Press "Enter" to skip to content

Acqui: dopo le Terme anche il Brachetto ammaina la bandiera?

Acqui Terme (Anna Briano) – Il Brachetto? Non si produce solo nei 26 Comuni dell’Acquese che fanno parte del disciplinare ma pure in Australia, a 17.000 chilometri da Acqui. Con tanto di ok del nostro ministero delle Politiche agricole, arrivato nel 2007. Peccato che ad Acqui non lo sappia quasi nessuno, o fanno finta di non saperlo. Come quasi nessuno sa che delle principali etichette del Brachetto d’Acqui DOCG, solo il 15% è prodotto nell’acquese. Ne abbiamo trovate a Rimini, Asti, Roma, Cuneo e Milano. Al Consorzio di tutela guidato da Paolo Ricagno (nella foto sopra insieme ai componenti del Cda), cascano dalle nuvole ma promettono severi controlli per salvaguardare la DOCG. Tuttavia, a parte le vie legali che sono sempre lunghe, costose e spesso inefficaci, da ormai una quindicina d’anni è possibile l’uso della denominazione DOCG anche agli australiani. Insomma per Acqui non è un momento facile: dopo il flop delle Terme ora c’è anche il Brachetto australiano o milanese. Del Cda del consorzio di tutela del Brachetto fanno parte Bianca Viotti (Viotti Vini), Giovanni Chiarle (Cantina di Nizza), Polidoro Evasio Marabese (Cantina di Maranzana), Fabio Marian (La Torre di Castel Rocchero), Silvano Marchetti (Cascina Bastieri), Andrea Maccario (Cantina di Cassine) che dovrebbero tutelare la benedetta Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ma quando si continua a leggere si vede che nel Cda siedono anche – a pieno titolo, ci mancherebbe altro – in qualità di imbottigliatori Alberto Lazzarino (Banfi), Germano Bosio (Capetta), Giovanni Marzagalli (Davide Campari Spa), Massimo Marasso (F.lli Martini Spa), Gianfranco Santero (958 Santero) che con la ex città termale non hanno molto a che fare.

Comments are closed.