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Sergio Mattarella e le fake news contro la Siria

Red – Che a diffondere fake news fossero Repubblica e affini eravamo abituati (a proposito aspettiamo sempre che Facebook inizi un attento monitoraggio in linea con quanto affermato recentemente nella cosiddetta lotta alle pagine che diffondono bufale), ma che fosse il Presidente della Repubblica in modo così plateale un po’ meno, siamo onesti. In occasione di una commemorazione per i 100 anni di Save The Children, in uno stralcio del discorso, Mattarella ha dichiarato, secondo quanto riportano Agi, Ansa e altre agenzie: “Credo che tutti rammentiamo l’immagine del bambino siriano in ospedale, coperto di polvere, dopo il bombardamento della sua abitazione: quell’immagine ha commosso tanti nel mondo. Ma occorre che la commozione, la sollecitazione che queste immagini determinano non sia effimera e non si dimentichi in poco tempo”.
Sulle fake news che hanno giustificato i crimini contro la Siria, Save the Children è esperta, ma Mattarella ha proprio scelto la madre di tutte le bufale per elogiare la Ong. Non nominandolo direttamente il Presidente Mattarella, infatti, allude chiaramente alla storia di Omran Daqneesh (nella foto), divenuta celebre in tutto il mondo perché strumentalizzata dai famigerati “Caschi Bianchi” durante la propaganda mondiale prima della liberazione di Aleppo da parte dell’esercito siriano e dei suoi alleati (in particolare Russia, Iran e Hezbollah). Vi ricordate le mani di Saviano, Boldrini e Volo davanti alla bocca in quei momenti? Ecco, Omran faceva parte di quella stessa strategia per impedire che gli abitanti di Aleppo tornassero a vivere in uno stato laico e moderno, dopo anni di torture sotto il giogo di quei terroristi che l’occidente ha finanziato, supportato e armato.
Tuttavia, nella macchina della propaganda, qualcosa non ha funzionato.
E proprio sul caso di Omran: l’autogol fu tanto clamoroso quanto censurato da tutti gli organi mainstream. Fu il padre stesso di Omran a denunciare la messa in scena e la Russia portò il caso al Consiglio dei diritti umani di Ginevra, chiedendo formalmente ai mass media di rettificare la fake news diffusa.

In questo resoconto di Rossi su il Giornale è raccontata molto bene l’intera vicenda.
“Il video mostrava un bimbo di quattro o cinque anni in braccio ad un soccorritore appena estratto dalle macerie della sua casa ad Aleppo. Il bimbo non piangeva ma si teneva al collo dell’uomo; era lucido, probabilmente sotto shock; velocemente veniva caricato su un’ambulanza e messo seduto sulla poltroncina arancione. Era attonito, quasi stupito, per qualche secondo immobile come una bambola inanimata a guardare verso gli uomini che lo riprendevano con le loro videocamere come fosse uno spettacolo.
Poi il bimbo si passava la manina sulla testa ferita guardandola coprirsi di sangue; e con un moto dolce e naturale se la puliva su quella poltroncina arancione, replicando un gesto magari mille volte fatto sul divano di casa o sul suo lettino.
Il video, caricato su YouTube, fu immediatamente reso virale da migliaia di visualizzazioni e riprodotto sui principali siti d’informazione occidentale.

Ma sarà un fermo immagine di quella scena, una foto scattata dentro l’ambulanza, a rimbalzare da una parte all’altra del mondo trasformando quel bimbo nel simbolo dell’orrore siriano: quel viso sporco di sangue e calce guardava stupito noi e i nostri sensi di colpa.
Era l’agosto di un anno fa e il bimbo si chiamava Omran, Omran Daqneesh.

LA VERSIONE UFFICIALE
Erano i mesi terribili dell’assedio di Aleppo, quando l’esercito di Assad, appoggiato dall’aviazione russa, cercava di liberare la città occupata dai ribelli che l’Occidente si ostinava a chiamare “moderati”, ma che altro non erano che le bande jihadiste e mercenarie dei tagliagole finanziati dal Pentagono, dalla Cia e dagli alleati sauditi.
Secondo la versione ufficiale, immediatamente ripresa da tutti i media occidentali, Omran era stato ferito da un bombardamento dell’aviazione di Assad o dei russi che avevano distrutto la sua casa, ferito i suoi genitori e ucciso un suo fratellino di 11 anni.
Almeno così dicevano i volontari dell’Aleppo Media Center, una ong finanziata da Usa e Gran Bretagna, legata ai ribelli di Al Qaeda ed attiva nei territori sotto il controllo dei jihadisti; non proprio una fonte obiettiva, ma sufficiente a confermare la narrazione che di questa guerra l’Occidente aveva bisogno di dare: i cattivi (russi e siriani) da una parte e i buoni (i ribelli moderati) dall’altra.
L’autore della foto (il fotomontaggio di Omran a sinistra, la foto vera di Omran a destra), Mahmoud Raslan, divenne una star sui media internazionali, e poco importava che sul web circolassero i suoi selfie compiaciuti insieme ad un gruppo di cinque jihadisti di al-Zenki, una delle fazioni più crudeli e sanguinarie tra quelle finanziate dagli Usa, due dei quali furono coloro che decapitarono in diretta video un bambino palestinese accusato di essere una spia di Assad. Ed ora Raslan è a Idlib, nella provincia occupata dai gruppi di Al Qaeda, a conferma di come lui ne facesse parte.

LA VERITÀ NON DETTA
Oggi il piccolo Omran sta bene nell’Aleppo liberata, e suo papà Mohamed ha finalmente deciso di raccontare la verità svelando bugie e manipolazioni giocate sulla pelle di suo figlio. Ha deciso di parlare convinto da un giornalista siriano, Khaled Iskef, che ha ascoltato la sua storia. Lo ha fatto sui media siriani e lo ha fatto su testate di contro-informazione come MintPress, che da anni raccontano l’altra storia, quella che il mainstream nasconde.
Ha raccontato che nessuno sa ancora cosa è realmente accaduto quella notte: “Eravamo in casa quando tutto è crollato (…) non lo sappiamo (…) non abbiamo sentito rumori di aerei o bombardamenti (…) all’improvviso solo il buio”. Tutt’oggi non è certo che sia stata una bomba d’aereo e non piuttosto un colpo di mortaio sparato dai ribelli.
Ha raccontato di come Omran sia stato ferito leggermente, mentre era grave il figlio più grande Mohamed, che sarebbe morto tre giorni dopo in ospedale per un’emorragia interna; racconta di come lui sia andato in quell’Ospedale chiedendo che suo figlio venisse trasferito perché “non mi fidavo di loro”.
Forse perché sapeva che l’ospedale di Aleppo, occupato dai ribelli, non era più un ospedale ma il quartier generale di Al Qaeda e al-Nusra e dei jihadisti, come ha documentato in un video il reporter francese Pierre Le Corf, tra i primi ad entrare nelle zone di Aleppo liberate.
Il papà di Omran ha raccontato anche di come abbiano usato suo figlio per costruire la propaganda anti-Assad, scrivendo addirittura che lui era un oppositore del regime “agli arresti domiciliari”, ma non era vero: “volevano che io dicessi che erano stati i russi o i siriani a colpirci ma io non potevo essere testimone di ciò che non ho visto”.
Ha raccontato di come i ribelli gli abbiano “offerto soldi, lavoro, e anche un lasciapassare per andarsene” se avesse detto quello che loro volevano, ma lui ha rifiutato: “io sono prima di tutto un siriano e i miei figli hanno il diritto di vivere in questo Paese”.
Khalef Iskef, il giornalista siriano che per primo ha raccolto la storia di Omran, ha raccontato che “giornalisti vicino ad al-Nusra” hanno detto al padre di Omran “che 26 milioni di musulmani aspettavano che lui dichiarasse che il bombardamento era stato del regime siriano”.
Ad Omran non era successo praticamente niente, non aveva nessuna ferita al volto ed è stato curato in casa senza problemi. 

La sua storia è uno dei più straordinari esempi del processo di manipolazione propagandistica costruito sulla guerra siriana. La foto distribuita dai media era solo un volgare fotomontaggio. 

Per un politico come il presidente abusivo Mattarella che ha recentemente preso aperta posizione a sostegno del golpe Usa contro il Venezuela e che in passato ha avuto un ruolo attivo nella decisione italiana di aderire ai bombardamenti contro Belgrado, non può certo sorprendere la sua posizione sulle vicende siriane.

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