da una tradizione che di quel comportamento ha fatto un punto d’orgoglio, fino a giustificarlo in toto, definendo “guerre sante” i genocidi costantemente perpetrati.
Su questa prima alleanza si è voluta poi artificiosamente innestare una seconda (nuova) alleanza che dovrebbe progressivamente coinvolgere l’intera umanità.

I Vangeli non c’entrano niente col Vecchio Testamento
Ma qual è il rapporto tra le due alleanze? Dove si trova l’anello di congiunzione che dovrebbe portare alla sostituzione di uno dei due contraenti, e precisamente il popolo cui Yahweh si rivolgeva in modo esclusivo? Che cosa è stato necessario fare per presentare come vero, nuovo e degno di fede ciò che l’Antico Testamento non aveva mai neppure previsto?
Si è reso indispensabile procedere con una serie di elaborazioni parallele abilmente costruite a tavolino.

  1. Yahweh, da concreto e materiale governatore di un piccolissimo territorio e di una famiglia, è stato trasformato nel Dio unico, universale, eterno, spirituale, trascendente, onnisciente e onnipotente, creatore dei cieli e della terra.
  2. L’Antico Testamento, da libro che aveva come unico scopo quello di rappresentare la testimonianza scritta e imperitura dell’alleanza militare tra Yahweh e la sua gente, è stato trasformato nel “libro dei libri” che dovrebbe contenere niente meno che l’intera storia dell’universo, a partire dalla sua creazione dal nulla primordiale.
  3. A questo comandante militare sono state attribuite le caratteristiche di un creatore che nella sua infinita solitudine ha deciso di creare dal nulla un universo, lasciandolo poi spopolato per circa 15 miliardi di anni al termine dei quali, spinto da infinito amore, ha stabilito di dare vita a una creatura intelligente che lo amasse e servisse.
  4. A questa creatura ha dato delle regole, anche se, nella sua onniscienza, già sapeva che l’uomo non le avrebbe rispettate; a causa della disobbedienza dei progenitori si è visto infatti costretto a punire l’umanità intera rendendola mortale. Ma se lui è onnisciente, non era già tutto previsto? A che pro, dunque?
  5. Dopo un lasso di tempo imprecisato – migliaia, centinaia di migliaia, milioni di anni dal momento della colpa? – il presunto Dio misericordioso ha stabilito che avrebbe potuto dare ai poveri e incolpevoli discendenti di quei peccaminosi progenitori la possibilità di riscattarsi e riconquistare il diritto all’eternità.
  6. Per fare questo, però, ritenne inevitabile sdoppiarsi, fare un figlio, farlo partorire da una ragazza che però ebbe l’accortezza di lasciare vergine, e dare questo figlio in pasto all’umanità, nella fattispecie al popolo ebraico, affinché lo massacrasse e uccidesse per garantire a lui, Dio padre misericordioso, la possibilità di farlo resuscitare. Curiosa davvero la delicata attenzione per la verginità garantita alla madre da parte di quel Dio che nei secoli precedenti ha ripetutamente ordinato stupri e assassini di femmine, colpevoli solo di non appartenere al suo popolo e di servire quindi altri Elohim: le più fortunate (le vergini) venivano conservate come prede di guerra, parte delle quali riservate proprio a lui, il Dio padre misericordioso.

Resta da chiedersi cosa sarebbe successo se gli Ebrei e i Romani avessero usato clemenza con il figlio predestinato: il disegno salvifico sarebbe stato vanificato? Se Ebrei e Romani non si fossero comportati da assassini, l’umanità non sarebbe stata salvata? Yahweh avrebbe escogitato qualche altra atrocità?
Ma la risposta è semplice e immediata: secondo ciò che la dottrina ipotizza circa la sua essenza e i suoi attributi, lui sapeva infallibilmente tutto quello che sarebbe successo: gli esecutori del suo piano non potevano esimersi dall’agire nel modo in cui hanno agito. In pratica, prendiamo atto che non erano veramente liberi di decidere.

  1. Grazie a questa amorevole scelta, l’umanità – rappresentata dal popolo ebraico di duemila anni fa – ha compiuto un abominevole assassinio e si è così riappropriata della possibilità di vivere in eterno: un premio conseguito in forza di uno dei crimini più efferati della storia, per cui il martirio di Dio fatto uomo fosse l’unico modo per annullare la punizione e tornare a dare all’umanità la possibilità di salvarsi.
  2. A seguito del riscatto così ottenuto, il popolo originario ed esclusivo di Yahweh – costituito dalla famiglia di Giacobbe con relativi discendenti – è stato soppiantato e sostituito, nella nuova alleanza, dall’intera umanità, fatta artificiosamente diventare destinataria della nuova promessa, perché quelle precedenti non la riguardavano. Insomma, chi ha reso possibile il tutto, il popolo ebraico, è stato posto in secondo piano, soppiantato, relegato nella consolatoria posizione di “fratello maggiore nella fede”, perché ora l’alleanza non riguarda più premi o punizioni terrene per gli Israeliti ma il paradiso per tutti, un luogo di cui il Dio padre non ha mai parlato e che non ha mai promesso ai suoi.

Ma il patto era solo tra Yahweh e gli Israeliti
Ciò che unisce il Patto Antico con il Patto Nuovo è costituito quindi da due momenti fondamentali: la colpa commessa in violazione delle norme originarie e il riscatto che costituisce la base del Nuovo Testamento.
Il Patto Antico riguardava (e riguarda ancora) esclusivamente Yahweh e gli Israeliti, mentre il Patto Nuovo non ha motivo di esistere in quanto privo di fondamento. Il Patto che viene proposto all’umanità intera è dunque falso: l’umanità non è stata condannata e non deve essere salvata.
Questo dicono i testi da cui si sono ricavate artificiosamente le dottrine, con i relativi dogmi.
L’uomo ha il dovere non già di credere ma di cercare, nel pieno rispetto di ciò che lo rende appunto uomo, cioè anthropos, termine che trova la sua origine nell’espressione anathron ha opope, che indica l’atto del riflettere su ciò che si è osservato e, in questo caso, letto. Lo studio e l’osservazione proseguono, liberi dal patto.

Comments are closed.