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Da A.i.v.e.c. Roma: impugnato il Dpcm del 3 dicembre innanzi al Tar del Lazio a proposito della didattica

L’associazione Aivec proseguirà nel percorso volto ad ottenere la regolamentazione delle lezioni con la didattica a distanza per le scuole di ogni ordine e grado. A tal fine, ha impugnato innanzi al Tar del Lazio il Dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 301 del 3.12.2020, nella parte in cui dispone, all’art. 1 lett. S: “L’attività didattica ed educativa per i servizi educativi per l’infanzia, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione continua a svolgersi integralmente in presenza”, ovvero per le 5 classi della scuola primaria e per le 3 classi della scuola secondaria di primo grado. Tale disposizione ancora una volta, come i precedenti Dpcm, è in aperto contrasto col contenuto dell’allegato n. 21 (rapporto ISS del 28.08.2020 recante le indicazioni operative per la gestione dei focolai Sars-cov2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia), richiamato dallo stesso, nel quale si legge testualmente: “La riapertura della scuola attualmente prevista nel mese di settembre 2020 pone dal punto di vista epidemiologico un possibile aumento del rischio della circolazione del virus nella comunità. È infine noto che la carica virale di sintomatici e asintomatici non è statisticamente differente e quindi il potenziale di trasmissione è verosimilmente lo stesso. Più in generale, non è noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano Sarscov2 rispetto agli adulti, anche se la carica virale di sintomatici e asintomatici e quindi il potenziale di trasmissione non è statisticamente differente. Questo non permette una realistica valutazione della trasmissione Sars-cov2 all’interno delle scuole del contesto italiano”.
La giurisprudenza ha ormai pacificamente configurato l’esistenza di un diritto alla salute, come situazione immediatamente protetta, in forza dell’art. 32 della Costituzione, nei rapporti intersoggettivi e nei rapporti con la pubblica amministrazione, delineandosi il diritto alla salubrità dell’ambiente come un vero e proprio diritto sociale che obbliga la pubblica amministrazione ad un’attività positiva in favore di tutti i cittadini, sia in via preventiva che in via recuperatoria. Oggi il diritto allo studio potrà essere garantito dalle migliori tecnologie disponibili, attivando le misure di cautela da adottare in applicazione del principio di precauzione di cui all’art. 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea, il quale nel caso in cui i dati scientifici, come nel caso in esame, non consentano una valutazione completa del rischio, essendo anche i vaccini ancora in fase sperimentale, può essere invocato per garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio. Tale diritto alla tutela della salute, si ribadisce, è posto dall’art. 32 della Costituzione in senso assoluto ed immediatamente precettivo e prevalente e va affermato in via prioritaria ogni volta che la scienza non dà risposte sicure sulla totale ed assoluta innocuità degli effetti prodotti, come quelli della eccezionale pandemia da Covid19, dovendosi riconoscere la possibilità per ciascun individuo di rifiutare il rischio, anche se eventuale, del danno alla salute. Lo strumento precauzionale della Dad ha già dimostrato ed è l’unico a garantire il diritto allo studio in sicurezza sia per il corpo docente che discente.
Ulteriori motivi di impugnazione:

  • Violazione di legge ed eccesso di potere del Dpcm del 03.12.2020, art. 1, lett. “S”- per eccesso di delega
  • Violazione del principio di precauzione art. 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea
  • Per eccesso di potere connesso alla violazione di legge dell’art. 3 legge 241/90
  • Motivazione apparente, per violazione del principio dell’affidamento con riferimento agli art. 2, 3, 97 Cost.
  • Violazione del principio di ragionevolezza e di imparzialità

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