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Lettera all’Italia… sdraiata sul Mondo e coperta dal Cielo: con te ce la faremo anche stavolta

di Sonia Oliva – Cara Italia ti scrivo, così mi distraggo un po’… Cominciava più o meno così anche una famosa canzone di Lucio Dalla. “L’anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va”. La ricordi vero? Non sono neanche tre mesi che è cominciato il nuovo anno ma a tutti noi, sembrano tre anni. Abbiamo atteso con gioia e trepidazione l’arrivo del 2020. Speravamo in un anno migliore, in una ripresa economica e sociale. Qualcuno guardava già con sospetto questo nuovo anno. Sai che il tuo popolo è composto da santi, poeti e superstiziosi. Anno bisesto, anno funesto si dice. E anche questa volta, il motto non ci ha traditi. Ma ci hai traditi tu, cara la nostra Italia. Mentre i tuoi abitanti festeggiavano e ballavano e facevano scoppiare i mortaretti nelle piazze delle tue meravigliose città tenendo impegnati i medici degli ospedali per medicare le ustioni del caso, tu ci osservavi e hai preso la tua decisione.
Avresti potuto stappare una bottiglia di bollicine italiane, ad esempio, una magnum di Ferrari, mangiare una generosa fetta di “panetùn” (panettone in dialetto milanese) e invece no. Troppo facile. Scontato avrai pensato. Lo fanno tutti!

Il Coronavirus
E così hai cominciato l’anno con Covid-19, un virus con gli occhi da orientale che ha la forma di una corona. E davanti a questa brutta corona, come tradizione vuole, ci siamo dovuti inginocchiare. Meglio di te, Cara Italia, non ci conosce nessuno e hai calcolato tutto alla perfezione. Sapevi che facendo entrare il Coronavirus dal nord, saresti riuscita a nasconderlo per un po’ perché in Lombardia si corre, si lavora, si pianificano i meeting, si mettono in agenda gli aperitivi, si va a cena, il fine settimana si abbandona la Madunina per andare “fuori città” e non ci si ferma mai a pensare. Ci hai pensato tu a fermare tutti noi. Ma io so perché l’hai fatto. E non c’entrano niente i corsi e i ricorsi storici tanto cari al pensiero di Gianbattista Vico. Secondo il filosofo napoletano, alcuni eventi si ripetono con le stesse modalità a distanza di secoli o anni, non per casualità ma in base a un preciso disegno della Divina Provvidenza. Invece tu, Cara Italia eri solo stanca. Molto stanca. Dovevi riposare. Ci avevi avvertiti ma noi non ti abbiamo ascoltata e ti abbiamo sempre data per scontata. Eri stanca di assistere al degrado di un’Unità conquistata faticosamente.

Bombe e sangue
Hai sopportato le dure battaglie di due Guerre Mondiali, hai visto l’acqua cristallina dei tuoi fiumi mischiarsi al sangue dei soldati. Hai visto uomini alimentarsi di odio e rancore. Hai assistito a lotte per il potere. Hai sopportato lo scoppio di bombe piazzate nelle stazioni e sulle autostrade. Bombe che hanno spezzato vite innocenti. Da troppi anni vedi mamme partorire e abbandonare i propri figli. Uomini che picchiano e uccidono senza pietà le loro donne. Cadaveri innocenti che custodisci tra le braccia nella tua fredda terra. Uomini che in nome del “dio denaro” hanno rubato, tagliato fondi per cause importanti, abbandonato qualsiasi morale. E tutti questi sono i tuoi uomini, i tuoi abitanti, quelli per cui ci sei sempre stata. Ma in tutto questo c’è anche chi, seppur con immani difficoltà, non ha mai abbandonato la retta via. Sì, avevi provato ad avvertirci. Avresti voluto vedere i tuoi italiani uniti, solidali, preoccupati per il prossimo e invece ci siamo sempre preoccupati tutti solo del nostro piccolo orticello. Siamo campioni nell’essere egoisti! Ci avevi insegnato che da soli non si può andare lontano, che le difficoltà vanno affrontate insieme, che i più forti devono aiutare i più deboli e noi, forse, non ti abbiamo ascoltato abbastanza.
Adesso siamo fermi, sospesi, immobili, impauriti e disarmati di fronte a un nemico invisibile molto più grande di noi.
Un nemico che non sappiamo come combattere. Un nemico che non vuole i nostri soldi e le nostre ricchezze.

I nostri eroi
Un nemico che si è già portato via troppi nostri anziani, la nostra storia, la tua storia. Siamo chiusi in casa. Siamo in quarantena. Che parola brutta! E non sapendo cos’altro fare, abbiamo cominciato a parlarti dai balconi. Cantiamo il tuo Inno, applaudiamo per chi sta cercando di capire come curarci, li chiamiamo eroi.
Sì, adesso. Fino a ieri però li abbiamo insultati e a volte anche aggrediti.
Abbiamo permesso che alcune dottoresse, costrette a turni di notte in ambulatori isolati, si licenziassero per paura delle continue aggressioni.
Dai balconi appendiamo striscioni, disegniamo arcobaleni, lanciamo hashtag come se non ci fosse un domani (speriamo invece ci sia e sia migliore dell’oggi), #iorestoacasa, #celafaremo, #andratuttobene.
Cara Italia, vorrei dirti: va bene, adesso basta, facci riprendere la nostra vita, abbiamo capito che messaggio volevi darci; ma sinceramente non so se me la sento. Tu cosa ne pensi?

Non tutti i mali vengono per nuocere
È una responsabilità troppo grande perché, come te, conosco anch’io gli italiani. Sei considerato solo se sei qualcuno e se puoi dare qualcosa. Adesso siamo in una fase buonista, ci vogliamo tutti bene ma al termine della quarantena come saremo? Questo incubo dovrebbe aiutarci a guardare sempre chi ci sta di fianco e, soprattutto chi sta dietro di noi. Dovrebbe insegnarci a tendere la mano anche a chi non conosciamo.
Ma va bene, Cara Italia, io ci voglio credere.
Voglio credere che tutto il tuo lavoro non sia stato inutile, che la tua bellezza riempia i nostri cuori e che questa brutta storia ci faccia svegliare migliori e, soprattutto, più umani. E adesso Cara Italia, mentre noi stiamo a casa e non ti possiamo calpestare (come dice anche il Decreto Ministeriale) tu potrai finalmente riposare un po’, sdraiata sul mondo e coperta dal cielo.
A farti la guardia pensiamo noi.
Buonanotte Cara Italia.
Ti vogliamo bene e, grazie a te, ce la faremo.

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