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Il nucleare oggi è come il vaccino anticovid: fa bene e bisogna farlo, ma forse è tardi

di Giusto Buroni – Povero Governo Italiano, non ha ancora finito di convincerci sulle misure imposte per “combattere” la pandemia, che già deve farci “digerire” uno storico voltafaccia sulla “sicurezza” e “pulizia” dell’Energia Nucleare a Fissione per Uso Civile, persuadendoci che le “centrali atomiche” di nuova generazione (denominata “quarta”) siano diverse da quelle che dagli anni ‘60 ad oggi le autorità politiche (e scientifiche) di turno ci hanno costretti a bandire dall’Italia per mezzo di due solenni “Referendum Popolari”. Certamente gli incidenti del (1979 a Three Mile Island), del 1986 a Chernobyl (Ucraina) e del 2011 a Fukushima (Giappone) non hanno rafforzato in Italia gli sparuti e già poco convinti difensori della causa di una tecnologia, quella della “Fissione Nucleare Controllata” che pure in tutto il mondo da tre quarti di secolo si è dimostrata valida per efficienza, durata e “sostenibilità”. Ma così come hanno convinto a vaccinarsi il 95% della popolazione titubante, oggi, grazie agli stessi “persuasori”, hanno buone probabilità di fare accettare la “svolta” a altrettanti convinti antinuclearisti.

Una scelta voluta dalla Finanza per un governo della Finanza
l’Italia si è dovuta confrontare con la crisi dei combustibili fossili, con il “flop” delle “rinnovabili” (e idrogeno), con la chimera della Fusione Nucleare, ed ora con la guerra fra i fornitori di gas (e l’alternativa di riaccendere le centrali a carbone), per rimettere in corsa la vecchia tecnologia “nucleare”, rinnovandola e spacciandola per “pulita e sicura”, ma equivocando spesso con la quasi omonima “Fusione Nucleare”, dalla reputazione immacolata perché  la “Bomba H”, di cui è figlia, fu usata “con successo” nel primo dopoguerra, ma senza vittime: solo per alimentare la “Guerra Fredda”. Così il termine “nucleare” oggi appare “riabilitato” (la Bomba è ritornata “atomica”), e con esso le iniziative per tappare i buchi provocati dalle disavventure delle “rinnovabili” (meteodipendenti) e dell’idrogeno.

Non dimentichiamo Enrico Fermi e il primato nucleare italiano
Così ben venga la riapertura al caro vecchio Nucleare a Fissione (che per l’Italia, oggi fanalino di coda europeo, significa solo acquistare per 10-20 anni più Energia Nucleare da Francia, Svizzera, Germania, Croazia). Ma si renda almeno giustizia ai “Pionieri del Nucleare Civile” degli anni ‘60, a cui tarparono le ali le menzogne pseudoscientifiche dei politici neoambientalisti di allora, che sono state trasmesse fino a quelli che oggi devono attuare la “Transizione (Ipocritamente) Ecologica”. Ad essi si devono le centrali nucleari delle prime “tre generazioni”, molte delle quali festeggiano in questo decennio il mezzo secolo di funzionamento senza inconvenienti, e quindi senza quei rischi che, approfittando degli incidenti sopra citati, gli ambientalisti ci hanno fatto temere. Perciò, come premessa al futuro Programma Energetico, che prevede l’introduzione di fantomatiche “innovazioni di sicurezza” – che causerebbero nei tecnici un’ingiustificata rischiosa “confidenza” – il Governo ammetta gli errori dei suoi predecessori, non solo nelle strategie di politica energetica, ma anche nella gestione scandalosamente paternalistica dell’informazione e dell’opinione pubblica. Perché le menzogne somministrate al popolo, accumulandosi, diventano più evidenti, tanto da aprire gli occhi anche ai più assonnati, che sfiduciati decidono di rifiutare dai governi anche i più ragionevoli, e spesso prioritari, dei provvedimenti (vedi TAV- Susa, Mose-Venezia, Ponte sullo Stretto-Messina, per non parlare delle mascherine e delle vaccinazioni anticovid).

Rischi radioattivi? Chi sono costoro?
Tuttavia, mentre da una parte si insiste per la ripresa immediata di ricerca e sviluppo nel Nucleare Civile, dall’altra si escogitano puerili stratagemmi per evitare di dovere discutere di “rischi radioattivi” e “scorie” con la popolazione che ancora per un decennio ricorderà le motivazioni e i risultati dei referendum. Pare che l’orientamento sia di tenere fuori dal territorio italiano tutto ciò che riguarda reazioni nucleari, radioattività e scorie, almeno fino alla fine dello sviluppo del “prototipo commerciale”. E così il ritorno dell’Italia al “nucleare” è posticipato per un’altra decina di anni e le prossime elezioni non saranno disturbate da ambientalisti, nostrani o forestieri.

Un giocattolo nucleare solo per gli italiani
Draghi-Cingolani  prevedono di finanziare con alcuni miliardi di Euro (dal PNRR) la ripresa dell’attività nucleare civile italiana. Ogni giorno da una diversa stazione TV a turno ci sentiamo promettere che è allo studio una “nuova” Centrale Nucleare (a fissione) di progetto e produzione italiani, da svilupparsi in almeno sette anni come segue: un modello (o “mock up”) in scala 1:1 sarà costruito in Italia e non conterrà nessuna delle parti interessate a reazioni nucleari e conseguente radioattività. Ciò significa che in Italia verrà copiata pari pari a scopo “simulazione”,  la parte comune a tutte le centrali termoelettriche che usino combustibili diversi (carbone, gas, ecc.) per generare il vapore che fa girare le turbine: nessuna innovazione nella meccanica e nessuna sperimentazione della tecnologia nucleare. Quest’ultima sarà sviluppata all’estero, in uno o due Paesi Europei, e porterà alla costruzione di due prototipi completi: uno sarà una vera centrale elettronucleare (ma di soli 200 MW, ben più piccola di quelle ormai da tempo in uso in Europa), mentre l’altro sarà un piccolo modulo multiuso da una decina di MW, capace di generare elettricità e di azionare mezzi di trasporto (sommergibili o treni). Ormai 10 MWe è la potenza di una singola Torre Eolica e quindi è improbabile che la piccola centrale nucleare europea venga usata per generare elettricità.

La balla della fusione non radioattiva
Colpisce dunque la sfacciataggine con cui si annuncia che il ruolo italiano si ridurrà a quello di testare il progetto della parte meccanica, mentre quella nucleare sarà solo simulata. E a un’analisi attenta non sfugge che questa “ripresa (troppo) morbida” del Nucleare a Fissione in Italia è comune anche alla Tecnologia della Fusione (che a torto si pretende sicura e non radioattiva: il bello deve ancora venire!). Infatti anche in questo caso il prototipo commerciale, completo dello  stadio in cui avviene la reazione nucleare di Fusione, sarà realizzato all’estero, mentre a noi resta il compito di sviluppare una “stazione di test” (il Divertor Tokamak Test) che dovrebbe contribuire a provare materiali e strutture ad altissima temperatura (i famosi milioni di gradi °C) da usare nel prototipo di sviluppo DEMO (un centinaio di MWe), derivato dagli studi di ITER. Anche in questo caso l’Italia vedrà il nocciolo del reattore solo in fotografia durante tutti i 30-50 anni necessari allo sviluppo del “prototipo industriale”. Una grande trovata! Così neanche l’ultimo “no-nuke” superstite avrà da ridire sul rispetto delle decisioni dei due referendum antinucleari. E l’Italia sarà ancora il fanalino di coda del Nucleare Europeo, nonostante i miliardi di euro usciti dalle sue casse alla voce: Programma Nucleare.

Potevamo fare molto ma alla fine restiamo dei mandolinisti pizzaioli e niente più, con rispetto parlando
Decisamente non si vede nessun segno di ripensamento sulla decisione (popolare?) di ridurre l’Italia a una nazione di Ristoratori di Turisti (pizze e musei), senza risorse energetiche e produttive proprie e con pericolosissime dipendenze da Paesi di cui non sarà mai garantita l’amicizia. E forse non sarà nemmeno così pulita, salubre e ordinata come i protettori di ambente e animali profetizzano. E, a proposito, ci saranno senz’altro vecchi e animali da accudire (ormai la Brambilla ha ottenuto a furor di popolo l’equiparazione di nonni e cagnolini nello stato di famiglia): i primi saranno lasciati morire (accidentalmente) in occasione della prossima pandemia, ai secondi penseranno gli immigrati creati da Putin con le prossime invasioni: già quelli attuali dimostrano di averne la vocazione.

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