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Achtung! Aumenta il numero dei medici no-vax in Piemonte

Torino (g.g.) – Non c’è niente da fare, per il Covid sono gli stessi medici a smarcarsi dal vaccino. Ha un bel dire la ministra Gelmini che i maggiori costi della pandemia li devono pagare i non vaccinati perché, di questo passo, si ritroverà senza medici in corsia. La verità è – cara la nostra ministra berlusconiana – che si allunga l’elenco dei lavoratori piemontesi in ambito sanitario che sono stati sospesi in quanto non vaccinati contro il covid. Per esempio è di ieri la notizia che ai venti dipendenti dell’Asl di Vercelli colpiti dal provvedimento della direzione generale, si aggiungono cinque appartenenti all’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia. I medici sono stati sospesi dal direttivo, con un atto firmato dal presidente Germano Giordano, fino al 31 dicembre 2021, cioè fino al termine dell’emergenza sanitaria nazionale, salvo eventuali proroghe. L’ordine ha quindi applicato le norme nazionali in fatto di obbligo del vaccino contro il coronavirus per coloro che lavorano in ambito sanitario, quindi medici, farmacisti, infermieri. L’Asl può provvedere direttamente a sospendere personale interno, mentre nel caso di personale esterno, dopo gli opportuni solleciti, segnala la cosa ai rispettivi ordini professionali, che a loro volta prendono provvedimenti come è successo a cinque dottori sospesi dal quartier generale dei medici vercellesi, in corso Magenta a Vercelli.
Ma non finisce qui poiché perfino a Torino la situazione è, a dir poco, drammatica: i medici di continuità assistenziale (quelli che fanno il servizio di guardia medica) sono rimasti solo in 65 su una popolazione di oltre un milione di abitanti, uno ogni 15.000 persone. Il fatto è che ogni mese due o tre mollano. Scelgono un’altra Asl o diventano medici di assistenza primaria, medici di famiglia. Se la fuga proseguirà, presto sarà scavalcata la soglia di 60. I sostituti aumentano leggermente i numeri. Peccato che si trovino con il contagocce perché i giovani preferiscono andare a lavorare per le Usca, le Unità speciali nate con il Covid. La paga oraria in questo caso è infatti di 40 euro lordi, mentre sono 29 quelli riconosciuti a chi lavora di notte e nel fine settimana.
Una storia senza fine in Piemonte quella della carenza di sanitari nelle strutture pubbliche: la fuga dalla professione sta diventando un fenomeno preoccupante che tocca più settori: il pronto soccorso, la medicina generale (la Fimmg ha appena denunciato il caso di donne, molte giovani, che abbandonano per burnout) e ora anche la guardia medica. Una questione di vasi comunicanti al negativo: chi ha scelto la guardia medica ha la chance di diventare medico di famiglia, dove la carenza è così preoccupante da aver indotto la Regione a innalzare il tetto degli assistiti a 1.800 per non lasciare i cittadini senza assistenza primaria.
Per la guardia medica, tuttavia, l’abbandono progressivo ha anche a che fare con l’ingresso del numero unico 116 – 117: il cambiamento organizzativo non è piaciuto affatto e le conseguenze negative, sostengono tutti i medici, ricadono sul servizio.

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