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I Dieci Comandamenti

Molto tempo dopo aver creato l’universo il Padreterno iniziava ad annoiarsi. Era tutto troppo preciso, puntuale, ordinato. Ci voleva qualche diversivo.
Un giorno chiama l’arcangelo Michele e gli dice: “Caro Michele, mi sto annoiando. Non si può organizzare una festa per fare un po’ di baldoria”?
E Michele: “Signore, qui non si può perché è, e deve restare tutto perfetto altrimenti dal cosmo torneremmo nel caos, ma c’è un pianeta del sistema solare, la Terra, che è abitato dagli uomini che litigano in continuazione fra di loro e fanno un sacco di confusione. Ecco, Signore, forse là potreste cercare degli alleati per avere modo di passare del tempo con loro e svagarvi un po’”!
Il Signore: “Ottima idea Michele. Raduna gli angeli, chiama anche l’arcangelo Gabriele e l’arcangelo Raffaele e, col nostro carro celeste, andiamo tutti sulla Terra”.
Michele organizza e partono. Poco prima di atterrare, dall’alto dei cieli vedono delle piramidi, una sfinge, uomini indaffarati che vanno e che vengono. Insomma c’è vita. Il Signore ordina di atterrare. Scendono, e il Signore chiede chi sia il responsabile di quella comunità. “Il Faraone” gli rispondono gli Egizi.
Il Signore si reca dal Faraone che accoglie Lui e tutta la sua delegazione coi massimi onori.
“Cosa posso fare per Voi, Signore”?
“Vedete amico mio – risponde il Padreterno – io sto nei cieli e mi annoio. Silenzio, monotonia, eterna pace. Noto invece che qui sulla Terra c’è disordine, vivacità, confusione, rumore, insomma ci si diverte. Per questo motivo mi piacerebbe fare un contratto con voi”.
“Un contratto”? risponde stupito il Faraone.
“Sì, un contratto – continua il Signore – per cui io posso venire quando voglio in incognito e, in cambio, vi nomino mio popolo eletto”.
“Sarebbe veramente una bella cosa Signore – risponde il Faraone – ma cosa dovremmo fare per avere questo privilegio”?
“Dovete rispettare solo qualche comandamento” risponde il Padreterno.
“Per esempio”?
“Per esempio bisogna mantenere un comportamento moralmente ineccepibile, non bisogna commettere atti impuri, bisogna rispettare la propria moglie…”.
“Ah, se è per questo, noi Faraoni rispettiamo moltissimo le nostre mogli – risponde il Faraone – perché sono anche le nostre sorelle”!
“Vi sposate fra fratelli”? risponde esterrefatto il Signore.
“Ma certamente – dice il Faraone – per mantenere pura la discendenza reale”!
“Ahiii – interrompe il Padreterno – questo non lo consento, è un atto impuro”.
“Mi dispiace Signore – risponde il Faraone – ma questa è la nostra tradizione, non possiamo farne a meno, fa parte della nostra civiltà, della nostra identità”.
Il Padreterno saluta e se ne va sconsolato con la sua delegazione.
Decolla e sorvola un’area da cui provengono dei rumori metallici e vede luccicare in lontananza. Ordina a Michele di atterrare. Siamo in Anatolia e quegli uomini sono gli Ittiti.
Il Signore scende dal carro celeste e si avvicina a quello che sembra essere il capo: un omone tutto bardato, vestito di una specie di corazza e con uno spadone in pugno.
Si presenta: “Buongiorno…”
“Giorno” risponde secco il comandante ittita.
“Sono il Padreterno e vorrei stringere un patto con voi qui sulla Terra”.
“Va bene mi dica – risponde deciso alla maniera dei militari il comandante ittita – ma faccia presto perché stiamo partendo per vincere la guerra contro gli Akkadi, quei bastardi figli di puttana, e domani siamo in trasferta ad est perché abbiamo da combattere una battaglia importante contro un popolo di sporchi bulici schifosi che ci stanno rompendo le balle al confine, i Persiani, Ma gli faremo un culo così! Ah, ah, ah ,ah ,ah”!
“Ma allora voi siete dei guerrieri – ribatte il Padreterno – uccidete e combattete”!
“Per forza – risponde il comandante ittita – la guerra è la nostra attività principale. Io ho già ucciso 375 uomini”.
“No. Non è possibile stringere nessun accordo con voi – dice il Signore – perché uccidere è un peccato mortale. Mi dispiace. Addio”.
La delegazione decolla in fretta e, mentre sorvola la penisola del Sinai, il Signore nota una carovana di disperati, macilenti, vestiti di stracci; brutti, sporchi e malnutriti. Ordina di atterrare. Scende dal carro e si reca dal capo.
“Io sono il Signore”.
“Salve mio Signore, io mi chiamo Mosè, cosa posso fare per Voi”?
Il Padreterno risponde: “Sto cercando un popolo della Terra con cui stringere un’alleanza”.
“Benissimo – risponde Mosè – cosa dobbiamo fare per stringere questa alleanza”?
“Semplice – risponde il Padreterno – bisogna rispettare dei comandamenti”.
Allora Mosè comprende che inizia una trattativa e invita il Padreterno a seguirlo in un posto tranquillo per potere trattare con la dovuta riservatezza. Si recano sul monte Sinai e si siedono.
“Dovete sapere, Signore mio, che noi siamo ebrei, un popolo di gente pratica, per cui tutto ha un prezzo, tutto si può vendere e si può comprare, e le trattative sono un affare riservato perché il prezzo può variare da acquirente ad acquirente e non è sempre lo stesso”.
“Capisco – ribatte il Padreterno – anch’io sono un po’ così”.
“Signore mio, quanto costano questi comandamenti”? dice sottovoce Mosè rivolgendosi confidenzialmente al suo illustre ospite.
Il Signore: “Niente”!
“Ah – risponde entusiasta Mosè – se è così ce ne dia dieci”!

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