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Il funzionario, il cappellano e i guappi di cartone

di Marcello Veneziani – Non bastava la pandemia, è arrivata la guerra a cancellare del tutto ogni rilevanza alla politica italiana, e ogni sovranità al governo. Un funzionario solerte a Palazzo Chigi, ligio esecutore dei diktat euro-atlantici; un Cappellano militare al Quirinale che benedice le armi senza truppe dell’Italia in guerra obliqua contro la Russia; e poi i guappi di cartone alla guida di quel che resta della politica italiana. Primo fra tutti, nel passaggio dalla mascherina all’elmetto, il soldatino di piombo Enrico SciaboLetta; ma seguono a ruota tutti quanti.
Non è una novità, direte, l’Italia è sempre stata una colonia a sovranità limitata, ogni tentativo di discostarsi l’ha pagato caro. Ma un tempo qualcuno ci provava a far politica diversamente: le opposizioni, bene o male, non si rispecchiavano in questo quadro di subordinazione, e al governo c’erano figure, assai controverse, che cercavano di non appiattirsi sui diktat americani: Moro, Andreotti, Craxi. Oggi non c’è traccia di dissenso, di diversa apertura, di visione strategica differente.
Mario Draghi si è confermato personaggio autorevole e competente nella sua materia, certo imparagonabile al suo predecessore che continua a sparare supercazzole ai microfoni, in un grottesco lessico doroteo-leguleio; ma Draghi ha dimostrato – ieri con la politica sanitaria, oggi ancor più con la politica estera – di non avere una sua visione generale delle cose e di non essere un leader ma solo un alto funzionario internazionale, un amministratore consolare che garantisce ogni continuità, ieri al metodo Speranza e alla sanitocrazia punitiva che ancora imperversa, oggi alla linea Biden e all’allineamento cieco e assoluto alle direttive Euro-Nato che non circoscrivono ma ad allargano, allungano e aggravano il conflitto russo-ucraino. Al punto che dobbiamo sperare in autocrati come Erdogan o Xi Jin Ping per intravedere spiragli di pace. La competenza di Draghi è di natura finanziaria; e ci auguriamo che almeno sia in grado di fronteggiare i pesanti effetti derivati da questa situazione, in termini di crisi economica e sociale.
Deviando da una vecchia tradizione democristiana e personale di prudenza, la colomba Sergio Mattarella si è travestita da falco e si è affrettato a benedire la nostra partecipazione bellica seppure indiretta o per rifrazione, e a mostrare l’allineamento pronto e assoluto alle direttive euro-atlantiche, dove si capisce che l’egemonia è tornata alla Nato. Se la Germania e la stessa Francia almeno tentano di non appiattirsi su quella posizione, cercano spiragli per una trattativa o non rompono i rapporti commerciali con la Russia, noi siamo invece tra i più zelanti, ben oltre l’autolesionismo.
In questo contesto la politica è totalmente collassata, ha perso ogni ragione di vita. Il Partito delle Armi è decisamente quello Dem, il più schierato verso la soluzione interventista-bellicista, fino a porsi come la guardia giurata della svolta paramilitare dei Dem globali. Ma anche gli altri sono ormai messi molto male. Imbarazzanti in questo frangente storico figurine come Di Maio agli Esteri o Fico alla guida del Parlamento; surreale la non linea espressa da Conte, per intrinseca vacuità e per tenere buoni tutti nel pianeta dei grillini. Imbarazzante pure la piroetta di Salvini, spiace dirlo, il suo capovolgimento d’immagine da sceriffo a boy scout, lo svanire di ogni sovranismo e il tacere ogni analisi politica di quel che sta accadendo, anche per spiegare la sua svolta, limitandosi a indossare la felpa di soccorritore umanitario (soccorsi peraltro sacrosanti). In uno scambio di ruoli da commedia dell’arte, Letta fa oggi il duro e Salvini l’umanitario. Capisco che se avesse agito diversamente la Lega sarebbe stata massacrata come il partito filo-Putin: ma certe inversioni a U vanno spiegate e circoscritte.
Con più dignità Giorgia Meloni ha tentato almeno di dare una giustificazione retroattiva, nel nome dell’anticomunismo, del nazionalismo oppresso e della rivolta contro i carri armati, a Budapest e Praga. Un modo per dissimulare l’effettivo allinearsi alle direttive Nato, euroatlantiche, subordinando la nostra sovranità nazionale ed europea. I restanti giocano defilati e intruppati, nel piccolo cabotaggio filo-occidentale: basta ascoltare, ad esempio, il ministro della real Casa, Antonio Tajani. Insomma, siamo alla disfatta generale della politica, una capitolazione senza un sussulto di dignità e senza spiegazioni.
In tutta onestà bisogna pur dire che c’è per loro una doppia giustificazione:

  1. nessun’altra posizione sarebbe praticabile in un paese assoggettato alla linea euroatlantica: chiunque ci provasse, finirebbe fuori strada, e sarebbe interdetto a governare;
  2. è forte il rischio che in questa polarizzazione mondiale l’alternativa all’Impero euroatlantico sia solo quello russo-cinese, e dunque in quel caso – come ai tempi della guerra fredda – ci sarebbe poco da scegliere.

Ma vorremmo perlomeno vedere tentativi per frenare questa corsa alle armi, anziché accorrere più solerti degli altri; proprio allo scopo di non allargare il conflitto e non perpetuarlo. Vorremmo perlomeno che i cedimenti diventassero compromessi, anziché allineamenti supini e linee di dissenso motivato. E vorremmo sentire ragionamenti geopolitici adulti, realistici, per spiegare le scelte e i compromessi, senza i trucchi ipocriti e gli appelli retorici alla libertà, all’indipendenza, all’europeismo o addirittura al patriottismo, così violentemente violati e calpestati. Per favore, non fateci ridere in piena tragedia.

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