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Da un dipendente della Cerutti: “Alessandria Oggi” non ha raccontato la verità su di noi e sul sindacato

Egregio Direttore, spettabile Redazione, sono un lavoratore della Cerutti di Casale Monferrato e sono certo di interpretare un sentimento comune a molti miei colleghi nel segnalarvi che l’articolo apparso ieri dal titolo “Crisi Cerutti: il PD e i sindacati come al solito chiedono un tavolo al Mise” a firma Gianni Patrucco, ha lasciato in noi un sentimento di indignazione e profonda delusione, per come siamo stati indirettamente dipinti nell’articolo.
Al di là dell’evidente astio che traspare dalle parole (sentimento che forse ha anche origini personali e lontane su cui non voglio sindacare) e da molti luoghi comuni ampiamente abusati, il pezzo tratteggia una realtà molto distante da quella che stiamo vivendo come lavoratori e come persone.
Non vogliamo nasconderci dietro a un dito, certamente in questi anni sono stati fatti grossi errori, primo fra tutti il non aver saputo o voluto cogliere i segnali di un mondo industriale che si stava freneticamente e irreversibilmente spostando dai binari conosciuti. Ma queste sono strategie, scelte e responsabilità che devono essere prerogativa della proprietà e del management, non dei lavoratori né dei sindacati. Il compito dei lavoratori, il nostro, è quello di lavorare bene, con competenza, risultati, passione, disinteresse. E noi, per 30, 40 anni, lo abbiamo fatto con costanza, capacità e unicità di risultati, creando profitto per l’azienda, facendo crescere questo territorio (molte sono le realtà nate nel casalese e nel vercellese proprio intorno alla Cerutti), oggi ormai svuotato di risorse e idee, e facendolo conoscere in tutto il nostro Paese, dimostrando anche l’eccellenza italiana nel mondo. Troppo facile ora, e altrettanto ingiusto, abbandonarci in un angolo e relegarci a meri nostalgici del tempo che fu che pretendono aiuti sociali.
Noi non ci attacchiamo alle mammelle dello stato per campare, non pretendiamo assistenzialismo (che pure negli anni è stato ampiamente utilizzato, anche nell’editoria, ed è comunque finanziato dalle nostre tasse), anche perché la cassa integrazione non è per nulla una manna dal cielo, non fa piacere a nessuno di questi tempi vedere decurtata di molto la propria busta paga… e noi questo disagio lo viviamo ormai da anni.
Noi vogliamo, chiediamo a gran voce, semplicemente, di LAVORARE… È quello che sappiamo fare, e bene. E il lavoro c’è! È tutt’altro che manca!!
Da ormai sette settimane siamo qui, davanti all’azienda, in maniera composta e responsabile ma decisa e costante, proprio per urlare questo. Non per chiedere la cassa integrazione, ma per la dignità del lavoro! Siamo padri di famiglia, madri, siamo fratelli o sorelle, figli, che cercano nel lavoro la propria realizzazione umana; siamo lontani dalla politica, dai sotterfugi, dai tavoli di potere, dal profitto.
Da oggi non siamo né carne né pesce, né lavoratori, né licenziati, in un limbo che non ha ragione di esistere e di certo punisce molto più chi ha fatto il proprio dovere di chi ha commesso errori.
Qui, un’attesa di decisioni dalle stanze dei bottoni, dalle quali non sapremmo assolutamente nulla senza i nostri delegati sindacali (è anche a questo che servono, oltre ad alimentare diatribe politiche che nel vostro articolo sono palesi e purtroppo giocano sulla nostra pelle).
È questo quadro che il Vostro Giornale potrebbe ritrarre, senza filtri di sorta che offuschino la realtà.
Ho collaborato per 12 anni con il giornale La Sesia di Vercelli e pur nel mio piccolo so che un corrispondente per fare bene il suo lavoro ed essere obiettivo deve mettere da parte sentimenti personali, di astio o affetto che siano, e soprattutto essere direttamente informato sul tema che sta trattando. L’avvento dei quotidiani digitali, anche questo un risvolto importante della crisi dell’editoria, ha portato alla frenesia di mettere on line il prima possibile i resoconti, magari scrivendoli di getto seduti alla scrivania e rischiando di perdere il contatto diretto con fatti e persone.
Per questo saremmo felici di invitare il sig Gianni Patrucco presso la nostra fabbrica, lo accoglieremmo con l’ospitalità che ci ha sempre accompagnato e gli mostreremmo la nostra vera realtà, facendogli visionare in officina una rotativa da stampa, lunga trenta metri, una di quelle che lui definisce giurassiche (a proposito, non esistono solo le rotative per stampare quotidiani e riviste, ma anche quelle per la stampa di prodotti da imballaggio flessibile, che hanno ancora molto mercato e l’avranno in futuro) che noi abbiamo progettato, costruito e assemblato in casa, e che era praticamente finita quando dall’oggi al domani ci hanno bloccato e impedito di completarla. E soprattutto potrebbe parlare con qualcuno di noi, sentendo le storie di fatica, sacrificio, dignità, orgoglio che contraddistinguono il nostro percorso.
Perché la realtà vera è spesso tutta un’altra cosa e non si nasconde dietro ai luoghi comuni né dietro una tastiera.

Con rispetto.
Mirko Leone
Impiegato da 31 anni presso le Officine Meccaniche Giovanni Cerutti

 

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