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Da Confesercenti: le nuove regole UE sui pagamenti arretrati in vigore dal prossimo 1° gennaio fanno rischiare il default a 42.000 imprese

Nuove regole europee sul default in vigore dal 1° gennaio. La presidente di Confesercenti Alessandria Manuela Ulandi ha lanciato l’allarme ai vertici nazionali dell’Associazione sul rischio che migliaia di imprese incorrono da gennaio 2021 a causa  delle nuove regole europee sul default.
La Presidente Nazionale Patrizia De Luise e l’intero quartier generale di Confesercenti si sono immediatamente mobilitati con il Governo.
Una spada di Damocle per migliaia di piccole attività del commercio, industria, artigianato e servizi. “Le nuove regole europee sul default rischiano di mandare in tilt il sistema del credito italiano – rimarca la presidente – e in un momento di grave difficolta potrebbero contribuire a spingere migliaia di attività verso i finanziamenti illegali”.
Dal 1° gennaio basterà un arretrato di oltre 90 giorni, superiore all’1% dell’esposizione totale verso l’istituto di credito – anche se di soli 100 euro – per far classificare l’impresa in default. E gli istituti peggiorano automaticamente la posizione dei creditori.
“Una stretta che – precisa De Luise – sarà avvertita ancora di più per la prevista fine delle moratorie, per ora fissata al 30 gennaio. Già oggi, calcoliamo che 15.000 imprese resistano solo perché protette dalle varie misure varate per contrastare gli effetti negativi della crisi. In altre parole, in mancanza di tali sostegni, dalle moratorie ai crediti garantiti, queste 15.000 imprese si troverebbero già adesso in sofferenza, a prescindere dai cambiamenti normativi. Con l’arrivo delle nuove soglie, stimiamo che il numero di imprese in sofferenza potrebbe quasi triplicare, soprattutto se come sembra presumibile lo stato d’emergenza economico-sanitaria dovesse protrarsi, causando un periodo di stagnazione o recessione anche nel primo trimestre 2021″.
Si tratta di uno scenario che rischia di spalancare le porte ai canali alternativi di accesso alla liquidità e all’usura.
“L’aumento delle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo – osserva De Luise – è un rischio molto concreto. Avvertiamo, in alcuni territori, segnali preoccupanti in questa direzione. Per disinnescare questa situazione potenzialmente esplosiva, è necessario prorogare i sostegni e le moratorie oltre a un immediato intervento pubblico di patrimonializzazione dei confidi”.
“Il Dl Liquidità – spiega Manuela Ulandi – di aprile aveva previsto la possibilità di imputare al fondo consortile, al capitale sociale o a una apposita riserva i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituite da contributi pubblici. Una misura virtuosa approvata dal Parlamento, che consente di attribuire le risorse al patrimonio netto dei Confidi, anche ai fini di vigilanza, ma che rimane lettera morta. Ad oggi, nonostante i numerosi solleciti, non risulta avviato il processo di notifica alla Commissione Europea da parte dei ministeri competenti”.
Una situazione di stallo che stoppa ogni chance d’intervento.
“Non capiamo come in questa situazione – si chiede la presidente che ha scritto al premier Conte proprio per avere chiarimenti – si possa congelare così una norma di legge che agevolerebbe l’accesso ai finanziamenti delle Pmi, sottoposte attualmente a enormi sacrifici. Una possibile soluzione arriverebbe dai Confidi che potrebbero dare una boccata d’ossigeno e di liquidità alle aziende.
Fa eco sul territorio  Manuela Ulandi chiedendo ai Parlamentari del territorio che si attivino su questo argomento che sta passando sottotono a causa delle giuste attenzioni  che richiama il  Corona virus, ma che è invece  di primaria importanza per la sopravvivenza delle imprese e la tenuta economica, sociale e psicologica che questa norma porta con sé.

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