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Per le piccole imprese serve più coraggio da parte del governo

In Fase 2, per le piccole imprese, il governo deve avere il coraggio di andare oltre

Roma (s.o.) – Concentrare gli aiuti economici su chi ha perso di più nel corso del lockdown e dare il via a una stagione di riforme strutturali del settore del turismo e della ristorazione. Sono queste le due direttrici lungo le quali, secondo Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, la politica dovrà muoversi nei prossimi giorni per evitare il collasso di un comparto forte di 330.000 imprese con 90 miliardi di fatturato e 1,2 milioni di lavoratori che, nel giro di tre mesi ha perso 34 miliardi di euro, mettendo a rischio 50.000 imprese e 350.000 posti di lavoro. “Gli aiuti previsti fino a questo momento – ha sottolineato il direttore generale di Fipe, Roberto Calugi, nel corso dell’udienza di stamane davanti alla Commissione Bilancio della Camera, sul Decreto Rilancio – hanno probabilmente disatteso le intenzioni stesse del legislatore: meno di un terzo dei lavoratori ha ricevuto i contributi previsti dal fondo di integrazione salariale e dalla cassa in deroga e dei 400 miliardi attesi sul Decreto liquidità, ne sono stati erogati meno di 20. Il risultato è che i nostri imprenditori e i loro collaboratori sono allo stremo e il rischio di disordini sociali è all’ordine del giorno”.   Un quadro drammatico che si aggrava in questa Fase 2, con gli esercizi che con coraggio hanno riaperto i battenti e che nella prima settimana stanno registrando cali di fatturato del 69,4% circa. Da qui la necessità di rivedere alcune misure contenute nel Decreto Rilancio per rendere sostenibile il settore.
“Nel Decreto legge – ha spiegato Calugi – ci sono alcune risposte alle richieste della Federazione, ma bisogna avere più coraggio . Non si possono trattare situazioni diverse con modalità uguali, chi è stato chiuso per Dpcm deve aver diritto a contributi a fondo perduto non solo per il mese di aprile ma anche per marzo e maggio. Appare inoltre incomprensibile la ratio per cui sono esclusi i pubblici esercizi e le imprese di intrattenimento dalle disposizioni dedicate al turismo, dalla tax credit vacanze all’esenzione Imu”. 
Parallelamente, la richiesta di Fipe è lavorare su interventi strutturali per la tenuta del settore.
“Da un lato è necessario – ha detto il Direttore Generale – mettere in atto forme di rinegoziazione dei canoni di locazione, adeguandoli alla realtà del dopo Covid. Sapendo una cosa: noi non siamo in grado di pagare gli affitti per i mesi in cui siamo rimasti chiusi e siamo pronti a intasare i tribunali di contenziosi. D’altronde – ha aggiunto Calugi – bisogna aiutare gli imprenditori a mantenere alti i livelli occupazionali e non perdere professionalità. Non si possono dare ammortizzatori sociali all’infinito, occorre intervenire sul costo del lavoro e ridurre il cuneo fiscale. Ci rendiamo conto delle difficoltà esistenti per tutti e dei vincoli di bilancio – ha concluso il Dg di Fipe -, ma bisogna avere il coraggio di andare oltre: perdere il tessuto imprenditoriale dei pubblici esercizi, significa impoverire gravemente il tessuto urbano e sociale dell’intero Paese”.

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