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Guerini dopo Conte entro sei mesi?

Roma (Libre) – Sei mesi, al massimo, poi Conte dovrà sloggiare. Ormai il tam-tam è scattato, dopo l’intesa tra Renzi e Salvini e la visita del leghista al Quirinale: “Noi vogliamo che l’Italia riparta, e con Conte non riparte”. Per Francesco Forte (nella foto a lato), economista ed ex ministro delle finanze, l’esecutivo ha i mesi contati. “Viva il coronavirus – scherza Vittorio Feltri – se sfratta Conte da Palazzo Chigi, dopo aver finalmente cancellato anche le Sardine”.

Governissimo?
Sul “Sussidiario”, Francesco Sisci anticipa un nome: Lorenzo Guerini (nella foto sopra). “Sembra l’uomo adatto: cattolico, gradito alla Nato. Uomo del Pd, vicino a Renzi, ma del Nord. Ha mediato fra premier e governatore della Lombardia”.
Guerini dopo Conte? L’ennesimo fac simile di Gentiloni, dunque, mentre – dietro le quinte – il finto progressista Romano Prodi contende la successione a Mattarella all’ex super-oligarca Draghi, che oggi (dopo aver contribuito, con Prodi, a demolire l’Italia sotto i colpi delle privatizzazioni) si professa pentito e pronto a guidare una stagione di riscossa democratica per la sovranità nazionale.

La situazione è drammatica, ma non seria
Mentre le Sardine (con l’Italia che crolla) se la prendono con Salvini, il leader dell’opposizione che citofona a presunti spacciatori, tutto frana per merito di Giuseppe Conte, sull’orlo della fossa-coronavirus: prima il panico, poi la minimizzazione del pericolo una volta accortosi del disastro economico e d’immagine inferto al paese.
Lo stesso Francesco Forte, intervistato da Lorenzo Torrisi sul “Sussidiario”, dice: ”La demagogia dei governativi li ha resi impopolari presso gli ambienti economici che non erano del tutto loro ostili, come Confindustria, e in regioni operose come Lombardia e Veneto. Ora rischiano di essere cacciati perché alle prossime elezioni, anche se ci sarà il tentativo di scaricare tutte le colpe su Conte, ci si ricorderà di loro. Non credo – spiega ancora l’ex ministro delle finanze – che l’esecutivo possa durare più di sei mesi, anche per le difficoltà che mostrava di avere nelle scorse settimane. E poi il presidente della Repubblica deve pensare alla propria reputazione. Inoltre c’è un problema fondamentale: se aumenta il deficit, cresce anche il debito pubblico e l’Unione Europea boccerà i nostri conti. Mattarella non potrà tenere un governo bocciato da Bruxelles”.

I pannicelli caldi di Gualtieri
Il ministro Roberto Gualtieri (nella foto a lato) annuncia che l’Italia userà i margini di bilancio concessi dall’Ue nelle cosiddette “circostanze eccezionali”, ma se non si vede una strategia basata sugli investimenti, soprattutto in infrastrutture, allora non si può pensare che l’economia riparta.
Chiarisce Forte: “Non si possono usare risorse per bonus e interventi settoriali, ma serve un’azione macroeconomica globale. Bisogna mettere in campo strumenti che invertano il ciclo economico, occorre far crescere il Pil per non vedere aumentare il rapporto debito-Pil”.
Siamo al cane che si morde la coda. Eppure, nella primavera gialloverde del 2018, economisti come Antonio Maria Rinaldi (ora eurodeputato eletto con la Lega) ripetevano: se i soldi finiscono in investimenti produttivi, aumentare il deficit fa crescere il Pil e quindi riduce l’incidenza del debito. Era il piano che, peraltro, Salvini e Di Maio – allora alleati – avevano affidato a Paolo Savona, neutralizzato da Mattarella su pressione di Draghi, si dice, attraverso Bankitalia. Ora, due anni dopo, siamo tornati al punto di partenza. A essere sparigliate sono le carte e gli attori, mentre il copione è invariato. Perché mai all’Italia sarebbe consentita, oggi, la politica espansiva negata appena due anni fa dall’oligarchia eurocratica? E poi, chi decide cosa? Conte, il tiepido Re Travicello, sarebbe espressione diretta del super-potere vaticano: una pedina sacrificabile. Ma, dietro a qualsiasi “governissimo”, non sarà difficile scorgere la partita a scacchi, tuttora in corso, tra Prodi e Draghi, per conquistare il Quirinale.

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