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Per il Sappe nel carcere Don Soria di Alessandria regna il degrado e mancano gli agenti

Alessandria – Una struttura del 1600, parzialmente ristrutturata nel 1997 con molti spazi inutilizzati dove risiedono ratti, blatte e piccioni con compromissioni igieniche sul resto della struttura.
È il carcere Don Soria di Alessandria le cui condizioni hanno spinto il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe), a rivolgersi al Provveditore regionale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta per le carceri, Rita Monica Russo, e al Comune di Alessandria per chiedere un urgente intervento, anche degli enti locali, su diverse problematiche emerse nelle strutture del Cantiello e Gaeta, ex Don Soria, e del San Michele.
Come denunciato da Demis Napolitano, vicesegretario regionale del Sappe, il carcere di Don Soria è una struttura fatiscente mantenuta aperta con costi gestionali altissimi, per ospitare una popolazione detenuta che potrebbe essere ospitata nel carcere di San Michele con la costruzione di un solo padiglione. Uno stabile, il Don Soria, che necessiterebbe di interventi di ripristino della sicurezza. Napolitano pone l’attenzione anche sulla questione del personale, altro problema irrisolto: a San Michele si svolgono turni di servizio impostati per la maggior parte su 3 quadranti, cioè con orari di 8 ore mentre al Don Soria la minor complessità detentiva allevia la carenza di organico ma in entrambe le realtà sono sufficienti poche malattie per determinare il prolungamento dell’orario.
Nei giorni scorsi lo stesso sindacato aveva, inoltre, denunciato un’aggressione in carcere ai danni di un agente penitenziario colpito da un detenuto e con una prognosi di dieci giorni mentre più di un anno fa, come sottolineato da Napolitano, al Don Soria era stato aggredito un poliziotto penitenziario mentre si trovava nel suo ufficio all’interno della sezione, con una modalità simile a quella avvenuta la scorsa settimana nello stesso carcere. In pratica, come denuncia il vicesegretario regionale del Sappe, in una distanza temporale di un breve periodo si è ripetuto un episodio simile senza che da allora siano state fatte valutazioni sui rischi del personale in servizio nel reparto detentivo.
In sostanza l’aggressione del personale all’interno del proprio ufficio costituirebbe un rischio professionale accettabile e con un danno sostenibile, senza contare che, come rimarca Napolitano, “ogni volta che sono presenti tensioni nei detenuti si potrebbe determinare un’emulazione delinquenziale ridondante. Tutto ciò non è sostenibile”.

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