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Furono i comunisti per primi nel Novecento a violare i domicili privati

di Maurizio Blondet – Fu nel 1929, quando Stalin decreto la fine della NEP (Nuova Politica Economica), perché “la nuova borghesia era diventata economicamente forte e politicamente aggressiva”. Dante Corneli (nella foto a lato), il comunista d’acciaio fuggito in Russia per omicidio del segretario del fascio Veroli e lì stabilitosi con piena convinzione, tanto da diventare capofabbrica ed essere eletto deputato del Soviet di Rostov, che allora approvava la “liquidazione degli elementi capitalisti nelle città”, racconta: “Il segretario del partito della nostra officina m’invitò per le dieci di notte presso la direzione generale del NKVD del Nord Caucaso. Il cortile era affollato di compagni militanti attivisti. Il capo del NKVD, Deich, ci fece questo discorso: In questi ultimi tempi i nepman ci stanno creando serie difficoltà. Nostro compito è di colpirli di sorpresa. La vastità dell’operazione è tale che non sono sufficienti le nostre forze. Per questo siamo ricorsi al vostro aiuto. Dopo la mezzanotte, a due a due, con i nostro mandato e all’indirizzo indicato, farete un’accurata perquisizione. Cercate che tutto si svolga con calma. In caso di resistenza telefonate qui. Requisite denaro, gli oggetti d’oro e d’argento, le pietre preziose, le monete e le valute straniere, le monete d’argento sovietiche, le armi, i generi alimentari, i manufatti. Di tutto quello che trovate fate il verbale e lasciatene copia agli interessati. A me – prosegue Corneli – toccò di visitare con un mio amico, Nikolai Maleznikov, una bella casetta alla periferia di Rostov. Ci aprì una giovane donna che sbiancò quando seppe lo scopo della nostra visita notturna. Ci fece accomodare in salotto e aspettammo che mettesse in ordine la sua persona. Nel salotto c’erano macchine da cucire, vestiti da donna in corso di confezione, ritagli e pezzi di stoffa. In camere vicine trovammo tre belle ragazze: la padrona ci spiegò, senza che noi lo chiedessimo, che erano sartine, apprendiste sue parenti, che vivevano con lei, Nella camera da letto un baule come quelli che s’incontrano anche oggi nelle famiglie agiate dei villaggi: grandi, corazzati di lamiera, pesanti. Ce l’aprì con dispiacere: oltre a vestiti, pellicce, stoffe, c’era una borsetta con migliaia di rubli e un sacchetto pieno di orologi d’oro, catenine, collane, anelli. Anche provvista di generi alimentari. Verso l’alba – continua Corneli – consegnammo tutto alla direzione del NKVD. Ci vollero alcune ore. Anche gli altri avevano requisito monete d’argento, gioielli, valute straniere, rubli, zucchero, stivali, galosce, riso, pistole e fucili a canne mozze (obrezi). In una sola notte in tutta l’Unione Sovietica furono spogliati tutti i piccoli e medi fabbricanti, gli artigiani, i bottegai, i commercianti.. Tutti: costruttori, professionisti, bottegai, gestori di ristoranti, di alberghi, di bettole, sarti, carrettieri, barbieri e ciabattini: la parte più attiva e qualificata della popolazione, quella che aveva contribuito a sanare l’economia sovietica e a creare un certo benessere. Molti di essi finirono deportati a costruire canali e ad abbattere la taigà. Tutto quell’oro sequestrato non significa che si trattasse di ricchi: il fatto è che i ceti medi, sentendo venire l’ordine di esproprio delle loro attività, “avevano iniziato un’autoliquidazione generale: cercavano tutti di accaparrare oggetti d’oro, monete d’argento, valuta estera e riserve di prodotti”.
Un’autoliquidazione senza confronto più immane e tragica, fu quella che attuarono i 25 milioni di contadini all’ordine di collettivizzazione delle campagne: a ciascuno di loro fu ordinato di entrare nel kolkos portandovi, oltre la terra, il bestiame fino alle galline, gli attrezzi agricoli, le sementi . Invece “prima di entrare nel kolkos distrussero tutte le macchine agricole, il bestiame e il pollame. Nel solo 1930 i cavalli diminuirono di 3.400.000, i bovini di 4.600.000, la mattazione di bestiame salì al 75% e in certe regioni al 100%. Nessuna forza, né il governo, né il partito, né la polizia riuscì a impedirla o a frenarla”, scrive Corneli.
Fu allora che Stalin ordinò l’eliminazione dei contadini “ricchi” come classe. Già la “liquidazione degli elementi capitalistici nelle città” (sarte, bottegai, ristoratori eccetera) aveva portato a “un arresto dell’economia sovietica”. Un immane spreco di vite; e un patrimonio di risorse umane, ingegni, competenze fu distrutto, per qualche quintale d’oro che il Partito ovviamente dissipò senza frutto. La liquidazione dei kulaki portò la fame. Anche per i tecnici e operai dell’industria, di cui Corneli era un dirigente.
“I negozi rimasero quasi vuoti o chiusi. I mercati non esistevano più. La carne era sparita. Il pane, lo zucchero, la krupa (frumento) razionati. Per averli si facevano interminabili code. Alla mensa dell’officina, per pranzo, una brodaglia”.
Ma il peggio fu la disorganizzazione imposta dagli ordini del Partito che ostacolava la produzione industriale, pupilla dell’occhio di Stalin: “bassa produttività, scarti, assenze. Le mogli e le figlie degli operai erano entrate a lavorare alla produzione (di fabbrica) per avere la razione operaia di generi. Incentivi di lavoro erano diventati i buoni per un paio di scarpe e qualche metro di stoffa.
“Le medicine, prima gratuite, si ricominciò a pagarle. I nomativi venivano portati al massimo con l’emulazione socialista.
E i salari? Vennero i prestiti per i piani quinquennali: ogni anno i lavoratori dovevano dare allo Stato un mese e più dei loro stipendi. Venne la legge del 7 agosto 1931 contro i piccoli furti. Milioni di persone per un chilo di pane, per dieci patate, per qualche chiodo, una bracciata di fieno, furono condannati a otto e dieci anni di avori forzati nei lager. Per rifornire la mensa della nostra officina furono organizzate delle fattorie, coltivarle toccava agli operai”, con i benefici che si possono immaginare per il lavoro principale, quello industriale. E peggio: “Qualcuno suggerì a Stalin di risolvere il problema della carne con l’allevamento in massa dei conigli. Si obbligarono tutte le fabbriche, le officine, e gli istituti ad allevarli. Ne nacque una farsa”.
Il Partito fece deliberatamente collassare l’economia di uno dei paesi più prosperi della storia, che non aveva mai conosciuto una carestia (nella foto a sinistra il gulag di Vorkuta dove è stato rinchiuso per dieci anni Dante Corneli).
E freddamente, di proposito, rese la distruzione irreversibile, sequestrando persino le sementi e mandando a morte per fame i coltivatori competenti, decapitò la rinascente piccola borghesia produttiva e la gioia di vivere.
Se questo non vi ricorda qualcosa, si applica a voi il detto “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”.
Per adesso il Grande Fratello nostrano ci ha fatto la grazia di non applicare il provvedimento che pure aveva scritto nel suo ultimo dcpm:
“Nei luoghi privati il titolare, sia che trattasi di abitazioni familiari o sedi associative, può consentire l’accesso a un massimo di dieci persone diverse dal proprio nucleo familiare risultante dall’anagrafe comunale. Per assicurare il rispetto di tale prescrizione gli incaricati dalla pubblica autorità potranno in qualsiasi momento chiedere l’accesso e procedere alla identificazione dei soggetti presenti nell’immobile”.
Però “Conte ha specificato che le visite presso i propri parenti dovranno essere fatte comunque nel rispetto delle regole sul distanziamento sociale e usando le mascherine, e che saranno comunque proibiti assembramenti, party privati familiari e ritrovi. Sarà permesso rientrare al proprio domicilio o residenza alle persone che erano rimaste bloccate all’inizio della quarantena”. In Germania il governo ha reso disponibile “un modulo per segnalare violazioni alle ordinanze anticoronavirus. Un servizio di delazione online comodo, pratico, veloce”. In Francia Macron ha ordinato il coprifuoco alle 21, e 12.000 poliziotti per fare arrestare chi, dopo quell’ora, viene trovato in strada. O Il coprifuoco non è una misura sanitaria. Sull’Italia e l’Europa pende il Natale in lockdown: Ormai è certo che la distruzione dell’economia, e di milioni di vite umane, non è un effetto collaterale, ma lo scopo primario perseguito. Dall’Homo Covidicus all’Homo Sovieticus, interminabili code per il pane e lo zucchero?
Direte: è impossibile, dopotutto comandano i capitalisti, anzi i super-capitalisti, non cancelleranno certo “professionisti, bottegai, gestori di ristoranti, di alberghi, di bettole, sarti, carrettieri, barbieri e ciabattini” come classe.
Ma non è quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi?
SkyTg24 – ONU: “effetto pandemia devastante, un miliardo e mezzo di persone rischiano il posto di lavoro, ottocento milioni rischiano la fame”

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