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Una scienza di ignoranti condizionata da una politica d’accatto, ovvero: la pericolosa “fiera delle sciocchezze”

di Giusto Buroni – Non voglio fare un elogio all’astuzia di Putin, ma un’accusa di sciacallaggio mediatico a quegli antinuclearisti che con le vicende delle centrali nucleari ucraine conquistate da Putin ripropongono il problema della loro pericolosità (radioattiva) in caso di conflitti e calamità naturali: si sta verificando esattamente il contrario, anche con tecnologie ben lontane dalla IV generazione. Naturalmente polemizzo anche con la scienza sempre più plagiata dalla politica (o dalla finanza?).
Dopo questo preambolo, osservo che se al governo dell’Italia c’è ancora Draghi è solo perché gli Italiani, ma soprattutto l’Europa, pensano che sia l’unico a sapere spendere bene i soldi del PNRR e, visto che tutta la partita della rinascita dopo la pandemia si gioca sulle politiche energetiche e ambientali, il presidente del Consiglio si è inventato il Ministero per la Transizione Ecologica che, grazie al suo titolare Cingolani, avrà cura di scegliere le fonti energetiche più economiche ed “ecosostenibili”. Per salvare capra e cavoli, si dovranno abbandonare gli aborriti combustibili fossili (carbone e petrolio, secondo gli “scienziati”), affiancando alle centrali idroelettriche fonti ad alta densità di potenza ma poco (?) costose.
Ammettendo il “flop” delle cosiddette “rinnovabili” (idrogeno compreso), l’Europa aveva recentemente “raccomandato” di investire nel “nucleare” e nel “gas naturale”, qualunque cosa ciò significasse, tant’è vero che alla comparsa della notizia di agenzia i giornalisti più solerti annunciarono, almeno in Italia, che ci si doveva mettere pancia a terra a produrre “centrali nucleari a gas naturale”; ciò permetteva perfino di tranquillizzare i nemici del “nucleare a fissione” perché sembrava che fosse loro offerta un’alternativa senza uranio, anche se i pochi curiosi della materia cominciavano a chiedersi “che sarà mai?”. L’equivoco in un paio di giorni fu chiarito: si trattava di due fonti distinte; ma ancora qualche curioso si chiese se non fosse vero che anche il gas naturale (90% metano, il peggiore inquinante atmosferico) fosse fossile e se “il nucleare” non fosse quella pratica bandita dall’Italia con due referendum popolari perché figlia delle bombe (atomiche, appunto) con le quali si era messa fine alla seconda guerra mondiale. Alla prima si rispose assai poco scientificamente (ma come piace al “popolo”) che tutto ciò che è “naturale” non può che essere anche “buono”; alla seconda il Ministro della Transizione Ecologica rispose, un tantino imbarazzato, che l’Italia sarebbe stata alla finestra a vedere gli altri che sviluppavano il Nucleare Cattivo (quello “a Fissione”), mentre si sarebbe data da fare al massimo per far trionfare quello “buono”, a Fusione, senza dilungarsi sul fatto che i due “nucleari” sono completamente diversi (per certi aspetti uno contrario dell’altro), quindi con due tecnologie enormemente diverse, senza trasferimento di esperienza da una all’altra; e che quella “buona”, per bene che vada, potrebbe avere un prototipo fra 30 anni, quando il PNRR non sarà nemmeno più un ricordo. Ma subito dopo venne la “guerra di Putin” a ribaltare tutto e in un certo senso a semplificarlo. Infatti il gas naturale è in buona parte di Putin e fin da subito possiamo scordarcelo per un numero indefinito di anni (speriamo di no). Nel frattempo dovremo smetterla di fare gli schizzinosi e comprare energia nucleare “vecchia” da Francia (da decenni copre il 15% del fabbisogno), Svizzera, Germania, Croazia, a meno di non riattivare le centrali a carbone, nonostante permanga il veto degli ambientalisti sulla riapertura delle miniere del Sulcis (Sardegna). Con qualche sacrificio a livello dei consumi individuali forse si riuscirebbe a evitare il carbone, ma il “nucleare” proprio no, e bisognerebbe riprenderne subito quella padronanza che negli anni 60, ma per pochissimo tempo, ci aveva permesso di essere i terzi al mondo nella produzione di energia nucleare civile (e nello sviluppo delle tecnologie ad essa collegate). Gli ambientalisti offrono una debole resistenza (Mario Tozzi diventa possibilista, Luca Mercalli “si astiene”, sicuro che arriverà prima la catastrofe del riscaldamento globale, Bonelli non si pronuncia per non inimicarsi i numerosi alleati in Parlamento). Ma ecco che ancora la guerra di Putin viene in aiuto ai no-nuke italiani quando ormai sembravano sopraffatti.

Le pennivendole non fanno differenza tra nucleare bellico e civile, e Putin ne approfitta
I bravi giornalisti-scrittori (o meglio le giornaliste-scrittrici) di TV e carta stampata rispolverano, aggiornandola, la vecchia ambiguità dell’aggettivo “nucleare”, applicato alla tecnologia bellica e a quella civile. L’effetto immediato è stato un enorme sconto alle spese belliche di Putin: gli è bastato cominciare l’invasione dell’Ucraina dalla regione di Chernobyl perché si spargesse la notizia che era cominciata la terza guerra mondiale, per di più “nucleare”, una iattura che il Mondo era riuscito a tenere lontana durante tutta la Guerra Fredda trascorsa prevalentemente a confrontare il peso degli armamenti nucleari di USA e URSS. I Russi di Putin non hanno avuto bisogno di sprecare bombe contro il reattore nucleare da 36 anni morto e letteralmente sepolto sotto metri di calcestruzzo: è bastato pronunciare il nome della “città radioattiva” perché i media raffigurassero nuovi scenari apocalittici, attribuendo alla guerra l’aggettivo “nucleare” senza che neanche una testata o una bomba fosse uscita dai depositi. Così “Adolfo” Putin avrà riso “sotto i baffetti” e avrà capito la convenienza di continuare a sfruttare l’ambiguità lessicale “minacciando” la più grande centrale nucleare d’Europa a Zaporizhzhia, dove provvidenzialmente è stato appiccato, e subito domato, un incendio che ha fatto “inorridire” il mondo. È vero che la IAEA ha subito “rassicurato” tutti che nessuna radiazione, vicina o lontana, era stata rilevata; ma l’attacco per tutti i “non addetti ai lavori” doveva essere definito “nucleare”, con possibili conseguenze identiche (se non fino a sei volte superiori) all’”incidente di Chernobyl.
Eppure non è stato un episodio di “guerra nucleare” e probabilmente con un minimo numero di vittime. È chiaro che Putin continuerà a conquistare una dopo l’altra le 15 (?) centrali nucleari ucraine quasi senza colpo ferire. E i no-nuke italiani continueranno a manifestare odio per le centrali nucleari civili accusate di essere soggette anche in tempo di pace a incidenti come quelli di Cernobyl e Fukushima. Quindi ne tengano conto i progettisti della “Quarta Generazione”: a questi due tipi di incidente deve essere prestata la massima attenzione; e non c’è dubbio che le norme per prevenirli esistano già, perché soprattutto il secondo non è stato un incidente nucleare”, ma una “calamità naturale” che si è abbattuta su una struttura in cui avvengono “reazioni nucleari”. Incidentalmente si potrebbe far notare che non si ha notizia ancora di provvedimenti simili per le infrastrutture che contengono la “fusione nucleare”, con le relative temperature di milioni di gradi; eppure alcuni nostri eminenti “esperti” continuano a sconsigliare il nucleare a fissione per concentrarsi su quello a fusione, ritenuto molto più sicuro ed ecologico.

Alla della conquista Putin deterrebbe un patrimonio enorme in energia nucleare
Se Putin sarà accusato, per queste azioni di conquista, di “crimini di guerra per uso di armi nucleari” gli “scienziati” occidentali faranno la solita figuraccia (che hanno fatto ancora di recente nel gestire la pandemia). A uno “scienziato” dovrebbe essere chiaro che quando si invade un territorio per conquistarlo non si comincia col distruggere risorse energetiche di durata quasi secolare come sono le Centrali Nucleari: sarebbe come se un ladro che vuole rubare una macchina cominciasse col tagliarle le gomme. E il pazzo Putin non lo è fino a quel punto. Inoltre i suoi strateghi certo sanno che bombardando, magari per sbaglio, una centrale nucleare (tanto meno “cercando” di incendiarla) è minima la probabilità di produrre l’equivalente di un’esplosione nucleare con danni radioattivi di lunga durata e a grandi distanze. Infatti Il combustibile fissile si sparpaglierebbe, diminuendo la propria densità. Qualcuno ricorderà che le prime bombe atomiche consistevano di due “mezze-bombe” (inerti) che, sull’obiettivo, erano spinte l’una “contro” l’altra, raggiungendo la “massa critica” necessaria all’esplosione.
I Reattori Civili lavorano al limite della massa critica, e più il bombardamento li “frammenta” più la massa critica diventa precaria o assente, per cui il reattore non esplode, si “spegne”. Quindi una centrale nucleare in guerra non si bombarda, ma si conquista, per dare o togliere a piacere la luce al nemico durante l’invasione, e per goderne, dopo la vittoria, le risorse, pagate anticipatamente dal nemico. Per questo saranno minimi i danni che Putin infliggerà alle centrali nucleari prima di prenderne il controllo.

Prevenzione di tumori tiroidei mediante pillole di iodio
Un altro esempio di clamorosa disinformazione l’ha dato il Corriere della Sera lo stesso giorno della conquista di Zaporizhzhia, citando lunghe code di civili per procurarsi le (rare) pillole di iodio che proteggerebbero la tiroide dalle radiazioni: l’anonimo giornalista afferma che se anche Putin proseguisse nel suo piano di danneggiamento delle centrali, sarebbe inutile per gli Europei procurarsi adesso le famose pillole di iodio antiradiazioni, “perché non hanno un’azione preventiva”, dice lui. Al contrario, la pillola ha solo effetto preventivo.
Infatti la tiroide, come del resto fanno altri organi per altre sostanze, come le vitamine, trattiene lo iodio, (iniettato, ingerito o inalato), solo fino a una certa quantità, mentre lo iodio in eccesso è subito eliminato. La pillola  assunta prima dell’incidente radioattivo, fa ingerire iodio “pulito” fino a riempire la tiroide della quantità consentita. Qualunque iodio radioattivo (o no) assunto in seguito dall’organismo è espulso alla prima occasione e così si evita che rimanendo nella tiroide vi faccia insorgere tumori.
Soprattutto a Fukushima i Giapponesi ne hanno fatto largo uso quando si temeva che eventuali esplosioni (di idrogeno) potessero disseminare  materiale radioattivo in prossimità della centrale danneggiata dallo tsunami. Chissà perché il Corriere ha sentito il bisogno di negare l’efficacia preventiva di questo rimedio: avrebbe fatto meglio ad analizzarne i molti limiti e a completare l’informazione con la segnalazione di altre protezioni, perché non è solo la tiroide a rischiare il tumore provocato da radiazioni; certamente è il pìù facile da proteggere e non è il caso di rinunciarvi.
Con notizie sbagliate di questo genere si alimenta la paura della gente, se ne aumenta la già troppa ignoranza e soprattutto si scredita la scienza, che non prende posizione sulla divulgazione che in pace o in guerra forniscono certi mass media, a meno che non ne venga incaricata da forze politiche molto “generose”.

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