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I Grillini sono disposti ad allearsi perfino coi nipotini di Togliatti che era il segretario di Stalin e carnefice degli italiani in Russia

Red – Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. L’antico detto è riferito ai tentativi di alleanza tra i discepoli di Grillo e i nipotini di Togliatti, un autentico carnefice che, avendo imparato da Stalin di cui è stato segretario dal 1930 al 1945, si è reso responsabile di atti esecrabili contro gli stessi prigionieri italiani che erano in guerra contro l’Urss, dal 1949 al 1945. Ogni tanto salta fuori qualche documento che inchioda sempre più i comunisti italiani per le porcherie che hanno compito contro i loro connazionali, e stavolta abbiamo trovato le tracce di un processo strano ma molto eloquente. I fatti riportati fanno rabbrividire: Togliatti e i comunisti italiani hanno gestito per conto di Stalin i campi di concentramento sovietici in cui erano rinchiusi i nostri soldati. Una vergogna, l’ennesima vergogna dei comunisti.

Il contesto
Siamo nel 1948, l’Italia è infiammata da una campagna elettorale che passerà alla storia. Il Partito Comunista, trascinato dal suo leader carismatico Palmiro Togliatti che, a guerra finita e dopo essere stato per quindici anni segretario di Stalin, torna in Italia ed organizza il partito comunista italiano. Gli si oppone la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi che gode dell’appoggio senza riserve della Chiesa Cattolica e di una vasta simpatia tra le masse contadine del nord e del sud dell’Italia. Il clamore della propaganda echeggia tra le divisioni e le ferite ereditate dalla guerra civile 43-45, mentre non si è ancora concluso il rientro dei prigionieri italiani che le campagne militari del regime hanno sparpagliato in 4 continenti.

Il carnefice comunista si presenta alle elezioni (la storia si ripete)
È in quei primi mesi dell’anno 1948 che alcuni reduci dai campi di concentramento dell’Unione Sovietica apprendono una notizia che li indigna: Edoardo D’Onofrio (nella foto), deputato alla Costituente nei seggi del PCI, sta per essere eletto senatore di diritto della Repubblica italiana nelle imminenti elezioni politiche di aprile. D’Onofrio è un comunista rigido dal carattere malinconico che ha sofferto le prigioni fasciste per l’attività politica clandestina. Ha compiuto numerosi viaggi di indottrinamento in Urss dove, durante il secondo conflitto mondiale, ha lavorato a stretto contatto con Togliatti. Ma per i militari dell’ARMIR catturati dai russi durante la guerra, Edoardo D’Onofrio è il responsabile di un gruppo di fuoriusciti italiani che visitavano in veste di commissari politici i campi di prigionia non per alleviare le terribili condizioni di vita dei compatrioti ma, piuttosto, per contribuire all’annientamento psichico di coloro che rifiutavano l’adesione al progetto comunista sovietico. A ciò si aggiunge il fatto che di decine di migliaia di prigionieri italiani non sono mai pervenute notizie certe. I reduci decidono di porre sotto gli occhi di una distratta opinione pubblica un opuscolo dal titolo “Russia” attraverso il quale raccontano il ruolo di D’Onofrio e degli altri fuoriusciti italiani durante la prigionia. Il senatore del PCI sporge querela per diffamazione a mezzo stampa e trascina in tribunale autori e redattori dell’opuscolo.

1949, reduci alla sbarra
Oggi è possibile ricostruire sulla base dei documenti ufficiali il processo intentato dal senatore D’Onofrio contro gli ex prigionieri e concluso da una sentenza sorprendente che trasformò il querelante in accusato. A vincere la disputa giudiziaria sono stati tre alpini e un cappellano militare reduci dalla prigionia in Russia che ebbero contatto col premeditato cinismo di Edoardo D’Onofrio, proponendo una pagina poco nota della nostra storia recente.
Fra le tante atrocità, durante il processo sono venuti alla luce episodi di cannibalismo avvenuti nei campi di prigionia russi, dove fame e sete, dovute anche al tifo petecchiale, falcidiarono una cifra tuttora ignota nella sua dimensione reale, ma certamente spaventosa, di vite umane fra cui molti soldati italiani.

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