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Il Clima e la “Banda Thunberg”

di Giusto Buroni – Tutti i quotidiani più o meno l’hanno annunciata, ma al momento buono nessuno si è accorto dell’assenza di una petizione italiana sui cambiamenti climatici. Ricapitoliamo. Nel 2019, in vista della riunione annuale sul clima, prevista in Cile e poi trasferita a Madrid (a causa di un terremoto), un gruppo ristretto di volonterosi studiosi italiani capeggiato da “monumenti” come A. Zichichi e R. A. Ricci, e da tecnici testardi e preparati come Franco Battaglia, concepiva una timida petizione per chiedere all’ONU di non condannare a morte immediata le “fonti energetiche fossili” ma di studiarne un utilizzo limitato, rispettoso della massima efficienza e dell’ambiente. Venuti a conoscenza dell’iniziativa, molti altri volenterosi, fra cui lo scrivente e suoi colleghi, chiesero e ottennero di sottoscriverla, raggiungendo il rispettabile numero di alcune centinaia di adesioni. In vista della riunione fu reso noto ai firmatari che la petizione era stata consegnata nelle mani di un affidabile Senatore della Repubblica, che prometteva di farla pervenire alle autorità dell’ONU attraverso il capo della delegazione italiana a Madrid. Si mormorava nel frattempo di una seconda petizione a livello europeo, a cui quella italiana si sarebbe potuta associare, rafforzando l’opposizione all’approccio “integralista” dell’ONU, tendente a seguire le “direttive scientifiche”, ormai prevalenti, di Greta Thunberg. Di quest’ultima portavoce della scienza climatica e ormai anche economica si ebbero ampi e riverenti resoconti, ma delle petizioni italiana o europea non si diedero notizie evidenti. A fine anno chiesi ragguagli ai responsabili della raccolta-firme e ne ottenni risposte sgarbate e evasive, che stranamente non sorpresero gli altri firmatari, come se ormai la questione dovesse ritenersi chiusa. La trasmissione della TV privata NOVE il 3 marzo, in cui il “primo climatologo” del CNR Mario Tozzi sbeffeggiò la petizione scomparsa e i suoi firmatari, mi ha offerto l’occasione di informare i colleghi “studiosi” con cui sono più frequentemente in contatto. Sorprendentemente costoro ne hanno subito parlato col Senatore, la cui prevedibile reazione, messa per iscritto, è stata “Chi è costui e che vuole da me?”. Adesso, se vuole, lo sa e ha i mezzi per rispondere. Meno prevedibili, ma vere e sottoscritte, le reazioni degli altri: “lei non capisce la politica” (mai ho preteso il contrario); o meglio: “con tanti onorevoli che abbiamo, deve proprio accanirsi contro uno dei pochi che a volte ci favorisce? Non ne ha nessun rimorso?” Ma per me sarebbe la prima (e unica) volta di una sua promessa, guarda caso non mantenuta, tanto che mi viene il sospetto che, avendo cambiato idea all’ultimo momento, il comitato promotore, invece di modificare la petizione, l’abbia fatta sparire con la scusa dell'”onorevole che ha tanto da fare”: la Scienza e la Tecnica al servizio degli onorevoli. Comunque, per noi ambientalisti in buona fede è l’ennesima occasione perduta contro la banda Thunberg. Può accadere che, aspettando che la stampa ci dia voce, saremo prima distrutti da un virus o da un meteorite e i 50 centimetri di innalzamento delle acque (a fine secolo) per cambiamenti climatici di origine antropica cesseranno di turbare i sonni di rispettabili scienziati e senatori.

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