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Decreto “Cura Italia”: 72 pagine di politichese

di Marco Zacchera – Non entro nel merito politico del decreto “Cura Italia” né affronto il problema se i fondi siano sufficienti o meno, anche perché criticare è facile ma intervenire in questa situazione è comunque molto difficile.
Mi limito a dire che tutto il decreto è finanziato “a debito” ovvero aumentando il deficit dello Stato, il che significa tamponare oggi, ma creare altri problemi futuri.
Quello che mi limito a dire è che il “Cura-Italia” è scritto male, contorto, spesso incomprensibile. Alla fine occupa 72 pagine (!) di Gazzetta Ufficiale diviso in 127 articoli: un testo-monstre scritto in distillato di puro politichese e composto da quasi 100.000 (centomila!) parole in cui concretamente alla fine si parla di tutto, ma si capisce poco o nulla.
Il solo commento (ovvero la traduzione del decreto in italiano comprensibile) da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti – il mio ordine professionale – riempie 67 pagine scritte fitte fitte solo per cercare di far capire qualcosa a chi deve interpretarlo.
C’è dentro di tutto, dallo svuota-carceri alla cassa integrazione, dalla sospensione dei termini alla proroga di 2 anni (non due mesi!) all’Agenzia delle Entrate per i suoi accertamenti.
È comunque solo un testo-base che verrà poi emendato, cambiato, incrementato e reso così ancora più complicato e pasticciato. Alla fine il Parlamento lo voterà – vedrete – con un voto di fiducia, anche se nessun parlamentare l’avrà mai letto, anche perché leggerlo tutto è umanamente impossibile.
Lo stesso Presidente Mattarella – che lo ha subito firmato e ne promulgherà poi la legge di conversione finale – sicuramente non ha avuto né avrà mai la possibilità di farlo e anche lui, quindi, lo firmerà “sulla fiducia”
Forse non c’era altro modo per stenderlo “a legislazione vigente”, ma credo sarebbe stato meglio (molto meglio) cercare di cambiare finalmente anche il modo di procedere – visto che siamo in una emergenza – fissando solo pochi punti, ma chiari ed inequivocabili, comprensibili ed attuabili. Tanto vale al massimo un mese, da integrare a nuovo (con quali soldi?) il mese prossimo.
In Italia non siamo infetti solo dal virus, ma dalla burocrazia e dal politichese che fanno ancora più danni del virus.
Certo, Conte ci tiene ad apparire ogni sera “l’uomo solo al comando” ed andare quindi da solo in TV (anche perché quando parlano certi ministri come quella del lavoro e dell’agricoltura non azzeccano neppure un congiuntivo) mentre già intorno a lui c’è chi – come Di Maio – rosica se non è in prima fila.
Parliamoci chiaro: nessuno sa come sarà cambiata l’Italia alla fine di una questa batosta, ma prima di tutto speriamo di esserci ancora.
 
Attenti alla Cina (e a Di Maio) altro che “aiuti”
Grande spazio sui media per l’arrivo a Ciampino del “dono” cinese: 9 medici in trasferta a Roma (e poi spediti in giro per tutta l’Italia) con un carico di materiale sanitario “donato” al nostro paese, ma che poi sembra sia stato perfino fatto pagare.
Non capisco che cosa abbia tanto da esultare il ministro Di Maio, eppure da una settimana ci comunica quotidianamente che acquisteremo milioni di mascherine cinesi e loro apparecchi sanitari per proteggerci dal virus. Amen.
Evidentemente il nostro Ministro degli Esteri non si è ancora reso conto che la sua dannata volontà di correre dietro alla “Via della Seta” ci ha già fatto un mucchio di danni.
Certo che adesso ci servono le attrezzature sanitarie cinesi, ma è provato CHE IL GOVERNO CINESE PER SETTIMANE HA NASCOSTO L’EPIDEMIA, addirittura processando e condannando i medici che ne parlavano.
La Cina dovrebbe essere quindi oggetto DI UNA GRANDE INDAGINE INTERNAZIONALE e in qualche modo chiamata alle proprie responsabilità per i danni procurati all’ umanità, altro che pubblici ringraziamenti.
Anche perché il rischio concreto è che i cinesi (e non solo, forse anche la Russia è nel gioco) grazie alla crisi economica legata al Coronavirus e al prezzo del petrolio si comprino a prezzo di saldo le nostre aziende migliori con massicci scalate in borsa.
Di tutto questo però non se ne parla molto, ma è un tema che andrà assolutamente approfondito.
C’è una acuta riflessione su “Il Foglio” del 17 gennaio “L’ORA DEI CATTIVI” che va letta con attenzione dove si sottolinea bene la strategia cinese che ha riconosciuto proprio in Luigi Di Maio l’anello debole della catena di comando del governo italiano.

La via della seta trasformata in via del Covid19
Luigi Di Maio che da ministro dello Sviluppo economico ha firmato la “Via della Seta”, è lui che la settimana scorsa è andato a fare la conferenza stampa in diretta all’arrivo degli aiuti, seduto accanto all’ambasciatore cinese in Italia Li Junhua.
Pechino sa bene chi in Italia è alla spasmodica ricerca di un palcoscenico e farebbe qualunque cosa pur di salirci: e infatti gli “aiuti concreti cinesi” e le parole di Di Maio sono finiti su tutti i media italiani e cinesi.
In realtà il ruolo di Luigi Di Maio è stato semplicemente quello di parlare al telefono con il suo omologo cinese Wang Yi  e assicurarsi una commessa (pagandola!) di mille respiratori da acquistare dai nostri abituali fornitori in Cina e adesso di 100 milioni di mascherine quando diverse aziende italiane – riconvertitesi in una settimana – sono pronte per produrne quante se ne vuole, magari abbassando l’IVA dal 22 al 4% visto che sono diventate preziose (nessuno al governo ci ha pensato nel “ Cura Italia”?) .
Io non capisco se Di Maio sia consapevolmente oppure no di quanto stia combinando (e questa non è ironia: queste cose Di Maio le capisce? Perché il dubbio davvero mi assilla…) e di essere diventato la sponda “istituzionale” a un’operazione che ha un profondo significato politico ed economico.
Tutto è collegato: l’ambasciatore cinese in TV, la telefonia, la “Via della Seta”, gli acquisti cinesi di titoli di stato italiani, ora le possibili scalate in borsa con la Cina che dalla crisi sanitaria sta già uscendo ben prima di noi.

Perché non parliamo un po’ della libera e liberale Taiwan?
La controprova di quanto siamo diventati succubi di Pechino si vede anche dalle semplici  cronache quotidiane: neppure questa settimana si è parlato del Paese che per primo ha affrontato e vinto il Coronavirus: Taiwan.
L’ “altra Cina” , quella libera e democratica, ostile a Pechino ma che pur essendo a soli 120 km dal continente (e con oltre 500.000 suoi cittadini che ci lavorano) ha egregiamente protetto i suoi 23 milioni di abitanti bloccando il virus all’inizio, tanto da avere pochissimi contagiati e praticamente nessun decesso e senza bisogno di militarizzare alcunchè.
E ricordiamoci che gli spazi a Taiwan sono ben ristretti, visto che quei 23 milioni di persone stanno su un’isola grande solo una volta e mezza la Sicilia!
Un successo di cui però non si deve parlare perché a Pechino non piace, così come addirittura non si ammette neppure Taiwan nell’ Organizzazione Mondiale della Sanità solo per motivi politici: un atteggiamento ingiusto e ridicolo, ma soprattutto stupido e controproducente per tutti.
Un governo libero, autorevole, con persone serie alla sua guida e con un minimo di visione strategica tutti questi dubbi dovrebbe cominciare ad averli, così come quei dirigenti del PD ben preparati in politica estera (e ne conosco diversi) che non capisco come possano ancora stare zitti con questo ministro dilettante allo sbaraglio.
Perché nel frattempo la crisi sanitaria ha fatto dimenticare la Libia, la Siria, gli sbarchi (che continuano) e i pasticci della nostra diplomazia di questi ultimi mesi che hanno visto sparire l’Italia da ogni credibilità internazionale.
D’altronde tutti i  lettori possono liberamente giudicare se un Ministro degli Esteri di siffatta levatura sia adatto a rappresentare oggi  l’Italia nel mondo.

“Vogliamo l’esercito”… ma dov’è?
Tutti chiedono adesso l’aiuto delle Forze Armate per bloccare il coronavirus o almeno controllare il traffico sulle strade, ma ci siamo dimenticate che – nel frattempo – le Forze Armate italiane sono all’osso perché tra tagli, antimilitarismo, operazioni di “pace keeping” all’estero, malati & invalidi e soprattutto scalda-seggiole, c’è ben poco da schierare sul “fronte interno”. Quel poco che resta è spesso di non grande operatività, anche perchè mi sembrerebbe assurdo chiedere a quei pochi reparti addestrati e pronti per andare in missione all’estero di ridursi a fare i vigili urbani.
I numeri parlano chiaro: taglia di qua taglia di là, abbiamo meno effettivi della Spagna e della Grecia, moltissimi meno di Francia e Germania, siamo bel al disotto del Giappone e se ovviamente siamo nulla rispetto ad USA e Russia, siamo anche molto meno operativi di tutti quegli stati più o meno “militarizzati” – dalla Turchia al Venezuela, al Vietnam – dove le forze armate sono quelle che comandano sul serio o sono il vero braccio armato del dittatore di turno.
Meglio non trovarsi in situazioni simili, ma quando si invoca la presenza dei militari è come chiedere di far rispettare una polizza di assicurazione quando arriva un sinistro  ma senza aver voluto pagare il premio della polizza.
Piuttosto pensavo di vedere in prima linea, prima ancora dei militari, Emergency, Ong, Medici Senza Frontiere e le varie organizzazioni umanitarie sempre pronte giustamente ad aiutare e salvare chi arriva in Italia: non  ci sarebbe da lavorare adesso anche per gli italiani?

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