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Il comandante dei Vigili del Fuoco di Alessandria ha diretto le operazioni di soccorso a Stresa dopo il crollo della funivia

Stresa – A dirigere le operazioni di recupero e messa in sicurezza dell’area dopo il disastro della funivia del Mottarone c’erano due alessandrini: l’ingegner Roberto Marchioni che è anche comandante ad interim della stazione di Verbania e il Vigile del Fuoco Marcello Crecca che col drone ha effettuato riprese di ispezione sopra l’area della tragedia. L’ingegner Roberto Marchioni è anche comandante ad interim della stazione di Verbania, per cui si capisce il motivo della sua presenza a Stresa. Novarese, 56 anni, Marchioni si è laureato al Politecnico di Torino in ingegneria civile. Entrato nei pompieri nel 1994 è stato anche comandante vicario al comando vigili del fuoco di Novara. È sposato e padre di 4 figli. Fra le missioni per le quali è stato impiegato, spiccano il sisma in Umbria e Marche del 1997, il terremoto di Amatrice nel centro Italia 2016-2017 e il crollo del ponte Morandi.
Possiede specializzazioni tecniche come Energy manager, esperto in gestione dell’energia ed è stato componente di numerose commissioni di collaudo e di gruppi di lavoro per l’esame di rapporti di sicurezza per aziende a rischio incidente rilevante.
Grazie al comandante Marchioni e al pompiere dronista Crecca è stato possibile condurre le operazioni di soccorso in tempi brevissimi e con estrema precisione, anche se ormai il bilancio era di 13 morti e due feriti gravi. Uno dei due feriti, un bambino di nove anni sarebbe poi deceduto al Regina Margherita di Torino dov’era stato ricoverato con l’elisoccorso. L’altro, un bambino di 5 anni, è tutt’ora in rianimazione ma le sue condizioni si sarebbero stabilizzate.
Il comandante Marchioni (nel fermo immagine sopra) è stato intervistato da Massimo Giletti nella puntata di ieri di “Non è l’Arena” e noi siamo in grado di pubblicare l’intervista.

Eccola
Marchioni – La situazione è stata abbastanza drammatica. C’erano alcuni corpi fuori dalla cabina, alcuni a monte altri a valle, altri erano ancora all’interno delle lamiere contorte. Il nostro intervento è stato inizialmente finalizzato a verificare se qualcuna di queste persone fosse ancora in vita. Sul posto, prima di noi, era arrivato l’elicottero del 118. Si può arrivare coi mezzi fino a un certo punto, poi bisogna inevitabilmente procedere a piedi, il terreno è abbastanza impervio.

Giletti – Avete idea di come sia caduto il cavo?
Matchioni – Ovviamente no, possiamo avere un’idea di quella che possa essere stata la dinamica dell’incidente, ovvero – le testimonianze lo confermano – sembra si sia rotta la fune traente dell’impianto, quella che permette all’impianto di essere portato in quota. Le funi portanti sono ancora al loro posto e non hanno avuto nessun tipo di problema.

Giletti – Il sistema di autoprotezione non è entrato in funzione?
Marchioni – Questa è una delle cause che saranno accertate nel corso dell’inchiesta, evidentemente questo non è avvenuto dato che la cabina si è schiantata al suolo. Però in questo momento è prematuro dire cosa non abbia funzionato o quale sia stata la causa.

Giletti – Lei ha vissuto molte tragedie. Cosa ci può raccontare di questo disastro? Che scena si sono trovati davanti i suoi uomini?
Marchioni – I VVF sono abituati a vivere scene drammatiche, però in questo caso devo dire che è stata particolarmente raccapricciante. Alcune persone erano state sbalzate fuori dalla cabina, altre erano ancora all’interno, c’era anche un bambino piccolo. Sono scene che nessuno di noi vorrebbe mai vedere e che comunque rimarranno impresse nella memoria di chi le ha viste per sempre. Quello che si prova in questi momenti – lo dico da ingegnere – è un senso di sconfitta. Perché una calamità naturale è un evento che non possiamo impedire si verifichi, mentre invece quando c’è di mezzo una catastrofe di questo tipo – che sia il Ponte Morandi, che sia la funivia – comunque significa che dietro c’è qualcosa che non ha funzionato da parte dell’uomo.

Giletti – Che idea vi siete fatti, sul fattore che potrebbe non aver fatto scattare l’impianto di sicurezza?
Marchioni – Non abbiamo ancora avuto indicazioni dalla Procura, stiamo collaborando, stiamo cercando di mettere a disposizione tutte le professionalità e gli strumenti di cui disponiamo come Corpo Nazionale. Per quanto riguarda le cause, è impossibile in questo momento individuarle. Possiamo ricostruire almeno sommariamente la dinamica dell’incidente. Ma risalire da qui alle cause vere e proprie diventa un pochettino … (Giletti parla sopra)

Giletti – Sulla dinamica vorremmo ci dicesse qualcosa di più. Mancavano 300 metri dicono alcuni testimoni all’arrivo finale poi è stata sbalzata indietro.
Marchioni – Sono supposizioni, dovrebbe essere andata così, la cabina era quasi arrivata in quota. Il tratto finale di un impianto a fune è quello in cui si determina il massimo sforzo della fune traente, che è quella che pare abbia ceduto, anzi ha ceduto. Quindi la cabina, per effetto della pendenza, è tornata indietro e ha acquistato velocità sempre di più. A questo punto, quando ha incontrato un pilone che determina il cambio di pendenza della catenaria delle funi portanti, probabilmente è scarrucolata – cioè è uscita dall’appoggio della carrucola – e conseguentemente è caduta al suolo. Sommariamente la dinamica dell’incidente è questa. Poi, il perché si sia verificato tutto questo sarà oggetto di perizia.

Giletti – Come funziona l’impianto di sicurezza?
Marchioni – Sono di tanti tipi, ma dovrebbe esserci un dispositivo che, al venir meno dello sforzo della fune traente, dovrebbe far chiudere delle ganasce che fermano la cabina sulla fune portante. Bisognerebbe conoscere nel dettaglio l’impianto per poter poi dire che cosa non abbia funzionato, che cosa si sia rotto.

 

 

 

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