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I novesi pronti all’insurrezione perché a Novi manca l’acqua: ma va?

Novi Ligure (Franco Traverso) – Se c’è una città sull’acqua è Novi Ligure. Addirittura si ricorda che negli anni cinquanta del secolo scorso, quando s’è trattato di ricostruire il centro città bombardato nel 1944 dagli “Amici Alleati” (mentre i partigiani del Cln come al solito, invece di organizzare una contraerea, stavano a guardare, e non conoscevano “Bella Ciao”, inno composto solo nel dopoguerra), per la realizzazione dei portici nuovi hanno dovuto pompare acqua per una settimana. Ma oggi i residenti di Strada Grande alla periferia di Novi, poco dopo la frazione Merella, sono senz’acqua e pronti a scendere in piazza per protestare. Ogni anno è la stessa storia, che comandino i sinistri o i destri. Perché? Probabilmente perché negli anni è stata fatta una selezione al contrario per cui a gestire la cosa pubblica comunale sono i peggiori. Come quella candidata alla dirigenza raccomandata da Valdenassi che – siamo nel 1991 – nella prova scritta aveva citato un non meglio identificato nesso di casualità (un’idiozia), invece del nesso di causalità. È diventata dirigente del Comune, insieme a molti altri della sua forza, e questi sono i risultati. Risultati tali per cui a Novi Ligure ogni estate da dieci anni a questa parte non c’è acqua. Proprio in questa povera cittadina totalmente sovietizzata e ormai allo sbando, dove se prendi il badile e scavi, a tre metri trovi già l’acqua. Secondo quei fenomeni di Acos – Gestione Acqua ciò è dovuto ai lavori di manutenzione dell’acquedotto. Lavori di manutenzione che durano all’infinito e sono fatti male. Da loro. Qualcuno fa sapere che la pressione dell’acqua erogata da Acos – Gestione Acqua raggiunge a malapena 0,5 Bar, mentre dovrebbe essere compresa tra 1,5 e 3 bar, ma siccome a Noeuve i problemi non si risolvono mai e si ripetono all’infinito, riproponiamo il sempre attuale articolo del grande e indimenticabile Guido Manzone di sette anni fa proprio a proposito della gestione dell’acquedotto novese.

di Guido Manzone (20 ottobre 2014) – Negli acquedotti italiani apparentemente scorre acqua, in realtà scorre oro. Se non si ruba in modo furibondo e smodato nessun acquedotto italiano può essere in perdita. Il perché è presto spiegato. Gran parte degli impianti sono stati ammortizzati da decenni, e alcuni anche da secoli, come gli acquedotti di Roma costruiti ai tempi dell’Impero Romano o dai vari cardinali che si sono susseguiti al potere nello Stato Pontificio, e tuttora funzionanti benissimo. Per dire quanto siano alti gli utili vi sono acquedotti che talvolta tollerano perdite di distribuzione superiori al 30%, come a Genova, perché l’acqua all’origine non costa niente e piove dal cielo. Tutt’al più la si deve pompare. L’acqua, come è noto a tutti, è un bene assoluto a cui è impossibile rinunciare e gli acquedotti, sia pubblici che privati, viaggiano in regime di monopolio e sono loro stessi, a totale discrezione, a fissare i prezzi praticati all’utente. Anche nei casi in cui siano da rifare o ampliare gli impianti di distribuzione, l’utile è tale da ammortizzare presto la spesa. L’unica cosa che si richiede a chi li gestisce è la qualità delle acque. Ossia non avvelenare gli utenti o diffondere malattie. Per questo in tutta l’Italia il controllo sulla qualità delle acque è efficace, specie al Nord. Nel caso vi siano contaminazioni batteriche, fenomeno molto più frequente di quanto si creda, all’acqua viene additivato cloro, la sostanza antibiotica più potente che si conosca, che la rende potabile per l’uomo e per gli animali. Il problema degli acquedotti italiani è la gestione, proprio per il fatto di essere miniere d’oro, anziché essere gestiti da tecnici, come si dovrebbe fare in un paese civile, sono per lo più gestiti da furbetti e per questo il loro controllo è assai ambito dagli italici politici. Il problema dell’acquedotto di Novi è cosa antica ed è originato dal fatto che i pozzi di approvvigionamento attingono acque alimentate dallo Scrivia e si trovano in aree soggette ad alluvioni. Nessuno si è mai preoccupato di impermeabilizzare, o di proteggere in qualsiasi modo, la bocca dei pozzi di captazione dalle acque di piena esondate che finiscono così nell’acquedotto. Il rischio non è dato, in questi casi, dalla presenza di fango che le rende di colore marroncino, assolutamente non pericoloso anche se sgradevole alla vista, bensì dalla presenza di liquami fognari che provengono da fuori Piemonte, dal genovesato che non ha allacciato i propri scarichi all’efficiente depurazione collettiva presente nello Scrivia dal confine ligure in avanti. Pure assai pericolosa può essere la presenza negli scarichi di metalli pesanti d’origine industriale provenienti dai territori liguri, contenenti nichel, cromo, piombo, cadmio di per sè insapori, ma dannosissimi per la salute dell’uomo. Per questo vanno ricercati con la massima cura. In compenso nelle gestioni incapaci degli acquedotti spesse volte ci si preoccupa per l’alluminio ed il ferro presenti nelle acque. L’alluminio è assolutamente innocuo per la salute tant’è vero che viene usato in polvere finissima per colorare d’argento le mentine di liquirizia ed il ferro è in forma di ossido di ferro, ossia banalissima ed innocua ruggine. Il problema di Novi è semplicissimo e sarebbe ora di risolverlo impedendo il ripetersi di inaccettabili cadute della potabilità delle acque distribuite ed il farlo è assai facile in una zona ricca d’acqua come il novese. Le soluzioni possono essere diverse: creare nuovi punti di approvvigionamento in zone non esondabili, impermeabilizzare in modo totale e certo l’imboccatura degli attuali pozzi, creare degli invasi sulle vicine colline. Occorre solo verificare quale sistema è il più semplice ed il meno costoso da attuare e da gestire nel tempo. I soldi per farlo certamente non mancano attingendo dagli utili dell’acquedotto stesso.

 

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