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La famiglia dell’ex presidente dei Grigi Remo Sacco ha sequestrato più di cinque milioni di euro alla Libia

Roma (Lorenzo Mancini) – Giovedì mattina verso le 10:30 due ufficiali giudiziari sono entrati nella sede romana della banca Ubae in Via Quintino Sella, a trenta metri dal ministero dell’Economia, per pignorare beni dello Stato della Libia fino a 5.470.629 euro. E cioè la liquidità depositata dall’Ambasciata di Libia sui conti correnti presso Ubae.
I due pubblici ufficiali hanno esibito un provvedimento del Tribunale civile di Roma, firmato dal giudice Giulia Messina, che autorizza il pignoramento a favore di due vecchi creditori della Libia di Muammar Gheddafi: il consorzio Co.Fa e l’Immobiliare Sacco di Alessandria. I funzionari pubblici sono usciti dopo diverse ore – secondo quanto ricostruito – con quasi 100 assegni da 50.000 euro ciascuno e un circolare per i rotti: 470.629 euro.
L’azione esecutiva disposta dal tribunale di Roma si riferisce a una causa di 40 anni fa, quando l’ingegnere alessandrino Remo Sacco, allora presidente dell’Alessandria Calcio, vinse un bando del governo libico con la sua azienda per ristrutturare l’Università di Bengasi. Ma non fu mai pagato e decise di fare causa alla Libia. Il suo avvocato, Giuseppe Cignitti, ha tenuto duro e non si è perso d’animo fino a ottenere quanto dovuto, anche se il creditore, l’ingegner Sacco non è più fra noi da parecchi anni.
L’avvocato Cigniti ha dovuto districarsi in un groviglio di intestazioni fiduciarie, di leggi e Corti di giustizia, finché non né uscito trovando la via per raggiungere la meta: 13 conti dell’ambasciata in Banca Ubae.
Resta il dubbio se sia possibile attaccare i beni di una struttura diplomatica o sono impignorabili? E se questi beni (per esempio liquidità in banca) eccedono le esigenze di gestione, quel plus è vulnerabile? Intanto il giudice ha assegnato in pagamento, a parziale copertura del credito, 1,8 milioni al Co.Fa Consorzio Fabbricanti e 3,6 milioni (su 10 dovuti) all’Immobiliare Sacco. I 100 assegni circolari per adesso sono intestati, e in custodia, al Tribunale. Non sono ancora incassabili dai creditori; ma nemmeno più nella disponibilità dei libici. Tutto ciò mentre l’immobiliare di famiglia, dopo la morte dell’ingegner Sacco, gestita dal figlio è in liquidazione.
Banca Ubae, interpellata sul pignoramento di giovedì, fa sapere di essere un “soggetto terzo presso il quale alcune Rappresentanze Diplomatiche, ritenute ascrivibili allo Stato della Libia, intrattengono rapporti di conto corrente”. L’istituto è controllato all’80% dalla Libyan Foreign Bank, la banca offshore specializzata in esportazioni di petrolio dalla Libia; tra i soci di minoranza vi sono anche Unicredit, Eni ed Mps. Secondo Ubae il recupero coattivo del credito è stato avviato “nelle more delle iniziative processuali intraprese dallo Stato della Libia a tutela dei propri diritti ed interessi [per] comprovare l’impignorabilità dei conti”.
L’avvocato Giuseppe Cignitti sostiene invece che la banca “non ha ottemperato nei termini all’ordine del giudice e dunque ora il debito è giuridicamente in capo ad essa”.
Dalla Libia tutto tace.

Nella foto: Remo Sacco con la moglie e la figlia Maria negli anni settanta

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